Due milioni di giovani della generazione Z non consumano ortofrutta

Sono quasi uno su quattro, denuncia Marco Salvi, confermato presidente di Fruitimprese. Criticità e opportunità per il settore il focus della relazione per i 75 anni dell’associazione

Marco Salvi, rieletto presidente di Fruitimprese
Marco Salvi, rieletto presidente di Fruitimprese

Quasi un giovane su quattro (il 22%) tra i 14 e 26 anni non mangia frutta e verdura o lo fa raramente, di qui la necessità di investire in educazione alimentare se si vuole sostenere i consumi. È uno degli spunti emersi dalla relazione di Marco Salvi per i 75 anni di Fruitimprese, vera associazione di filiera che associa 20 mila aziende agricole (esportatori, importatori, ma anche centrali di acquisto delle catene di distribuzione estere), di cui è stato confermato presidente.

Frutta e verdura non piacciono per il gusto

Import-export frutta fresca dati ultimo quinquennio
Import-export frutta fresca ultimo quinquennio

La generazione Z è al centro di continue analisi per il carattere disruptive nell’approccio all’agroalimentare. “Con Cso, Assomela e Alleanza delle Cooperative, abbiamo finanziato uno studio realizzato dall’Istituto Piepoli sulle preferenze di consumo di ortofrutta da parte dei ragazzi tra 14 e 26 anni -ha raccontato Salvi ai soci-. Ed è emerso un dato allarmante: dei circa 9 milioni di ragazzi rientranti in questa fascia d’età, ben 2 milioni consumano frutta e verdura raramente (circa 1-2 volte a settimana) o addirittura mai. La motivazione principale per un livello così basso di consumo è che la frutta e la verdura non piacciono o non si trovano i prodotti che piacciono”. Il dato stride se rapportato ai desiderata dell’Oms, che ha l’obiettivo dei 400 grammi al giorno pro capite di consumo di ortofrutta fresca.

Crisi dei consumi, prezzi, export e sempre più import

La crescita dell'import, dati Fruitimprese
La crescita dell’import

Il 2023 si è chiuso con il record del valore delle esportazioni italiane di ortofrutta fresca, 5,78 miliardi di euro, in crescita del 9,1%. Ma va tenuto conto dell’inflazione e il problema è che si continuano a perdere volumi e cresce anche l’import, +40% rispetto al 2003 (“una nuova vocazione del nostro Paese che è diventato importatore netto di ortofrutta”). “L’interrogativo è quanto resisteranno, per esempio, i produttori di pere, i quali, seppur destinatari di alcuni aiuti straordinari, sono ormai 4 anni che non hanno un ritorno economico sufficiente; si sta tentando di correre ai ripari con il progetto di aggregazione Unapera, ma senza il prodotto tutti gli sforzi potrebbero diventare inutili”.

Sul fronte delle esportazioni si punta a superare le barriere fitosanitarie, che spesso mascherano manovre protezionistiche: “Oggi risultano aperti 28 dossier per esportare in 14 Paesi”. I consumi interni hanno poi  bisogno di sostegno: “Anche quest’anno  si registra una  riduzione dei consumi di ortofrutta fresca in Italia. I dati elaborati da Cso Italy riportano un calo del 6% dei volumi acquistati e un aumento del 4% del valore acquistato, rispecchiando quasi perfettamente l’incidenza dell’inflazione (+10% il prezzo medio). Dal 2019 abbiamo perso 1 milione di tonnellate di prodotto consumato, scendendo da 6,1 a 5,1 milioni”. Che gli aumenti dei prezzi dell’ortofrutta siano spesso nel mirino mediatico non piace visto che “la spesa media per frutta e verdura fresca rappresenta, come certificato da uno studio di Cso Italy, solo il 3,7% del budget delle famiglie”.

Bruxelles nel mirino

L'andamento dell'export, dati Fruitimprese
L’andamento dell’export

Tanti gli appunti indirizzati alle politiche Ue sui temi più rilevanti, frutti di  “una politica dell’ambientalismo a tutti i costi” in un periodo che dovrebbe invitare a maggiore prudenza per le guerre in Ucraina, Medio Oriente e il blocco di Suez. Plauso invece per le iniziative e aiuti del governo, Masaf, Ice, Ismea, per “l’ingente ammontare di risorse destinate ai contratti di filiera, gli aiuti per i comparti in crisi e i fondi per la Cambiale ortofrutta, andati esauriti in poche ore”.  E se c’è soddisfazione per il ritiro della proposta sul taglio degli agrofarmaci da parte di “una presidente della Commissione Europea impaurita dalle sollevazioni di piazza degli agricoltori” e per il blocco temporaneo della proposta sul “ripristino della natura”,  la stessa operazione non è riuscita per il regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

Il vulnus imballaggi

Il capitolo è tra i più spinosi dopo che il Trilogo non ha rispettato le decisioni uscite dal Parlamento Ue con il ripristino del  divieto di utilizzare imballaggi per l’ortofrutta fresca al di sotto di 1,5 kg. “Un’inspiegabile penalizzazione per il nostro settore, l’ortofrutta rappresenta solamente l’1,5% degli imballaggi utilizzati dal settore agroalimentare, quindi poco più di una goccia nel mare. Schizofrenico consentire a ogni Stato Membro di stabilire autonomamente le deroghe per i prodotti più delicati: potremmo trovarci in Italia a usare la plastica per le pesche e in Germania no, un vero e proprio ostacolo alla libera circolazione delle merci”. L’imballaggio  è poi uno degli elementi che incidono sul prezzo finale dei prodotti ortofrutticoli che “rischia di diventare insostenibile se la plastic tax di 45 centesimi al kg non verrà abolita prima del prossimo primo luglio. La nostra richiesta  è di abolizione definitiva della plastic tax, una tassa iniqua e inutile, vista la già pesante tassazione degli imballaggi più inquinanti che avviene attraverso il contributo ambientale Conai”.

Il futuro è nell’innovazione

Agrivoltaico, le Tea (“l’Italia, pioniera, ha recentemente consentito le sperimentazioni in campo, ma le discussioni sul nuovo regolamento Ue si stanno incagliando sulla questione delle royalties”), agricoltura digitale sono le vie indicate dal presidente per la crescita del settore. “A Ravenna, in un convegno organizzato da Unitec, è stato presentato un modello di agrivoltaico che si adegua alle esigenze delle piante da frutto, ma si è discusso anche di digitalizzazione e di utilizzo della robotica. Nel futuro dei nostri frutteti ci saranno sempre più sensori e attrezzature che autoproducono l’energia necessaria grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale. Anche noi sogniamo un’agricoltura a impatto zero, ma dateci il tempo, le tecnologie e i giusti incentivi per ottenerla”.

 

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