Naturitalia, apriamo più mercati al made in Italy #vocidellortofrutta

Dopo l’accordo con la Cina, nuova destinazione per le pere italiane, una riflessione a tutto campo sulle politiche nazionali ed europee con Augusto Renella, export coordinator marketing R&D manager di Naturitalia, filiale commerciale di Apo Conerpo

Augusto Renella (Naturitalia)
Augusto Renella

La guerra russo-ucraina, le tensioni commerciali tra Cina e Usa hanno effetti anche sul risiko dei mercati export dell’ortofrutta. La buona notizia è, per esempio, l’apertura della Cina, per la prima volta, alle pere italiane. Gli accordi fitosanitari sono oggi una delle chiavi per fare mercato ma pesa la scure dell’Ue sui dimezzamenti di fitofarmaci imposti entro il 2030. Quanto è sostenibile? Sullo sfondo c’è poi l’auspicato sdoganamento delle Tea, oggi vietate perché ritenute Ogm. Dei nuovi scenari parliamo con Augusto Renella, export coordinator marketing R&D manager di Naturitalia, una delle filiali commerciali del gruppo Apo Conerpo, la principale organizzazione di produttori agricoli italiani.

Inquadriamo Naturitalia con qualche numero.

Pera Opera commercializzata da Naturitalia
Pera Opera

Naturitalia vende una parte delle produzioni di Apo Conerpo, sostanzialmente ortofrutta fresca: prevalentemente sul mercato nazionale, circa il 60% del fatturato, e il resto all’estero. Facciamo circa 70 milioni di euro di export sui 210 di Naturitalia come volume delle vendite.

I mercati di riferimento sono quelli europei e presenza con alcuni prodotti in altri mercati come Nordamerica, Sudamerica, Asia. Il paniere di prodotti principali è composto da quelli frutticoli, pesche, nettarine, albicocche, susine, uva da tavola, pere, kiwi. Per la verdura, patate, cipolla, radicchio, carota, insalate, asparagi, un ampio assortimento ma quasi esclusivamente sul mercato nazionale.

Il brand Naturitalia è per l’ortofrutta generale, ma una parte importante è anche per la mdd italiana o estera; poi brand specializzati come Opera per la pera che fa riferimento al Consorzio di cui facciamo parte. Partecipiamo poi al progetto Jingold, del kiwi, verde, giallo e rosso; altri marchi che veicoliamo sono Selenella, Melapiù.

Nel primo trimestre c’è stato un miglioramento dei volumi esportati, non solo a valore. Come vede la situazione per il 2023?

Ci sono più variabili che possono cambiare il risultato: il clima, con eventi estremi, il fattore che negli ultimi anni ci ha più messo in difficoltà. Oggi il maggior elemento di rischio è il calo dei consumi legato all’inflazione. Il nostro mercato di riferimento è l’I’Ue più Svizzera e Norvegia: abbiamo registrato un buon andamento delle vendite nella prima parte dell’anno, notiamo nella seconda qualche segnale di rallentamento. Frenano i consumi. Stessa cosa avviene negli altri Paesi europei per l’ortofrutta.

Come giudica l’accordo bilaterale per esportare pere in Cina?

È un accordo interessante: in questo momento Belgio e Olanda esportano da qualche anno pere in Cina, l’Italia no. Ci sarà da vedere i tempi in cui l’accordo fitosanitario si tradurrà in esportazione. Da anni esportiamo in Cina kiwi con buoni risultati come volumi e valore, l’unico prodotto per cui c’è un accordo fitosanitario. Il kiwi viene, tra l’altro, dalla Cina come frutto. C’è maggiore crescita su quello a polpa gialla perché più dolce e incontra i gusti asiatici. Noi in Italia, nel consorzio Jingold, ne produciamo 20 mila tonnellate.

Quali altri accordi servirebbero?

Kiwi Jingold commercializzato da Naturitalia
Kiwi Jingold

Tra i prossimi auspicati c’è un potenziale di vendita di kiwi in Giappone, oggi vietata, dove c’è alto consumo. Vediamo potenziale per le mele in Sudafrica, in Cina, che ha in corso una guerra commerciale con gli Usa e si potrebbero aprire scenari interessanti per l’Italia. Negli ultimi anni sono stati aperti due mercati per la mela italiana, Thailandia e Vietnam. Nell’area del Far Est abbiamo avviato una collaborazione con Melinda, distribuiamo le loro mele su quei mercati, Taiwan, Hong-Kong, Malesia, Vietnam e Thailandia. Un progetto avviato nel 2020 che sta dando buoni risultati.

L’Ue che fa?

Anche l’Ue ha siglato accordi di libero scambio con alcuni Paesi ma per la regolamentazione su Dop e Igp. L’esportazione è competenza più nazionale: sono ancora i singoli Paesi a muoversi. Questi accordi si inseriscono poi spesso in scenari quadro. I prodotti a vocazione globale del made in Italy ortofrutticolo non sono poi molti: mele, pere, kiwi, susine; e uva da tavola in alcune aree del mondo.

Come si concilia la politica Ue restrittiva sui fitofarmaci e la mancanza di alternative?

La sostenibilità ambientale è prioritaria ma deve essere sostenibile senza compromettere gli equilibri della filiera. Il nostro obiettivo è ridurre la chimica perché è anche un costo ma con attenzione a non creare diseconomie insostenibili. È in corso un cambiamento climatico che richiede sostegni in produzione. Un Paese in un’area del mondo che produca in maniera incontrollata potrebbe avvantaggiarsi di queste restrizioni che colpiscono i Paesi Ue: questo il rischio. L’azione Ue non deve allora limitarsi alle restrizioni, ma anche valorizzare le filiere. Dobbiamo evitare di farci fagocitare da altri competitor.

Con le Tea (Tecniche di evoluzione assistita) si porterebbero nuove varietà sul mercato in tempi minori e con minori costi.

Nettarine brand Naturitalia
Nettarine Naturitalia

Non diamo giudizio ideologico: se la scienza ci dice che sono sicuri per l’uomo e l’ambiente, perché no? Siamo una filiera commerciale, il tema è più sentito su mais, frumento, grano, sulla frutta non è ancora tema forte perché le nuove varietà club che non sono ogm, sono più performanti, migliori dal punto di vista organolettico, gusto, aspetto, produzione per ettari. È vero però che hanno tempi e costi superiori per essere portati sul mercato. Al momento non c’è però ancora sulla frutta un prodotto da Tea forte, magari proveniente da Usa.

Cosa chiede il mercato mondiale a un nuovo prodotto ortofrutticolo?

Estetica, gusto (grado brix, sapore) e sostenibilità (sicuro per ambiente e consumo). Qualsiasi mercato internazionale con questi tre requisiti apre.

L’innovazione potrebbe anche ampliare il mercato della pera che ha un consumatore adulto?

Il carattere distintivo è fondamentale. La pera ha necessità di ampliare il panorama varietale. La pera Abate incontra ancora bene i gusti dei mercati europei, dolce, succosa. C’è bisogno però di altre varietà per intercettare nuovi gruppi di consumatori soprattutto quelli più giovani. Si propongono tante cultivar anche premiate a livello internazionale, molto belle, ma poi conta sul campo quello che si ottiene. Oggi, per esempio, abbiamo visto risultati concreti e importanti sul kiwi giallo, che è una realtà mondiale. Poi qualche mela e uva Club. Conta sempre il conto economico.

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