Baby Rosaria alla ricerca di nuovi sbocchi in Europa

Riflettori puntati su Baby Rosaria, l’Arancia rossa di Sicilia Igp di calibro inferiore alla media ma più succosa, allo stand dell'Op Rosaria a Fruit Logistica

Il presidente di Rosaria, Aurelio Pannitteri

Più buona e più ricca di succo rispetto alle arance di calibro maggiore: Baby Rosaria, l’Arancia rossa di Sicilia Igp, risultato di una stagione che ha prodotto un 40% di arance di calibro inferiore alla media a causa della prolungata siccità, sarà la protagonista dello stand dell’Organizzazione di Produttori (Op) Rosaria (hall 2.2, stand B08) al Fruit Logistica di Berlino, la kermesse internazionale dedicata all’ortofrutta che apre i battenti il prossimo 7 febbraio.

“I mercati esteri, quelli europei e del Nord Europa in particolare, – afferma il presidente dell’Op Rosaria, Aurelio Pannitteri – sono per noi sempre più importanti e Fruit Logistica ci offrirà ancora una volta l’occasione per ritrovare i clienti esteri e incontrarne di nuovi. Trovare spazio di crescita in Italia è sempre più difficile e pertanto la crescita all’estero è un passo obbligato. Baby Rosaria è stata presentata alla Gdo italiana con successo. Il nostro obiettivo è di ripeterci a Berlino, perché, appunto, lo sbocco europeo è diventato essenziale”.

 

Pannitteri, presidente dell’Op Rosaria: “Nessuna protezione dall’Ue per le arance italiane”

Pannitteri plaude all’iniziativa dell’apertura a Roma di un Tavolo Nazionale sugli Agrumi, da lui stesso auspicato e suggerito da tempo, ma contemporaneamente denuncia lo squilibrio del mercato interno a favore della merce di importazione anche quando di qualità decisamente inferiore alla produzione nazionale.

“Siamo fortemente penalizzati – denuncia il presidente di Rosaria – dalla politica europea che favorisce le importazioni di arance d’Oltremare, nel contempo promuovendo l’esportazione in quei mercati di macchinari e tecnologie europee. Nello stesso tempo, a livello nazionale, non esiste alcuna protezione nei nostri confronti. Il risultato di una tale situazione è che le nostre arance, avendo costi all’origine decisamente superiori alle arance estere in ragione del carico fiscale e di altri oneri che, senza eguali in Europa, gravano sui nostri produttori, si presentano sul mercato con prezzi più elevati della merce estera rischiando troppo spesso di essere vendute sottocosto o addirittura di rimanere sugli alberi costringendo le aziende a chiudere”.

La soluzione?  “Occorrono dazi sul prodotto importato – sostiene Pannitteri – che riportino in equilibrio il mercato interno. Se produrre un chilo di arance in Italia ha un determinato costo, il dazio dovrebbe portare il costo per l’esportatore estero allo stesso livello in modo che alla fine, a parità di costi, sia il consumatore a scegliere il prodotto migliore. In caso contrario non c’è partita o si gioca una partita difficile, che mette fuori mercato troppi nostri produttori, in particolare quelli di arance bionde”.

 

L’arancia bionda italiana penalizzata da alti costi di produzione 

“Circa 3 milioni degli abitanti della Sicilia sui 5 milioni totali “- conclude Pannitteri – vivono di agricoltura. Di questi una buona fetta vive o viveva di agrumi. Ora, misure di salvaguardia della produzione agrumicola nazionale porterebbero a un sicuro recupero dei livelli occupazionali. Ma tutelare l’agrumicoltura nazionale  non significa solo valorizzare l’arancia rossa, che è rimasto il nostro vessillo, ma permettere anche un recupero di competitività all’arancia bionda. Solo in tal caso la campagna produttiva, che per la rossa va dai primi di dicembre al massimo alla metà di maggio, si estenderebbe fino a luglio, con risvolti occupazionali e reddituali finalmente positivi”.

 

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