Una piattaforma delle best practices per una distribuzione sostenibile

La gdo europea, dove frutta e ortaggi freschi sono una delle più importanti categorie merceologiche dell’assortimento alimentare, è da tempo impegnata ad adeguare le proprie politiche di acquisto e distribuzione a principi di sostenibilità. Per analizzare quali sono concretamente gli approcci a un commercio al dettaglio (retail) sostenibile, la Commissione europea nel 2009 ha lanciato il progetto Reap (Retailers’ environmental action plan – Piano di azione ambientale del dettaglio moderno).

Alla base di questa iniziativa c’è l’idea che il moderno dettaglio (gdo) possa dare un contributo fondamentale nel diffondere un sistema di produzione e consumo delle merci più sostenibile. In particolare, gli impegni ambientali dei rivenditori che hanno aderito al progetto si ritiene possano accelerare il processo di diffusione dei meccanismi di sostenibilità in tutta l’Ue, se portati a conoscenza anche di tutti gli altri operatori. In questa logica è nata una piattaforma “multi-stakeholder” per fare conoscere le migliori azioni (“best practices”) attivate in materia di sostenibilità, sul medio-lungo periodo, dal “retail” europeo.

L’adesione al progetto è stata volontaria e aperta a tutte le insegne della gdo europea. In una “matrice dei punti di azione ambientale” sono stati elencati e sinteticamente descritti tutti gli obiettivi perseguiti dalla gdo e volti a migliorare l’impatto dell’attività distributiva sull’ambiente. In complesso, sono stati monitorati 547 impegni a migliorare la sostenibilità (ripartiti tra una trentina di insegne) raggruppati in tre categorie che hanno interessato: il cosa vendere (178); il come vendere (246); il come comunicare (123).

Nella categoria del “cosa vendere” sono stati 110 (il 20% del totale) gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale realizzati con un intervento sull’assortimento (per il resto si è puntato su packaging, efficienza energetica, informazione e logistica) e 28 di essi hanno coinvolto, a vario titolo, le produzioni o gli alimenti biologici. In particolare, alcuni impegni hanno espressamente riguardato l’ampliamento della gamma “food” ai prodotti bio, fino ad arrivare alla promozione delle vendite con sconti sulla frutta biologica (Coop Norway). L’interesse per il biologico proviene da tutte quelle insegne per le quali i requisiti di sostenibilità sono considerati un cambiamento imposto dal mutato ambiente competitivo. Questa circostanza può divenire molto importante per dare impulso alle vendite di prodotti bio presso la gdo italiana. Infatti, nel nostro Paese, il biologico alimentare incide intorno all’1,5-2,5% sul fatturato della gdo e il canale di commercializzazione più importante rimane quello del dettaglio specializzato (27 contro 44% dei consumi nazionali nel 2011).

Nel 2012, il giro d’affari della frutta confezionata presso la gdo era stimabile in circa 45 milioni di euro, l’80% dei quali riconducibile alla frutta fresca e il restante 20% rispettivamente alla IV gamma e alla frutta secca. Nel complesso il giro d’affari della frutta bio ha fatto registrate una crescita del 58% sul canale della gdo.

In tal senso, con riguardo alla sola filiera ortofrutticola, va segnalato il patto siglato a metà del 2012 tra tutti i principali supermercati, società commerciali e organizzazioni non governative dell’Olanda, che si sono impegnati a garantire che il 100% della frutta e verdura fresca nei supermercati olandesi venga prodotta in modo sostenibile entro il 2020 (con l’obiettivo intermedio del 30% entro il 2014 e del 50% entro il 2015). Questa alleanza copre praticamente l’intero settore ortofrutticolo (90% del volume di vendita al dettaglio). Per gli operatori italiani la capacità di capire per tempo come evolve la scala dei valori nel mercato dell’Ue è una necessità per rimanere competitivi.

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