Brio riorganizza la filiera del biologico e punta all’estero

Brio rappresenta un modello di come l’aggregazione possa portare benefici al comparto agricolo italiano. Ne abbiamo parlato con il presidente Gianni Amidei

Biologico è un trend di mercato sempre più importante in Italia e non è un caso se uno tra i maggiori gruppi che si occupano di questa produzione, Brio Spa, parte della Op Apoconerpo, ha recentemente riorganizzato la filiera, ampliando, in particolare con aziende agricole del Sud Italia, la propria offerta di prodotti ortofrutticoli, anche in un’ottica di esportazione.

Ne abbiamo parlato con il presidente Gianni Amidei, che, in occasione della presentazione al Macfrut 2018, abbiamo anche videointervistato.

Quando siete nati e come si è evoluto il mercato del biologico in questi anni?
Brio nasce nel 1993 per dare una risposta concreta alla commercializzazione di prodotti biologici della cooperativa Primavera, che all’epoca associava 15 produttori, che non avevano la forza sufficiente per arrivare sul mercato in maniera organica. I primi clienti importanti furono le catene organizzate per il biologico come gli specializzati, l’apertura al mondo della gdo avviene invece a fine anni 90. Nel 2014 è entrata nella compagine sociale Agrintesa, che associa 52 aziende bio. A oggi i prodotti Brio arrivano da 443 aziende agricole presenti su tutto il territorio italiano e gran parte dei nostri prodotti sono esportati all’estero.

L’Italia sta crescendo al pari dell’Europa, o ci sono differenze sostanziali tra i vari Paesi?
In Italia il biologico sta crescendo in linea con l’Europa, forse con tassi in alcuni settori ancora maggiori, ma l’incidenza del bio è inferiore rispetto ad alcuni importanti mercati, come quello francese o del nord Europa dove il biologico arriva al 15% se non addirittura al 20%. Se vogliamo fare un paragone, attualmente l’Italia è a livelli inferiori al 5% ma ha alte percentuali di crescita, oggi ormai tutte le catene hanno un’offerta di prodotti biologici e lo spazio sta sempre più aumentando.

Come è composto il vostro fatturato tra Italia ed estero? Come pensate che evolverà nel giro dei prossimi 2-3 anni?

Negli ultimi quattro anni il fatturato è aumentato di oltre il 40%, attualmente siamo a 80 milioni di euro. Il 55% è fatto su Italia con il canale della gdo che ha ruolo predominante sulle catene organizzate che restano comunque lo zoccolo duro, il 45% viene invece dall’esportazione. Obiettivo dei prossimi tre anni per Brio è arrivare a 100 milioni di euro di fatturato, in gran parte trainato dall’estero, che pensiamo possa anche arrivare al 60% grazie a un piano di espansione in Germania e Paesi nordici, Francia ma anche mercati oltre oceano per i prodotti meno deperibili.

Il Bio made in Italy è riconosciuto e richiesto all’estero? Come lo trasportate?
Il made in Italy nel bio è un valore aggiunto, per arrivare in gran parte delle destinazioni lontane ci vogliono prodotti a lunga conservazione. In Europa il trasporto avviene via gomma, fuori dal nostro continente via mare.

Come si integra nella vostra società il nuovo modello di filiera presentata a Macfrut?
La nuova riorganizzazione prevede un riconoscimento di Brio come soggetto rappresentante della produzione. Gli accordi con le aziende agricole del Sud Italia hanno portato ad ampliare la nostra gamma di prodotti. In particolare dalla Sicilia con le aziende Colle D’Oro e Terre del Sud, Agricoop Bio e Kore abbiamo un’offerta di ortaggi e frutta siciliana come gli agrumi. Dalla Calabria invece avremo una produzione di kiwi, arance, mandarini, clementine e kaki dalle aziende Osas, I Frutti del Sole, mentre dalla Campania gli accordi con Idea Natura e Aop Armonia porteranno prodotti come lattuga, cavolo rapa, meloni e kiwi.

Si pensa sempre al biologico come a un ritorno a un passato fatto di semplicità, in realtà le aziende biologiche sono tra le più avanzate e all’avanguardia
L’innovazione continua è sia dal punto di vista della produzione con le nuove tecniche di coltivazione e sia della gestione delle aziende agricole in un’ottica di sostenibilità dei consumi. Ma c’è un aspetto che riguarda anche la presentazione dei prodotti: si cerca per esempio di fare meno uso della plastica come imballaggio cercando di innovare nella semplicità, perché è così che deve rimanere il biologico.

Come impattano i trend di mercato (gusto, benessere, sostenibilità) sulle strategie delle imprese Brio?
Hanno un grande impatto perché sono temi che attirano molto il consumatore e il biologico è completamente in linea con queste tendenze. Noi dobbiamo far sì che l’aspettativa dei consumatori corrisponda poi alla bontà del prodotto, alla garanzia di salubrità ma anche alle pratiche di sostenibilità ambientale. Biologico non deve essere solo “esente da” ma deve portare nelle case dei consumatori il valore aggiunto che questo comparto rappresenta.

Intervista pubblicata sul numero fall edition 2018 Fresh Point Magazine

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