Racemus: con i rincari l’uva costerà il 40% in più #vocidellortofrutta

Energia e materie prime fanno schizzare i costi della produzione, come racconta la titolare dell’azienda agricola di Rutigliano Teresa Diomede, specializzata nel frutto con semi

Uva da tavola prodotta da Racemus
Uva da tavola Racemus

“Saremo a Berlino a Fruit Logistica. Come soci di Apoc Salerno abbiamo chiesto di partecipare: non incontrare clienti di persona ci sta creando problemi”. Teresa Diomede, titolare dell’azienda agricola Racemus e coordinatrice regionale dell’Associazione Le Donne dell’Ortofrutta, è produttrice di uva da tavola, soprattutto con semi, a Rutigliano, in Puglia. La pandemia, i rincari delle materie prime, i problemi climatici e i patogeni stanno mettendo in difficoltà l’export.

Racemus esporta il 90% della produzione: come è andata la stagione 2021?

Teresa Diomede, titolare di Racemus
Teresa Diomede

Anno difficile dal punto di vista produttivo. C’è stata tanta merce di buona qualità che non siamo però riusciti a posizionare sui mercati. I consumi sono stati molto rallentati, specialmente per le uve con semi, purtroppo. Noi ci puntiamo su questa caratteristica: è un segno distintivo che vogliamo mantenere. C’è una tendenza seedless, ma io voglio pensare che il calo di richiesta sia  dovuto all’effetto della pandemia.

All’estero dove arrivate?

Produciamo  quasi un milione di chili di uva. La principale varietà è l’Italia, con semi. Vendiamo in primis in Europa: Spagna, poi Portogallo, Germania, Polonia e Repubblica Ceca. Quando abbiamo una buonissima produzione e di quantità facciamo container per Paesi extraeuropei: Madagascar, Nord Africa, Emirati Arabi Uniti. Distribuiamo su piattaforme che poi smistano a diversi canali. In Italia commercializziamo melagrane: l’uva pochissimo, però  quest’anno abbiamo avuto richieste e dobbiamo pensarci bene. Ho sempre considerato l’Italia un mercato troppo inflazionato e molto esigente. Ho dato qualche pedana di prova, quest’anno qualcosa arriverà anche in Italia.

Ci sono state difficoltà di export anche in Spagna?

Uva da tavola prodotta da Racemus
Uva da tavola Racemus

La Spagna è grandissima produttrice di uve senza semi: Aledo, però, la loro varietà principale, è con semi ed è consumata soprattutto nel periodo natalizio. Non si sognano minimamente di cambiarla con l’uva seedless in quel periodo. Ma anche lì, come in Portogallo, Repubblica Ceca, Polonia abbiamo avuto problemi. È andata meglio in Germania dove abbiamo esportato principalmente uve senza semi.

Quali fattori possono avere concorso?

Per le uve con semi abbiamo una finestra di commercializzazione che va da agosto a dicembre, ma quella importante è da ottobre a metà novembre. Mentre stavamo vendendo qualcosa in più con le uve tardive (Rutigliano ne è la roccaforte), abbiamo avuto una nebbia che in due notti ha stroncato la produzione. L’umidità ha portato marciumi e la Botrytis cinerea, che non siamo riusciti a fermare con nessuna tecnica.

Quanto avete perso?

Un terzo della produzione, che è andata alla trasformazione (estrazione succhi) a un prezzo di niente, tra 8 e 12 centesimi, quando l’uva mediamente va da 1,20 euro a salire.

Che soluzioni tecniche e agronomiche adottate?

Usiamo lotta integrata e coperture per difenderci da pioggia e grandine, facciamo gestione delle foglie, teniamo il terreno drenato. Ma quando arriva la nebbia non c’è soluzione. I grappoli hanno bisogno dell’aria che li tenga asciutti.

A che punto è l’innovazione varietale per contrastare patogeni e clima?

Si stanno cercando varietà più resilienti, buccia più spessa contro botrite e altri patogeni. Spero che in futuro arrivino sul mercato varietà più resistenti e che si possano proteggere le coltivazioni con soluzioni naturali. Si stanno facendo studi, ma non so quando avremo i risultati sperati per il settore.

Si parla molto anche di biostimolanti, anche a Macfrut.

Anche nel nostro territorio se ne parla. Penso che possano aiutare, potenziano il sistema immunitario della pianta. Noi, per esempio, già da 7 anni usiamo ammendanti vegetali che provengono dalla trasformazione della frazione organica dei rifiuti cittadini. Viene sparsa sui terreni per fortificare la pianta.

Come vede il rialzo dei costi su materie prime, energia e logistica?

Racemus, trasporto uva da tavola
Racemus, logistica

La vedo male. C’è un clima di incertezza sui numeri degli aumenti che coinvolgono concimi, energia, materie plastiche. Già lo scorso anno abbiamo avuto un incremento del 15% su tutto. A novembre chi ci forniva l’energia ci ha avvertito di aumenti del 45-60%: siamo aziende energivore. La mia azienda per funzionare ha bisogno di 12 pozzi artesiani, alcuni di proprietà, altri in comunione. Il costo dell’acqua ha cominciato a essere pesante già dallo scorso anno. A gennaio, ferro filato, film plastico, tutto è salito, intorno al 30%. E non sappiamo se i numeri si stabilizzeranno, scenderanno o saliranno ancora.

A quanto dovrete vendere l’uva?

Anche facendo il food cost, già oggi abbiamo un prezzo di vendita troppo alto: dovremmo aumentarlo minimo del 30-40%. Bisognerà poi vedere al momento della raccolta, ad agosto, come impatteranno i costi dei trasporti, logistica, packaging. Questi aumenti sono solo lato produttivo: altre sorprese sicuramente le troveremo per la commercializzione. Quest’anno dobbiamo stare attenti anche al packaging: non può costare più della produzione.

Come Donne dell’ortofrutta cosa state facendo?

Siamo più di 130, condividiamo che è un problema unanime. Dobbiamo innanzitutto fare in modo che il consumatore capisca che se ci saranno aumenti non dipende da noi: nessuno ha voluto speculare sulla pandemia, cerchiamo solo di resistere.

Un rapporto di Mediobanca prevede una grossa crescita della nutracetica: voi avete realizzato il progetto Semi d’uva per valorizzarne i polifenoli, contenuti nei semi e nella buccia.

Sì, continua con altre scuole del territorio che vogliono entrare nel progetto che promuoviamo. E va avanti la collaborazione con l’Ospedale Oncologico Giovanni Paolo II di Bari gli altri partner, che ci aiutano nella ricerca. Ha carattere divulgativo. Altre aziende più strutturate già scrivono sul packaging i valori nutraceutici.

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