Stop di Tripoli al commercio estero, a rischio contratti F&V per 50 milioni di euro

A rischio i contratti commerciali di ortofrutta con la Libia. Lo annuncia il governo di Tripoli con una nota di questa mattina con cui manifesta la decisione di «rivedere tutti i contratti con le aziende straniere ed escludere le compagnie turche dalla possibilità di operare nel Paese».
L’EXPORT ITALIANO. Per l’Italia si tratta di un flusso di circa 50 milioni di euro prevalentemente derivati dalla vendita di pere, mele, kiwi e conserve di pomodoro.
«Il provvedimento di oggi – spiega Lorenzo Bazzana di Coldiretti – si inserisce in un contesto di generale contrazione dell’export verso quel paese derivata dall’instabilità politica. Si pensi che tra il 2013 e il 2014 il calo del fatturato degli esportatori italiani è stato di 13 milioni di euro».
Nonostante tutto, l’ortofrutta italiana (che rappresenta circa un terzo del totale dell’export agroalimentare nostrano verso la Libia ed il 2,5% del totale delle esportazioni dal nostro Paese) continua ad essere uno dei prodotti più richiesti dal mercato libico ma, lo stop di oggi, mette a rischio l’esecuzione dei contratti già in essere.
LE CONSERVE. Per il consorzio Casalasco del pomodoro di Cremona, ad esempio, che ha spedito il suo ultimo carico Pomì e Gusto d’Oro in Libia, nel maggio del 2014, tutte le trattative commerciali sono interrotte da allora.
«Non riusciamo più a contattare i due buyer di Tripoli con cui ci interfacciavamo – spiega Monica Bolchi del consorzio -. Secondo le notizie che siamo riusciti ad avere, uno dei due esportatori ha subito un furto dal momento che i suoi magazzini sono stati saccheggiati dagli sciacalli. Del secondo non abbiamo più notizie perché non risponde alle nostre mail sicché non riusciamo ad immaginare cosa sia potuto succedere».
LO STOP LIBICO. Con l’intenzione dichiarata di rivedere le trattative commerciali in corso, la Libia punterebbe, verosimilmente ad escludere dal commercio i paesi considerati ostili come la Turchia che è accusata dal premier Abdullah al-Thani (che ha dovuto riunire il governo a Tobruk) di sostenere le milizie al potere a Tripoli.
«Il rischio di chi commercia adesso – continua Bazzana – con la Libia, non è solo legato alla sicurezza dei carichi che rischino di essere depredati ma anche alla difficoltà di individuare degli interlocutori dall’altra parte come banche oppure semplici sportelli di front office che funzionino ancora. In questo senso il governo italiano e l’Unione Europea dovranno iniziare a lavorare più intensamente per l’apertura di altri mercati considerato che il blocco libico si aggiunge a quello dato dall’embargo russo. Una situazione che determina un eccesso di offerta che deve essere necessariamente veicolata verso altri mercati come quelli asiatici o statunitensi sempre che, a monte, si riesca a superare l’atavico problema delle barriere fitosanitarie».
PERE E MELE. Ritornando al mercato libico, più ottimista la posizione di Fruit Modena Group che mediamente esporta verso la Libia circa 500 container l’anno di mele e pere.
«Abbiamo interrotto – ha spiegato il Giampaolo Nasi di Fruit Modena Group – l’invio di merce soltanto per una settimana nei giorni scorsi ma stiamo valutando la possibilità di continuare a spedire attraverso la triangolazione con i porti del Marocco. Fino ad esso, per quel che ci riguarda, non abbiamo registrato alcun tipo di contrazione ai nostri commerci anche perché le pere e le mele italiane sono un prodotto molto richiesto. Dopo il provvedimento governativo di oggi stiamo aspettando di avere dei feedback dai nostri partner a Tripoli di modo da capire cosa succederà ma di solito nei fatti le situazioni non sono mai così assolute come nelle dichiarazioni. Stiamo in ogni caso valutando una sorta di piano B che prevede la possibilità di convogliare le merci destinate alla Libia verso l’est-Europa dove peraltro già esportiamo da tempo».

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