Ally, il rivestimento plant-based che triplica la shelf-life della frutta

Ricavato da scarti e sottoprodotti delle filiere agroalimentari locali e regionali, è stato sviluppato da un team di studenti e ricercatori di Torino. “Vogliamo portarlo sul mercato nel 2023”

Il team del progetto Agree che ha sviluppato Ally
Il team del progetto Agree

Biomolecole naturali ricavate da scarti e sottoprodotti delle filiere agroalimentari per aumentare la shelf-life della frutta fino a tre volte. Il progetto si chiama Agree ed è stato sviluppato da un team di giovani studenti e ricercatori di Torino che vorrebbero portare sul mercato nel 2023 l’innovativo rivestimento plant-based.

La squadra è composta da Gustavo Gonzalez, dottorato in ingegneria dei materiali dal Politecnico di Torino, che si occupa di ricerca scientifica per una associazione  di ricerca industriale; Arianna Sica, studentessa in Economia ambientale dell’Università di Torino e Irene Masante, che sta ultimando il dottorato in Chimica e Biologia presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale.

I risultati sulle susine

Con Ally la shelf-life triplica
Con Ally la shelf-life aumenta di tre volte

“Siamo tre ragazzi che si sono incontrati all’interno del percorso imprenditoriale  di fondazione Crt nel luglio 2021 -spiega Arianna Sica-. Il progetto, che non è ancora una start up, si chiama Agree. E ha l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare. Abbiamo individuato una soluzione, un rivestimento commestibile plant-based, chiamato Ally, che mantiene la freschezza di frutta e verdura fino a 3 volte in più. Il nome rimanda a una sorta di alleanza tra il frutto, che vogliamo proteggere, e il rivestimento, un accordo tra vegetali”.

Il rivestimento, liquido, viene nebulizzato sulla frutta per creare una sorta di “seconda buccia”, in modo da proteggere il prodotto. “Permette di respirare e continuare a vivere. Mantiene l’umidità interna in modo che non evapori velocemente. E introduce elementi antiossidanti in modo che rallenti l’ossidazione” spiega Gustavo Gonzalez.

Dal punto di vista visivo, il consumatore non vede nulla: nessuna pellicola. Il rivestimento è inodore, inerte e trasparente e non cambia le proprietà organolettiche. “È fatto da biomolecole naturali estratte da sottoprodotti agricoli vegetali della filiera agroalimentare. Possono essere polisaccaridi, proteine o lipidi, a seconda della frutta che andiamo a coprire. Li ricaviamo da filiere diverse. A Torino stiamo cercando di sviluppare partnership con gli agricoltori che lavorano il riso, per ottenere la paglia da cui ricavare queste biomolecole. Altre filiere interessanti sono mais, nocciola. Poi il cacao, pomodoro (buccia e semi). Le filiere si stanno dimostrando interessate: diversi stakeholder ci dicono che il progetto potrebbe essere di grande impatto”.

L’obiettivo principale è il miglioramento della shelf-life. “Abbiamo fatto diversi test in laboratorio, per esempio, con le susine: la media è risultata 3 volte di più. In generale, ci stiamo focalizzando sulla frutta di facile deperimento, ma vorremmo passare anche alle verdure”.

Il progetto in semifinale in un contest europeo sulle proposte di economia circolare

Agree è in semifinale a un contest europeo sull'economica circolare
Agree partecipa a un contest europeo sull’economia circolare

L’idea è passare dal laboratorio di Chieri, dove si testano i prodotti, a livello industriale, attivando una partnership. “L’intento è brevettare il rivestimento, siamo in fase di studio. E valutare se brevettare anche il processo. Ora stiamo cercando dei partner per uscire dal laboratorio e portarlo su scala industriale”. “Vorremmo brevettarlo nel secondo semestre del 2022 e vedere come andrà il progetto pilota per arrivare sul mercato con un buon partner industriale nel 2023” precisa Sica.

Qualche approfondimento è in corso sulle normative. “Essendo una sostanza che entra in contatto con alimenti potrebbe essere classificata come additivo alimentare -fa notare Sica-: in quel caso andrebbe comunicata al consumatore. Le normative non sono chiare al momento: potrebbe essere inquadrato come packaging attivo, funzionale. “Teoricamente se la biomolecola si spruzza sulla buccia questa rimane edibile -precisa Gonzalez-, stiamo approfondendo le varie questioni, ma non dovrebbero esserci problemi di sicurezza. Sappiamo però che si possono sempre sviluppare allergie con alcune proteine e stiamo testando quelle non allergenizzanti”.

Agree è stata selezionata tra i progetti partecipanti a #BALABEIT4Food, un programma di tutoring, mentoring e networking per start up nel settore agroalimentare realizzato dall’Università degli Studi di Bari in collaborazione con Impact Hub Siracusa. Ora è in semifinale in un contest europeo, GreenAlleyAward, dedicato a progetti di circular economy, selezionato tra quelli di 177 start up europee. “Se prendiamo un buon numero di voti, potremmo essere in finale ad aprile. Per ora nessuna realtà italiana è mai arrivata in finale nei sette anni del contest” fa sapere Sica.

 

 

 

 

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