Trentini all’Ue: «Bisogna favorire la concentrazione, vendere direttamente e cercare nuovi mercati»

«Bisogna rinforzare la concentrazione dell’offerta e vendere i prodotti direttamente sul mercato, puntare su politiche della qualità, promuovere innovazione e produzioni sostenibili». Questi i punti nevralgici che Luciano Trentini, vicepresidente di Areflh, l’assemblea delle regioni europee che producono frutta, verdura e piante ornamentali, ha sottoposto all’attenzione del Parlamento europeo attraverso una relazione finalizzata ad una riflessione per incrementare la competitività del sistema produttivo europeo.

Di fronte ai deputati dell’Unione, Trentini ha evidenziato come la mappa della distribuzione dei produttori ortofrutticoli europei sia caratterizzata da una forte frammentarietà soprattutto nelle regioni del sud (che producono il 70% dell’ortofrutta europea) e in quelle di recente ingresso nell’Unione, una frammentarietà che contribuisce ad allentare il rapporto tra settore primario e mercato.

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I dati. Degli oltre 367mila produttori europei la stra-grande maggioranza (ossia l’88%) è distribuita tra Spagna, Italia, Francia, Grecia e Portogallo. L’83% delle organizzazioni dei produttori sono sud-europee (1.370 su un totale di 1.643); Come pure dai Paesi mediterranei provengono il 71% delle associazioni dei produttori (44 su 62). Diverso il discorso dei gruppi aggregati di produttori che invece, nelle regioni meridionali scarseggiano (10,50% del totale, 57 su un totale di 344 in tutt’Europa). Se ne conta una sola in Italia, una in Spagna, una in Portogallo, 11 in Grecia e 6 in Francia.

La discussione. «Non c’è necessità – ha spiegato Trentini ai rappresentanti europei – di modificare l’attuale regolamento europeo, il 543 del 2011 che disciplina l’organizzazione comune dei mercati agricoli. Va solo implementato e reso più fruibile. In questo senso, un aumento del livello di aggregazione del settore ortofrutticolo rafforzerebbe ancora di più il rapporto con il mercato se si considera che uno dei compiti principali delle Op è quello di produrre e distribuire la giusta quantità e qualità di prodotto. Essere un’organizzazione di produttori, significa concentrare l’offerta e vendere direttamente sul mercato. Un passaggio diretto dall’azienda agricola, al magazzino per il confezionamento, al punto vendita che contrasti l’aumento dei costi nei diversi passaggi della filiera. L’obiettivo deve essere quello di disporre di una maggiore massa critica per soddisfare quelle poche centrali di acquisto che riforniscono la gdo».

I programmi operativi. L’elevato numero di produttori esistenti in Ue si riflette sulla quantità di programmi operativi presentati che, secondo i dati forniti dalla Commissione europea, al 2012, erano 1.188 di cui 458 dalla Spagna, 254 dall’Italia, 63 dalla Grecia. Si tratta di operazioni di piccole dimensioni come anche può vedersi dall’analisi dei dati relativi al fatturato. I volumi prodotti, infatti, hanno determinato un valore complessivo annuale (2012) di 22,2 miliardi di euro nell’Europa a 28 di cui quasi 16 miliardi realizzati nei paesi del sud. Ma, si guarda ai fatturati medi per Op, si trova che quelli realizzati nelle regioni meridionali dell’Europa  sono un quinto inferiori rispetto alla media europea. Circa 10 milioni contro i 47 a livello europeo.

La proposta. «I numerosi programmi operativi con importi piccoli – continua Trentini – per effetto dei bassi fatturati delle Op di piccole dimensioni, ad oggi, dopo 15 anni, hanno bisogno di una nuova spinta e riteniamo che sia la costituzione di associazioni di organizzazioni dei produttori lo strumento che possa garantire i risultati di un regolamento che nasce dal basso e guarda al mercato. Non servono a mio avviso nuove regole, ma servono adeguamenti al regolamento che lo rendano più efficace e consenta un reale ammodernamento delle imprese agricole. Tuttavia, la presenza di un differente livello del sistema agricolo più o meno avanzato nei diversi paesi dell’Unione, a mio avviso, deve lasciare maggiori spazi di manovra ai singoli Stati membri che possono poter dettare proprie regole, per raggiungere gli obiettivi previsti dal Regolamento Ue in un quadro comune dettato dalla Unione Europea, anche attraverso la semplificazione amministrativa».

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