Persea Italia: “Produciamo il primo avocado bio da agricoltura rigenerativa” #vocidellortofrutta

Circa 280 ettari di terreni precedentemente coltivati a cereali tra Sardegna e Calabria, per una produzione a regime di 5 mila tonnellate e primo raccolto nel 2025, annuncia il founder Paolo Frigati. “Emettiamo crediti di sostenibilità per sostenere il progetto di biodiversità”

Campi di cereali coltivati ad avocado con il progetto sviluppato da Persea
Campi di cereali coltivati ad avocado con il progetto Persea

Nel 2025 arriva in Italia il primo avocado biologico da filiera corta e agricoltura rigenerativa. Sarà coltivato su 280 ettari in Sardegna irrigati con il sistema a goccia, nella zona di Ussana, in provincia di Cagliari, e in Calabria, nella zona di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza. Terreni originariamente gestiti a monocoltura di mais e cereali che sono stati “curati”. Altri 120  saranno destinati a boschi, riforestazioni, aree umide e flora spontanea.

Nei campi sono presenti, infatti, 15 mila piante di ulivo e verranno disposte 1500 arnie dove troveranno casa oltre 75 milioni di api. L’idea è dell’imprenditore Paolo Frigati che ha fondato l’azienda agricola Persea Italia. A sostegno del progetto di biodiversità, l’azienda emetterà dei crediti di sostenibilità “tokenizzati” tramite tecnologia blockchain.

Qual è l’obiettivo del progetto? 

Abbiamo cominciato a mettere a dimora il prodotto, che arriverà sul mercato tra circa un paio  d’anni: il primo raccolto sarà a gennaio 2025. Abbiamo già piantato una quarantina d’ettari, in totale saranno circa 280. Le regioni di coltivazioni sono Sardegna e Calabria. Facciamo un’agricoltura biologica rigenerativa. Io vengo dal mondo della finanza, dieci fa ho cominciato a fare l’imprenditore e questa è un’iniziativa che sto lanciando. Raccolgo capitali e gestisco aziende. In Persea Italia ci sono più soci, persone fisiche, imprenditori.

Perché l’avocado?

Se devi fare investimenti in agricoltura devi avere colture profittevoli, non  è così il grano, poco senso avrebbero mele e pere; altri esprimenti sono stati di nicchia, come il goji. La frutta secca è un po’ meno profittevole. L’avocado ha dinamiche di grande espansione rispetto, per esempio, al melograno. La profittabilità di un ettaro di avocado nel mondo è altissima da oltre 20 anni, non è una moda del momento. A oggi in Europa ci sono 800 mila tonnellate di consumo di avocado.

Quante varietà sono state piantate, c’è già il nome del brand?

No, non abbiamo ancora dato un nome al marchio. Saranno quattro, cinque varietà: oltre l’Hass, che è la più ricercata, Bacon, Ettinger, Fuerte, Lula. La produzione dovrebbe coprire circa sei mesi di calendario, da ottobre ad aprile, ma dovremo verificare bene sul territorio.

Ma l’avocado non ha bisogno di terreno vulcanico per esprimere la massima qualità?

Se vulcanico è meglio, ma non è detto, oggi si produce avocado in terreni non vulcanici: Israele ha 15 mila ettari, come la Spagna; Nuova Zelanda e Australia altri 20 mila e sono terreni non vulcanici, poi la California. È vero che la pianta nasce nel sottobosco vulcanico messicano, ma si adatta bene anche ad altri terreni. Noi stiamo usando per esempio molto compost e biochar per nutrire il suolo.

Quali sono i plus qualitativi del vostro avocado?

Dei 400 ettari 280 sono coltivati ad avocado. il testo sono aree boschive e umide
Dei 400 ettari 280 sono coltivati ad avocado.

Noi puntiamo a un prodotto premium, che matura di più sull’albero: avrà un transit time massimo di una settimana prima di arrivare a scaffale: quello cileno è di 5 settimane. Produce pertanto più olio, è più morbido e dolce e cremoso. Poi l’avocado viene bene se il terreno è in salute, se è nutrito con sostanza organica e lì nasce la tematica dell’agricoltura rigenerativa. Noi ci prendiamo grandissima cura del terreno, tanto compost e sostanza organica, pacciamatura naturale, impollinanti. Le radici riescono ad assorbire macro e micro elementi in modo più veloce.

Agricoltura rigenerativa significa rigenerare il suolo. Noi abbiamo recuperato terreni degradati: quelli acquistati erano gestiti a monocoltura, mais e cereali da 30 anni. Un suolo impoverito. Quello che stiamo facendo è ridotarli di sostanza organica e rigenerare il terreno, rimettere i microorganismi per ridotare il terreno di vitalità che deve essere mantenuta con altro compost, biochair che stiamo producendo in azienda grazie a un investimento, biostimolanti. Questo garantisce il miglioramento del microbiota.

Dove sarà distribuito il prodotto?

Abbiamo un accordo con il gruppo Mazzoni, ma è un po’ presto per parlare dei canali distributivi. Abbiamo tanti ettari e per forza andremo nella gdo. A regime produrremo 5 mila tonnellate. Sarà un prodotto premium in primis destinato all’Italia, che consuma 40 mila tonnellate di avocadi, ma andrà sicuramente anche in Europa, soprattutto Nord Europa.

I benefici ambientali sono trasformati in crediti di sostenibilità “tokenizzati” tramite tecnologia blockchain. Che significa?

Stiamo mettendo a dimora il 70% dei terreni acquistati, il resto diventano zone umide, riforestazioni: garantiamo una biodiversità molto spinta. Oggi rinunciamo a tanti ettari, che avremmo potuto mettere ad avocado, per fare un prodotto diverso: è un’area integrata con il bosco, aree umide, api. Il biochair stocca carbonio nel terreno, mettiamo circa 10 alveari a ettaro: un impatto enorme su acqua, aria, terreno. Il nostro prodotto vale di più rispetto a un altro avocado bio di monocoltura. Abbiamo però i costi di riforestazione da sostenere.

I crediti di sostenibilità all’estero sono molto sviluppati: è un mercato volontario che sta evolvendo in modo fortissimo in Europa. Noi ci affacciamo per vedere se c’è interesse da parte delle aziende. Abbiamo creato un protocollo con Rete Clima, noi lo mettiamo in pratica e un ente terzo verifica. Alla fine del processo Green Future Project emette questo credito nella forma di un token, una stringa numerica, tracciata, e sviluppa la piattaforma per la commercializzazione. Oggi ha dentro il carbonio e la biodiversità calcolata in tonnellate di carbonio equivalente. Il vantaggio della nostra offerta è che è un progetto italiano. Ci sono tanti progetti di compensazione e mitigazione, in Congo, Ecuador: ma tanti clienti vorrebbero attuarli in Italia.

 

 

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