Una patata salverà l’Europa? Forse no, ma sicuramente potrà dare nuovo impulso alle esportazioni agricole dell’Unione Europea. Su un totale di 375 milioni di tonnellate prodotti annualmente in tutto il pianeta, l’Ue a 27 paesi infatti, con 48,5 milioni di tonnellate annue è il terzo produttore mondiale di patate dopo la solita Cina (95 milioni) e l’India (56 milioni) e davanti all’Ucraina. Ciononostante esporta poco di questo prodotto, perché consuma sui mercati interni la quasi totalità della propria produzione: in effetti l’Unione Europea -non l’Italia, attenzione, di cui si parlerà più avanti- per quanto riguarda la patata si può considerare totalmente autosufficiente, con un’importazione ridottissima e perlopiù limitata ai periodi controstagionali.
La situazione della produzione della patata in Europa
Il 75% della produzione europea arriva da cinque paesi –Germania, Francia, Paesi Bassi, Polonia e Belgio– ma si può e si deve fare di più per dare vita a una filiera europea delle patate che possa venire anche esportata. Innanzitutto innovare: sul fronte dell’innovazione il settore pataticolo è al centro di importanti sfide, sfide che vengono poste soprattutto dal cambiamento climatico il quale non è solo causa di problemi agronomici ma acuisce vecchie patologie e ne consente lo sviluppo di nuove. Si parla quindi di ricerca finalizzata allo sviluppo di nuove varietà resistenti, affidabili e sostenibili con progetti come l’ADAPT, che si cura di varietà adattabili alle mutate condizioni meteoclimatiche, oppure il PATATPEST e il CLAVIBUT, che mirano a dare vita a varietà capaci di contrastare i parassiti e le fitopatie più comuni, tutti quanti supportati da EUROPATAT, l’organismo europeo che riunisce i principali attori continentali nel comparto pataticolo.
Di questi e altri argomenti si è discusso durante l’ultima edizione di Macfrut nell’ambito dell’International Potato Symposium, che in tre giorni ha visto intervenire circa 400 partecipanti: “Uno dei temi principali – spiega il coordinatore Luciano Trentini – è quello dell’organizzazione del sistema produttivo. Tra le novità di quest’anno, infatti, da un punto di vista normativo c’è il fatto che la Comunità Europea ha creato anche per la pataticoltura un’Organizzazione Comune di Mercato. Questo Regolamento per il momento è stato applicato solo dall’Italia dando la possibilità alle Op pataticole di accedere ai programmi operativi, simili a quelli riservati all’ortofrutta, per avviare un necessario percorso di rinnovamento dei processi produttivi ed in particolare attraverso la ricerca di fare innovazione”. Ma la produttività non è l’unico tasto dolente
Esiste anche il tema della redditività, strettamente correlato con quello dei prezzi al consumo. Meno rende la produzione di patate e meno se ne produrranno, facendo innalzare il costo di quelle esistenti. Se in generale negli ultimi anni si è assistito sia a livello europeo che extra-europeo a una riduzione della produzione con conseguente impennata dei prezzi, il problema riguarda in special modo alcuni paesi, inclusa l’Italia.
La situazione della produzione pataticola in italia
La produzione pataticola italiana infatti non è sufficiente a coprire le esigenze dei consumatori costringendo all’importazione di circa il 40-50% del fabbisogno nazionale, prevalentemente da Francia, Germania e paesi del bacino del Mediterraneo come l’Egitto. Regioni un tempo estremamente vocate come l’Emilia-Romagna e il Veneto hanno visto negli ultimi anni una diminuzione dei propri volumi produttivi. Il progetto P.A.T.A.T.A. nasce proprio per contrastare la diminuzione della produzione di patate in Emilia-Romagna, dovuta a vari fattori tra cui cambiamenti climatici, presenza di parassiti (elateridi), scarsa gestione irrigua e perdita di fertilità del suolo. L’obiettivo è ottimizzare la coltivazione della patata attraverso una gestione più sostenibile e innovativa delle risorse idriche e fitosanitarie.
Attraverso l’uso di tecnologie digitali avanzate, sistemi di supporto alle decisioni (DSS), monitoraggi in campo e sperimentazioni su diversi sistemi di irrigazione, il progetto mira a migliorare la redditività degli agricoltori e la qualità delle produzioni, riducendo al contempo l’impatto ambientale. Gli obiettivi primari del Progetto sono lo sviluppo di tecniche innovative per l’irrigazione al fine di ridurre il consumo di acqua e migliorare la resa delle coltivazioni, il controllo e gestione degli elateridi con metodi agronomici e fitosanitari a basso impatto ambientale, l’ottimizzazione dell’uso dei fertilizzanti e dell’acqua tramite il DSS Irrinet/Irriframe e Patata.net, il miglioramento della qualità del suolo attraverso pratiche agronomiche sostenibili, la valutazione economica delle diverse strategie di coltivazione, per garantire la redditività delle aziende agricole e il monitoraggio delle risorse idriche e studio dell’impatto di diversi sistemi irrigui sulla resa delle coltivazioni.
La ricerca procede con nuove cultivar nazionali
In questo contesto rientra anche lo sviluppo di nuove cultivar nazionali che vengono sviluppate nei campi sperimentali di Unapa, l’Unione Nazionale delle Associazioni Pataticole: come Fiorella, il cui tempo di dormienza di tre mesi permette di conservare il prodotto, che di solito viene stoccato da luglio a maggio/giugno dell’anno successivo, riducendo della metà il fabbisogno di trattamenti per la conservazione, oppure Morisa, derivata da un’ibridazione con la varietà francese Gazelle e che ha una resa molto più elevata rispetto alla media di mercato oggi in coltivazione e arriva a produrre 500 quintali per ettaro. Il futuro della patata -italiana ed europea- è ancora tutto da scrivere, ma promette bene.