Caat: “Digitale, più servizi e qualità” #vocidellortofrutta

Secondo Gianluca Cornelio Meglio, direttore del Centro Agroalimentare di Torino, il mercato all’ingrosso della città deve cambiare pelle, rivoluzionando per esempio gli orari di accesso, per intercettare nuovi buyer, aprendo un marketplace e puntando su prodotti premium

Il Caat di Torino
Il Centro Agroalimentare di Torino

“La vera partita si gioca se i centri agroalimentari, da un lato, e il sistema della distribuzione tradizionale e della grande distribuzione, dall’altro, riusciranno a creare delle sinergie a vantaggio di consumatori e produttori. Il gioco mors tua vita mea non ha fatto bene alla filiera”. Gianluca Cornelio Meglio, direttore del Centro Agroalimentare di Torino, racconta la necessaria evoluzione del mercato all’ingrosso della città, che deve aprirsi a nuovi buyer, al digitale, offrendo maggiori servizi.

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Qual è lo stato di salute di Caat? Come stanno cambiando gli accessi e i volumi in base ai canali distributivi?

Gianluca Cornelio Meglio, direttore del Caat
Gianluca Cornelio Meglio

Con i lockdown e il picco della pandemia c’era stato un forte ricorso alla piattaforma, con un ruolo predominante per la distribuzione di prossimità, allora presa come punto di riferimento per gli approvvigionamenti personali. Nell’ultimo periodo abbiamo registrato una lieve flessione delle presenze, tuttavia abbiamo consolidato importanti rapporti con alcune insegne della grande distribuzione.

Oltre a una piattaforma al nostro interno, che è punto di riferimento per la fornitura di alcuni punti vendita di importanti operatori di rilievo nazionale nel settore della distribuzione organizzata,  da un paio d’anni si è avviata un’iniziativa che, con il coinvolgimento di una rete di produttori locali, ha attivato canali di approvvigionamento all’interno di uno dei maggiori player della gdo per la valorizzazione della territorialità. Nell’ultimo periodo si è vista una certa vivacità, nonostante la cessazione delle attività da parte di un importante operatore del Mercato, rappresentata da nuove realtà che si affacciano al Caat con proposte innovative tese a rafforzare i legami con una distribuzione organizzata che chiede sempre più, non solo un prodotto di qualità, ma anche servizi.

Si riferisce, presumo, a T18, storico operatore del Caat, che ha deciso di chiudere con l’ortofrutta. Che cosa rappresenta questo segnale per i grossisti? Ci sono invece progetti di piattaforme digitali, portati avanti da giovani, come il Mercato Telematico Ortofrutticolo, che puntano a tagliare alcuni passaggi della filiera.

Caat, galleria centrale
Caat, galleria centrale

Il Covid ha accelerato il cambiamento. Ha fatto superare resistenze e portato più utenti a rivolgersi all’acquisto online. L’ecommerce si è poi ridimensionato, ma una fetta di mercato che si approvvigiona tramite quel canale è oramai acquisita. Non dobbiamo immaginare che tutto si trasferisca in una dimensione digitale, ma neanche che tutto rimanga come era prima. Oggi i mercati devono ascoltare una domanda sempre più segmentata e caratterizzata dalla richiesta di servizi e di maggiore accessibilità al Centro.

La pelle del centro agroalimentare dovrà mutare. Anche con il lancio di un marketplace il Caat punta ad assumere un ruolo diverso; più attenzione al customer care, a quei temi che impongono un cambiamento di approccio e di mentalità: è la sfida più importante. Non è una questione di soli volumi da far transitare da un marketplace, ma sarà uno strumento aggiuntivo che verrà messo a disposizione degli operatori quale finestra sul mondo esterno attraverso la quale farsi conoscere creando le condizioni per intercettare nuova domanda. Non un’operazione di marketing, ma l’avvio di una nuova proposta alla quale agganciare, successivamente, nuovi servizi, come il groupage, il confezionamento, la trasformazione, la consegna.

Quanto stanno pesando il rialzo dei costi della logistica e delle materie prime, l’inflazione?

Mela renetta di Torriana
Il fattore local del Caat

Certamente l’aumento dei costi energetici e della logistica si riflettono sulla produzione; c’è un problema di reperimento di personale per il trasporto, anche per i controlli sanitari e la nuova ondata pandemica. Abbiamo misurato l’aumento e la difficoltà nel reperimento della materia prima anche su diversi appalti che stiamo portando avanti; nell’ambito dell’intervento di revamping, ad esempio, che migliorerà l’efficienza energetica del Centro, si è registrato, in occasione dell’ultima procedura, un aumento del costo della componentistica riferita ai corpi illuminanti a Led. Analogo discorso si è verificato per il potenziamento dell’offerta di spazi refrigerati. Aumentano pertanto i costi e si dilatano i tempi di realizzazione per la difficoltà di reperire i materiali.

Sui prezzi di vendita dei prodotti agroalimentari, si segnala come l’incremento registrato nell’ultimo periodo non sia frutto di speculazioni, bensì di variabili che intervengono all’interno dell’intera filiera. Oggi, ancor più di ieri, occorre considerare il peso che il costo di energia e trasporto ricopre nella formazione del prezzo finale. Ciò che talvolta lascia perplessi sono delle campagne promozionali che spingono determinati prodotti con una politica dei prezzi che non consente quella sana marginalità a tutela delle produzioni; ciò, a mio avviso, non tutela il potere di spesa dei consumatori, ma concorre a ingenerare in questi ultimi un’idea sbagliata sul reale valore che esiste dietro un prodotto. Che è il valore delle persone e della rispettiva professionalità messa in campo.

Milano si sta rimodernando con due nuovi padiglioni per l’ortofrutta: che cosa devono fare oggi i mercati agroalimentari per stare al passo con i tempi?

Non c’è solo il discorso della digitalizzazione: uno dei temi più importanti è quello dei servizi. Dobbiamo ascoltare il mercato. Siamo un anello della filiera, legato alla distribuzione tradizionale e organizzata. Non possiamo immaginare che il modello distributivo di decenni fa sia ancora quello attuale. Mi riferisco in particolare alla distribuzione attraverso il commercio in sede mobile che ha sempre avuto un ruolo prevalente per questi centri e che continua a rappresentare un punto di riferimento.

Ovvero?

Si è assistito negli ultimi anni a un graduale ridimensionamento del ruolo dell’ambulantato all’interno dei canali distributivi di prodotti ortofrutticoli. In parte per i margini più contenuti che portano le nuove generazioni a non proseguire nell’attività di famiglia propendendo verso altre attività. Si è persa anche un po’ la professionalità e il know how sul prodotto. Oggi i mercati tradizionali sono spesso caratterizzati dalla presenza di una componente di venditori che interpreta l’attività non incentrandola sulla qualità, bensì sulla quantità e sul basso prezzo. Il prodotto premium trova così più difficoltà di collocamento.

E questo cosa comporta?

Caat, varchi di ingresso

Se la nostra offerta, come Centro agroalimentare, rimane prevalentemente rivolta verso quel canale rischiamo di non intercettare altra domanda. E allora diventa imprescindibile, per esempio, introdurre il tema del cambiamento degli orari: un’infrastruttura di 440 mila mq non possiamo pensare di sfruttarla solo qualche ora la notte. Ci sono potenziali altri buyer che non trovano nelle nostre strutture un canale privilegiato per l’approvvigionamento.

Il cambiamento andrebbe fatto anche per gli stessi mercati al dettaglio che dovrebbero essere ambienti più attraenti al consumatore, pensando a un loro re-layout, a una migliore comunicazione delle categorie merceologiche presenti al loro interno; a una riorganizzazione degli spazi per evitare le classiche “macchie di leopardo”,  promuovendo l’adozione di sistemi di pagamento innovativi che possano attrarre verso i mercati anche le nuove generazioni che regolano i propri acquisti tramite smartphone. E valorizzando, da ultimo, la territorialità quale forma di sostenibilità: non conta solo il numero delle referenze, ma la storia che c’è dietro fatta di persone e di passione.

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