Mariangela Susigan, la Regina delle erbe del Canavese

La Stella Verde Michelin del ristorante Gardenia utilizza più di 60 erbe selvatiche che raccoglie in Valchiusella e nell’anfiteatro morenico e rende protagoniste in cucina. New experience gustativa per i clienti che mangeranno nella nuova serra in mezzo all’orto

La chef stellata Mariangela Susigan
Mariangela Susigan

Il ristorante Gardenia, una casa ottocentesca nel borgo medievale di Caluso, nel Canavese, è il regno di Mariangela Susigan, una delle circa cinquanta chef stellate d’Italia. Qui delizia i clienti con una cucina che reinterpreta il territorio con naturalezza. Il valore aggiunto sono le oltre 60 erbe spontanee che raccoglie in Valchiusella e nell’anfiteatro morenico da più di vent’anni. E che diventano protagoniste del menu: foraging ante litteram, un’attività raccontata anche un libro (La cucina delle erbe spontanee, scritto con lo chef Alessandro Gilmozzi e l’etnobotanica Lucia Papponi). Autodidatta, vanta dal 2000 la stella Michelin. Nel 2020 ha conquistato anche la Stella Verde della prestigiosa guida per l’impegno nella sostenibilità.

Una Stella Verde: come nasce il premio?

Il team del ristorante Gardenia guidato da Mariangela Suigan
Il team del ristorante Gardenia

Siamo produttori: abbiamo un orto vicino al ristorante. Frequento almeno tre mercati a km zero dove ho rapporti molto stretti con i contadini. Li incito a coltivare nuove radici, fare produzioni anche per me. E li sostengo acquistando da loro, dando consigli: abbiamo tanti bravi produttori nel Canavese che vanno aiutati nella comunicazione.

Integro quello che mi manca, zucchine, carote baby. Tra le cose più particolari che posso trovare, la cipolla di Andezeno, fagioli di Cortereggio, un presidio Slow Food cui ho dedicato la mia Zuppa francigena. Punterò molto anche sulle patate di Verrayes.

Che cosa viene coltivato nell’orto a Caluso?

L'orto del ristorante Gardenia, guidato dalla chef stellata Mariangela Susigan
L’orto del ristorante Gardenia

Nell’orto (che è anche il nome di un piatto iconico presente tutto l’anno e che cambia in base alle stagioni, ndr), si coltiva un po’ di tutto: carote colorate, pomodorini, radici particolari, come pastinaca, rutabaga, scorzonera; poi microleaves, come barbabietola, crescione. E alberi da frutto, fichi, neri e verdi, ciliegie, frutti di bosco.

Ho creato un piatto con dieci specie di pomodorini in diverse lavorazioni (osmosi con zenzero e con aceto balsamico, canditi, freschi): dal Camone al ciliegino giallo e rosso, perino giallo e rosso. L’ho chiamato Cirque du soleil e l’ho abbinato a gemme di burrata, pesto d’erbe. Nell’orto abbiamo una bella collezione di cavoli. In primavera abbiamo insalate di vario tipo, soprattutto le mizuna, sono delle senapi asiatiche che danno valore aggiunto, hanno sentori di rafano. Stiamo piantando l‘amelanchier: sembra un frutto di bosco, molto dolce. E l’insalata dei minatori, che ha una consistenza porcellanosa.

Ci sono progetti sull’orto?

Sì, un progetto innovativo: diventerà lo scenario di una nuova experience gustativa. Abbiamo due serre: nella prima coltiviamo germogli, insalate. L’altra, di ferro e vetro, molto bella, è stata da poco ultimata. Sarà riservata ai clienti che mangeranno in mezzo all’orto. La considero un momento di rivincita sul Covid, un segnale di reazione positiva. La trasformerò anche in aula didattica per spiegare le erbe selvatiche che raccolgo nei dintorni e per cui tengo corsi di specializzazione.

Erbe selvatiche in cucina, quali e dove vengono raccolte?

Erbe selvatiche, fiori, olio evo: un piatto di Mariangela Susigan
Erbe selvatiche, fiori, olio evo

Ne conosco più di 150. Faccio la “nomade”, seguendo cartine geografiche mentali come i raccoglitori di funghi. La Valchiusella è la più integra per la raccolta ed è molto ricca di erbe selvatiche. Grazie ad Adriano Olivetti non si è mai perso il microequilibrio. Ma raccolgo in tutto l’anfiteatro morenico.

Le erbe spontanee hanno una microstagionalità: il periodo è da metà aprile a giugno: tarassaco, papavero, crescione di sorgente, l’aruncus. E l’aglio orsino: ci sono boschi ricoperti per chilometri. Con questo faccio del pesto, il burro, un succo. Poi la silene, con cui si realizzano ottimi risotti, l’ortica. Per tantissime preparo delle conserve. E anche estratti, succhi, cocktail e aperitivi, come quello di Rumex acetosa, mela verde e gin The Botanist.

Piatto simbolo?

Ravioli di ortiche e borragine, malva e calendula: un piatto di Mariangela Susigan
Ravioli di ortiche e borragine, malva e calendula

Amo molto l’aglio orsino. Preparo un piatto stravagante: un’insalata di rognone cotto a bassa temperatura con il gin, lumache lavorate con cipolla e salvia e pesto d’erbe, accompagnate da lampone e succo di aglio orsino, finito con crescione di sorgente. L’ho inserito nel menu Essenze e consistenze, che propone una degustazione di erbe o (durante l’inverno) altre specialità.

L’attenzione è anche alla circolarità, altro elemento che ha concorso nell’assegnazione della Stella Verde.

Non buttiamo via nulla. Riutilizzo gambi, foglie, parti esterne per creare brodi, fondi vegetali per dare gusto umami. Con le bucce delle carote bio preparo polveri colorate per decorare i piatti. E con gli scarti più grezzi dell’ortofrutta facciamo il compost per l’orto. Un ciclo completo.

 

 

 

 

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