Viaggio nella filiera della quarta gamma di Ortoromi

In occasione della visita tra le serre e l’impianto industriale di Ortoromi, azienda veneta tra le più importanti in Italia nel comparto della quarta gamma, rappresentate da Unione Italiana Food IV Gamma, abbiamo potuto fare il punto con Cristiano Detratti, amministratore delegato della società, sul valore della filiera corta e sulle innovazioni che caratterizzano l’azienda, dai campi fino al prodotto finito pronto per essere commercializzato nella moderna distribuzione, che rappresenta oltre il 95% del canale di vendita, con i prodotti a marca del distributore (Mdd) che per Ortoromi valgono circa il 60%.

OrtoRomi è una società cooperativa agricola, nata nel 1996 da due imprenditori agricoli: Elio Pelosin e Rino Bovo, esperti nella coltivazione di prodotti ortofrutticoli.

“Per quanto riguarda la nostra filiera -dice Detratti- abbiamo oltre 800 ettari in gestione da parte della base associativa, di cui quasi 300 a colture protette. Mi piace citare un valore simbolico: l’anno scorso sono usciti dai nostri impianti circa 150 milioni di pezzi che sono abbondantemente due per ogni italiano. Abbiamo chiuso il 2022 vicino ai 120 milioni di euro di fatturato, e quest’anno dovremmo superarli. Prevediamo per il 2024 una crescita attorno al 2-3%, perché pesa la fase inflattiva, ma abbiamo prospettive più positive, rivolte alla seconda parte dell’anno”.

La lavorazione delle insalate di quarta gamma negli impianti di Ortoromi

I numeri degli impianti di Ortoromi

2 stabilimenti Borgoricco (Pd) e Bellizzi (Sa)
44 linee di produzione
16 linee di lavaggio
980 quintali produzione giornaliera insalate

Nei due stabilimenti di Ortoromi entrano 30.000 tonnellate di prodotto e ne vanno in vendita poi attorno ai 22.000. “Si parte da una fase di accettazione nei nostri impianti -continua Detratti-, il prodotto viene lottizzato e viene valutato in base alle sue caratteristiche organolettiche. Viene fatta così una scrematura di quello che può essere idoneo per essere messo in produzione da quello che invece viene messo in stand by in attesa di una valutazione successiva. Ma una volta che entrambi i prodotti vengono valutati idonei, si passa direttamente allo stabilimento. i prodotti a cespo hanno bisogno della mondatura, poi sono tagliati e veicolati verso la fase di lavaggio. Un processo diverso lo hanno invece le baby leaf come insalatine, rucola, valeriana, che invece hanno non usufruiscono di questa fase. Entrambi i prodotti vanno poi nelle fasi di lavaggio normale e generica per quanto riguarda i prodotti a cespo, perché stiamo parlando di lavaggi su vasche di acqua che fanno vari passaggi, mentre per quanto riguarda le baby leaf, oltre a questo abbiamo anche il passaggio nel tunnel di asciugatura. Siamo tra i precursori tra le aziende che utilizzano questo tipo di procedura. Una volta finita la fase di lavaggio, sottolineo che questa ormai è quasi completamente automatizzata, questo impianto può dividere la produzione in due fasi: o si va direttamente la fase di confezionamento, oppure va in una cella di stazionamento che viene poi richiamata al momento del bisogno, tramite un software e un sistema specifico di gestione. Questo ha permesso di razionalizzare i tempi e gli spazi, e ha permesso di dare più continuità e omogeneità anche agli ordini che arrivano alla mattina presto nella maggior parte dei casi. Ma poi mezzogiorno sono già i primi camion che partono e quindi questa fase deve essere garantita”.

Cosa chiedono le industrie di quarta gamma alla distribuzione e al governo

Proprio la fase della programmazione degli ordini è una delle criticità che abbiamo discusso con Mario Piccialuti, direttore generale di Unione Italiana Food, presente all’incontro.

 

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