Glifosate, veleno o prodotto strategico?

Nel 2022 la decisione Ue sul rinnovo all’uso del principale erbicida ad ampio spettro. Bayer fa parlare la scienza: nessuna evidenza che sia cancerogeno e nessun rischio ambientale con l’utilizzo corretto. Il divieto un aggravio di costi per centinaia di milioni

Bayer punta su innovazione e sostenibilità nelle orticole
Bayer punta su innovazione e sostenibilità

Qual è il valore del glifosate, il più noto erbicida ad ampio spettro, strategico per una molteplicità di colture italiane? Nel 2022 verrà stabilito il rinnovo, o meno, del suo uso. Ma aziende e distributori già lanciano prodotti con il claim glifosate free, sulla scorta del forte appeal del free from. Bayer ha organizzato un momento di confronto con esperti del mondo accademico al fine di fare chiarezza sulla sicurezza di questa sostanza.

Non ci sono alternative chimiche e i mezzi meccanici non garantiscono le stesse performance e aumentano le emissioni di gas serra

Il Gruppo per il rinnovo del glifosate in Unione europea (Grg), di cui Bayer fa parte, ha presentato alle autorità competenti un ampio dossier contenente centinaia di studi e migliaia di articoli scientifici sulla sicurezza del glifosate, in vista della conclusione del processo di rinnovo previsto dalla legislazione Ue per il 2022. Il mondo agricolo è diviso. Da una parte gli agricoltori preoccupati dall’eventuale non autorizzazione, che comporterebbe centinaia di milioni di costi in più. Dall’altra chi cerca alternative meno efficienti in nome della maggiore sostenibilità e con aggravi economici. Le undici maggiori associazioni nazionali ambientaliste e dell’agricoltura biologica (Accademia Kronos, AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biodinamica, FederBio, FIRAB, Greenpeace, Legambiente, Lipu-Birdlife, ISDE, ProNatura, WWF Italia) hanno chiesto il divieto totale del glifosate in Italia entro il 2022. Ma qual è la verità?

Il prodotto  è indubbiamente strategico per i bassi costi gestionali. “Le vendite del glifosate a livello europeo rappresentano il 33% del fatturato degli erbicidi -ha ricordato Aldo Ferrero, professore ordinario di Agronomia, coltivazioni erbacee e malerbologia presso l’Università di Torino-. Efficacia, ampio spettro di azione  e basso costo (poco più di 3 euro al litro), spiegano il suo successo. È stato calcolato che la sua sostituzione con mezzi chimici o meccanici comporterebbe un maggiore costo delle sole colture arboree variabili da 135 a 265 euro l’ettaro. Con risultati frequentemente non equivalenti e maggiori emissioni di gas serra per l’uso più intenso delle macchine. Ancora oggi rimane uno strumento di utilità per efficacia, versatilità e non ha alternative equivalenti”.

I valori massimi dei residui trovati negli alimenti 100 volte inferiori ai limiti 

Più controversa la questione della tossicità, causata anche da risultati contrastanti di alcuni studi, come quelli di Iarc ed Efsa .”Lo Iarc lo ha classificato probabilmente cancerogeno nel 2015, come del resto la carne rossa -ha fatto notare Angelo Moretto, ordinario di Medicina Legale, sanità pubblica e degli ambiti di lavoro presso l’Università di Padova-. Dall’altra ci sono 17 agenzie nazionali o sovranazionali, come l’Efsa, che hanno concluso che non c’è  evidenza che sia cancerogeno. È stata rivalutata tutta la letteratura scientifica degli ultimi dieci anni, circa 7 mila pubblicazioni, e la conclusione è che non c’è evidenza della cancerogenicità del virus”.

La questione, al solito, è quella che alla fine è la dose a fare il veleno. “Il glifosate è tutt’altro che un veleno terrificante. È un amminoacido leggermente modificato. Viene assorbito molto poco, per l’uomo, intorno all’1%. E quel poco è eliminato tale quale e rapidamente con le urine. Non ha effetti tossicologici significativi. Non dà problemi di accumulo. Non rientra neanche nella categoria degli interferenti endocrini. Il limite massimo nell’Ue come residuo è lo 0,002%. Il valore massimo trovato nella pasta, per esempio, è 0,00003%: ovvero cento volte di meno”.

Il prodotto non è volatile e non inquina le acque di falda: rischi nulli con le dosi normali

L’attenzione è rivolta anche all’impatto ambientale che è sempre più elemento importante. “Con una dose normale i rischi ambientali non esistono: è completamente assorbito in 24-48 ore -ha sottolineato Alberto Vicari, ordinario del dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari presso l’Università di Bologna-. Il prodotto non è assolutamente volatile e non può essere trasportato su altre colture. Nelle acque profonde non ha possibilità di penetrare. Le dosi rilevate nelle acque superficiali sono talmente basse che non hanno effetti sugli organismi acquatici.

L’ampa, unico metabolita del glifosato, un fosfonato, è pochissimo tossica. Tanto che non è considerato a livello europeo rilevante e non ha pertanto limiti. Va ricordato poi che è utilizzato anche nei detergenti: quando lo rileviamo nelle acque non si sa se è da glifosate o da usi industriali”. Insomma, la conclusione degli esperti invitati da Bayer al confronto è che  il rischio di inquinamento delle acque superficiali deriverebbe semplicemente da un uso non corretto.

 

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