
“Il nostro obiettivo? Raggiungere i 500 ettari entro il 2030, affermandoci come una delle principali realtà europee nella produzione di avocado biologico. Un traguardo che intendiamo raggiungere attraverso pratiche di agricoltura rigenerativa – fondate sul rispetto del suolo – e di agricoltura di precisione”.
A parlare è Francesco Mastrandrea, ceo di Halaesa, nuova impresa agricola siciliana nata nel 2022 come startup, con una visione moderna e sostenibile del settore primario. Halaesa si prepara a fare il suo ingresso ufficiale sul mercato italiano con il primo raccolto di avocado biologico interamente made in Italy, frutto di una filiera che valorizza il territorio e riduce al minimo l’impatto ambientale.
Cominciamo dal nome.

Halaesa Arconidea, nota anche come Alesa Arconidea, è un’antica città siculo-greca situata nel territorio dell’attuale comune di Tusa, in provincia di Messina, lungo la costa tirrenica della Sicilia. È proprio in questa valle che nasce la Società Agricola Halaesa, con un primo impianto di 40 ettari di avocado biologico, cui si aggiungono altri 50 ettari nella zona di Noto, per un totale di 90 ettari già avviati. Halaesa è un progetto nato da una mia idea, grazie al confronto con i ricercatori dell’Invernizzi Agri Lab, centro di ricerca della Sda Bocconi School of Management, con cui collaboro da diversi anni, e grazie alla creazione di una joint venture con Impactage.
Con quale mission è nata?
Diventare uno dei principali player europei nella produzione di avocado. Halaesa nasce come azienda agricola innovativa, fondata su un’attenta analisi di mercato che ha individuato nella Sicilia una delle aree più promettenti per la coltivazione di frutta esotica, grazie alla crescente adattabilità del territorio ai cambiamenti climatici. Abbiamo scelto l’avocado come coltura principale, riconoscendone il forte valore di mercato e le prospettive di crescita a livello europeo.
Halaesa non è un’impresa agricola tradizionale: è un progetto imprenditoriale moderno, capace di attrarre capitali da investitori esterni, anche provenienti da settori differenti, che hanno intravisto nell’azienda un’opportunità concreta. Alcuni di loro sono oggi nostri soci.
Cosa prevede il piano di sviluppo?
Raggiungere i 500 ettari entro il 2030: è questo l’obiettivo che ci permetterà di realizzare la nostra mission. Oggi esistono realtà di produzione industriale di avocado in Spagna e Portogallo, con estensioni che arrivano fino a 200-300 ettari. In Italia, invece, non sono ancora presenti aziende con queste dimensioni, anche se si registrano esperienze interessanti sul fronte della commercializzazione, come il caso di Sicilia Avocado.
Attualmente quanti sono gli ettari?
Il primo impianto risale al 2023 e oggi Halaesa conta due centri operativi: uno a Tusa (40 ettari) e uno a Noto (50 ettari). Fin dalla nascita, l’azienda è stata concepita come un modello scalabile: stiamo infatti acquisendo altri 200 ettari, cui se ne aggiungeranno ulteriori 200 entro la fine del 2026, con l’obiettivo di raggiungere 500 ettari complessivi.
Al settimo anno di produzione, prevediamo una resa media di 130 quintali per ettaro, per un totale stimato di 6.500 tonnellate entro il 2030.
Quando arriveranno i prodotti sul mercato italiano, ci sono rapporti con la gdo?

Le piante stanno rispondendo molto bene e già dal prossimo inverno è prevista la prima raccolta, che ci permetterà di testare la qualità del prodotto. A partire dall’anno successivo, sarà possibile procedere con una vera e propria immissione sul mercato.
Halaesa nasce con l’obiettivo di interfacciarsi direttamente con la gdo e ha ottenuto un importante riconoscimento risultando vincitrice dell’accordo di filiera tra aziende produttrici e distributori nell’ambito del quinto bando Contratto di filiera promosso dal Mipaaf.
Per questo, non è prevista una funzione commerciale interna: il prodotto finale non sarà distribuito a marchio Halaesa, ma commercializzato direttamente dai distributori partner.
Quali varietà, copertura del calendario?
La nostra produzione si concentra per il 90% sulla varietà Hass, la più apprezzata dal mercato europeo per gusto, consistenza e conservabilità. Il calendario di raccolta si estende da dicembre a marzo, con possibili raccolte fino ad aprile grazie all’introduzione di varietà complementari.
Il nostro avocado è sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale: coltivato localmente, non richiede lunghi trasporti intercontinentali – evitando le oltre quattro settimane di viaggio tipiche delle importazioni – e riducendo così significativamente l’impatto ambientale.
Inoltre il nostro progetto genera valore in territori svantaggiati, attraverso investimenti mirati che creano occupazione, rigenerano l’economia rurale e restituiscono dignità alle aree marginali.
Prodotti bio da agricoltura rigenerativa e con l’uso dell’agricoltura di precisione.
Il suolo è il nostro asset fondamentale: tutto parte da lì. Crediamo che solo ripristinando la fertilità e la salute del terreno sia possibile creare le condizioni ideali per una produzione agricola di qualità. È da questo principio che nasce la scelta di acquistare terreni non più adatti alle colture tradizionali – come uliveti, agrumeti e vigneti – che, a causa del cambiamento climatico, hanno perso la loro originaria vocazione. L’obiettivo è rigenerare questi suoli, restituendo loro equilibrio e valore organolettico.
Agricoltura biologica perché consideriamo la sostenibilità ambientale un valore fondante. Dal 2024, Halaesa è diventata una Società Benefit, rafforzando il nostro impegno a lungo termine verso un’agricoltura etica e responsabile. La scelta dell’avocado e di altre colture esotiche si dimostra vincente anche da un punto di vista fitosanitario: non sono presenti patologie note, permettendo così una gestione pulita e su larga scala.
Infine adottiamo tecniche di agricoltura di precisione, che ci consentono di monitorare in modo puntuale la salute delle piante e di ottimizzare l’uso delle risorse. Grazie alla collaborazione con xFarm, utilizziamo sistemi sensoristici per il monitoraggio dell’umidità del suolo e della vegetazione. In parallelo, la partnership con Irritec ci permette di gestire in modo automatico e da remoto l’irrigazione, assicurando efficienza idrica.
Si punta anche all’export?
L’avocado è maggiormente diffuso nel Nord Europa: l’occhio andrà naturalmente anche lì ma non oltre oceano, dunque, Germania, Francia e Paesi scandinavi. Ma è ancora presto per parlare di strategie di export.
Quali sono le prospettive del mercato dell’avocado made in Italy?
Le terre adatte alla coltivazione dell’avocado in Italia sono poche: non si tratta di una produzione sostitutiva, ma complementare a quella premium importata via aerea. Servono microclimi specifici, con elevata umidità e vallate fluviali vocate. Per questo i nostri primi 500 ettari saranno tutti in Sicilia. Solo in seguito, potremmo valutare nuove superfici in Calabria o Sardegna.
Come sta cambiando la Sicilia frutticola?
Qualcosa si sta muovendo sul kiwi rosso, mentre l’uva da tavola resta stabile e il resto delle colture mantiene un profilo tradizionale. Sul fronte dell’esotico si registra una crescita diffusa, ma ancora su scala ridotta, come nel caso del passion fruit. Il mango, invece, non consente investimenti su larga scala, mentre il goji attualmente non riscuote interesse, a differenza dell’annona, che inizia ad attirare l’attenzione del mercato.