Un materiale sostenibile, realizzato completamente da fonti rinnovabili, riciclabile, smaltibile nel circuito del riciclo della carta. La carta con tecnologia NoW proposta da Inkarta, e sviluppata grazie all’azienda Policarta srl, vuole essere un’alternativa ai packaging in plastica per l’ortofrutta. Permette un raddoppio della shelf-life, blocca l’insorgenza di muffe, è antibatterica e costituisce una barriera naturale all’ossidazione da raggi UV che causa l’inverdimento da solanina delle patate. InKarta, in collaborazione con Policarta, ha reso questo materiale “lavorabile” su tutti gli impianti di confezionamento esistenti. Crescono le aziende ortofrutticole che optano per questo packaging hi-tech ma green, come racconta il ceo Giuseppe Merloni che sentiamo di ritorno da Tel Aviv.
Anche Israele è interessata al prodotto tecnologico di Inkarta?
Israele, Canada, Usa, Australia, anche Nord Africa manifestano interesse. Abbiamo più di un segnale di ricerca di un’alternativa alle plastiche. Il nostro progetto principale rimane europeo ed è completamente made in Italy. Con i nostri partner americani ci stiamo espandendo anche fuori dall’Europa: siamo negli Usa, California, Australia. Abbiamo intenzione di proporre la nostra carta in tutto il mondo, la transizione verso imballaggi sostenibili è globale.
Quali sono le prospettive di crescita?
Crescono le aziende ortofrutticole che utilizzano la nostra carta tecnologica e sposano la transizione ecologica. Da ottobre abbiamo raddoppiato la produzione e andiamo a triplicare entro gennaio. Il business plan fino alla fine del 2023 prevede importanti investimenti: sui macchinari, formazione, controlli, certificazioni, test. L’azienda americana Afc Group crede in questo progetto e ci ha proposto un importante piano di sviluppo della produzione.
Qual è il rapporto con Afc Group?
Siamo una partnership. La produzione di packaging per l’ortofrutta è tutta italiana: avviene in provincia di Viterbo. L’azienda americana che lavora nella produzione di nastri teflonati, materiali ad alta tecnologia per contatto con il calore, forni, cucine industriali e non solo, ha deciso di investire in questo tipo di imballaggio innovativo e detiene il 90% della società produttiva Policarta srl.
Perché è sostenibile questa produzione?
Usiamo carta kraft vergine. Quando il “rifiuto” finisce nel macero delle cartiere, la tecnologia NoW si attiva ripulendo le fibre di cellulosa dai trattamenti, inchiostri, saldanti, trattamenti antiumido, antigermoglio, antimuffe eccetera. Tutto ciò che non è carta rimane nei filtri della cartiera, le fibre di cellulosa sono pulite e di altissima qualità, la carta riesce a rigenerarsi fino a 20-25 volte quando va nel macero. In Italia si ricicla circa l’87% della materia prima immessa, i dati ufficiali parlano di una media di riciclo fino a 7-8 volte.
Come sta andando l’estensione a diversi prodotti ortofrutticoli?
Abbiamo cominciato con i prodotti ortofrutticoli più complicati, patate, carote, ravanelli, che si confezionano lavati, bagnati, umidi: un ambiente difficile. Facciamo un prodotto che si distrugge nell’acqua ma lavoriamo nell’umidità. Ci sono trattamenti che nella lavorazione vanno misurati e controllati e a volte corretti: è una fase complessa. Stiamo utilizzando la carta NoW soprattutto per carote, ravanelli, patate, cipolle, poi legumi secchi, noci. Stiamo facendo innumerevoli test, bietole, peperoni, pomodoro, zucchine, kiwi, fragole, datteri, melanzane, finocchi, sedano.
Quest’ultimo si presta tantissimo a essere confezionato in una busta lunga e abbiamo dei progetti ad hoc. Abbiamo una “ricetta” sui trattamenti per ogni prodotto. Tra i test fatti una novità anche sulle erbe aromatiche con risultati molto promettenti. Siamo stati recentemente in Olanda dove abbiamo fatto un open day da Argos, nostro distributore per il Benelux, e abbiamo trattato prodotti come patate, ravanelli ma anche pomodorini, prodotti in foglia, bietole, indivia. Si deve rispettare la catena del freddo per la logistica: al momento in cui i prodotti arrivano sui banchi sono tra 4 e 8 gradi; di norma, per un breve periodo di 2-3 giorni, non necessitano di banchi frigo.
Non c’è l’idea di testare la quarta gamma?
Con il nostro programma di ricerca al momento abbiamo altri progetti.
Il mercato sembra oggi premiare l’Rpet, come stanno aumentando i costi della carta che è fortemente energivora?
Tutti i polimeri di origine fossile hanno durata di vita molto lunga, non si compostano e ci mettono a rischio da inquinamento da microplastiche. Noi però non siamo contro l’utilizzo della plastica: ben venga l’Rpet se chi lo produce lo fa in modo etico. Gli imballaggi devono essere riciclabili: il 95% degli imballaggi flessibili di ortofrutta sono plastiche 07, accoppiati, laminati, composti da polimeri di diversa fabbricazione che non sono riciclabili. Noi siamo un’alternativa plastic free. Sui costi abbiamo subito un aumento importante della materia prima nell’ultimo anno, ma pare siamo al picco. Dal prossimo anno speriamo nella discesa dei prezzi.
Quale interesse suscita il prodotto nella gdo?
La gdo italiana sembra in attesa di soluzioni analoghe di grosse aziende che peraltro forniscono già imballaggi in plastica. Non è così all’estero, dove lavoriamo con diverse catene e stiamo ricevendo numerose richieste ogni giorno. Fino a poco tempo fa qualche gruppo italiano aveva un occhio di riguardo sul tema della compostabilità, che però non è in economia circolare. Oggi c’è attenzione sull’Rpet che esiste da diversi anni: si tratta di utilizzare una parte pet da riciclo. Con questo materiale il problema rimane l’inquinamento da microplastiche, se finisce nell’ambiente: la carta non ce l’ha.