Nasce Farming Future: “L’agritech ultima chiamata per lo sviluppo” #vocidellortofrutta

Luigi Galimberti, già ceo di Sfera Agricola e founder di ToSeed, racconta gli obiettivi del neonato Polo nazionale di trasferimento tecnologico promosso con Cdp Venture Capital: un investimento da 20 milioni di euro

Luigi Galimberti, founder di ToSeed e già ceo di Sfera Agricola
Luigi Galimberti, founder di ToSeed e già ad di Sfera Agricola

Porre l’innovazione agritech al centro per la crescita. Con questo obiettivo è nato Farming Future, il Polo nazionale di trasferimento tecnologico. A promuoverlo Cdp Venture Capital con l’azienda ToSeed & Partners fondata da Luigi Galimberti, già ceo di Sfera Agricola.  Un investimento da 20 milioni di euro, che mira a promuovere lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie innovative lungo l’intera filiera agroalimentare e a far dialogare, università, startup e attori dell’industria agricola e hi-tech. Diversi gli atenei che collaboreranno al progetto: l’Università Federico II di Napoli, Padova, Torino, Milano, Siena, l’Università della Tuscia e quella di Bari.

Il Polo si concentrerà, in particolare, sulle biotecnologie verdi, bioenergia e biomateriali, robotica, nuovi metodi di agricoltura, novel food. Ma anche food safety e tracciabilità, supply chain e logistica, tecnologie di processing e packaging, autonomous vehicle delivery e shelf-stacking robots.  Abbiamo chiesto a Luigi Galimberti, founder di ToSeed e partner del progetto, di spiegarci strategie e obiettivi. Galimberti si occuperà, in particolare, dello scouting, della due diligence e dell’esecuzione degli investimenti, oltre a monitorare costantemente i progressi del portafoglio.

L’agritech continua a essere un filo rosso.

A Grosseto nel 2010 ho fondato, insieme ad altri, BeeCo Farm, la fattoria delle api che collaborano. L’idea era creare un’ecosistema, un network, diventato poi un luogo che dava vita a startup. In quegli anni l’agritech non raccoglieva come oggi miliardi di investimenti: al tempo era una speranza: qualcuno ci prendeva in giro, dicendoci che non si potevano creare startup in agricoltura. Nel 2015 ho fondato Sfera Agricola che ha raccolto 24 milioni di euro e oggi procede da sé. Ho gestito la serra fuori suolo per cinque anni e oggi ho deciso di fare altro, perché il mio lavoro è costruire aziende, non fare pomodori. Ho pertanto continuato a costituire startup, Agritettura, Hortomio, Deeply Agrifood. Il mio obiettivo è farle nascere partendo da opportunità. Il modello è la Silicon Valley che ha creato il substrato, la cultura, oltre a disporre di mezzi.

Come nasce il Farming Future?

Dop aver fondato ToSeed, una venture builder basata a Grosseto per trasformare il potenziale della migliore ricerca italiana in innovazione nel settore agritech, lo scorso anno Cassa Depositi e Prestiti mi ha contattato per il progetto dei Poli nazionali di trasferimento tecnologico che stava facendo partire. Sono cinque assi finanziati dal fondo Tecnhology Transfer da 285 milioni di euro: Galaxia, per il settore aeorospazio, Extend per il biofarmaceutico, Tech4pplanet dedicato alla sostenibilità ambientale, Roboit per la robotica e Farming future per l’agrifood tech.

Qual è l’obiettivo?

Trasformare la migliore ricerca italiana delle università in innovazione, finanziando i ricercatori nella costruzione di potenziali startup o brevetti.  Si costruiscono aziende partendo dalla ricerca che si fa nelle università. Andremo lì, non solo nelle facoltà di Agraria, cercando di trasformare l’innovazione in prodotti o in aziende che vadano sul mercato. Facciamo da incubatori a startup.  Farming Future ha due programmi: uno di incubazione e uno di business creation.

Quanto verrà investito?

Farming Future investirà circa 20 milioni di euro nei prossimi tre anni: finanzieremo 25-30 Proof-of-Concept alle università, progetti da 150 a 200 mila euro.  E costituiremo 8-10 startup oltre a sostenere quelle già costituite che vogliono crescere. Come ToSeed abbiamo messo parte dei fondi, siamo il socio imprenditoriale che gestisce l’attività di scala e sono uno dei tre amministratori di Farming future: mi occupo della parte di scouting e i programmi di accompagnamento alla crescita delle startup. Per i prossimi tre anni ToSeed sarà concentrata su Farming future, in futuro vedremo. Ci sono con me alcuni soci storici come Giovanni Ferri, altri partner, amici che ho raccolto in 29 anni di attività imprenditoriale, manager, ricercatori, imprenditori di tutti i domini, esperti di cybersecurity, tecnologi, genetisti che condividono la stessa visione.

Su quali tipi di progetti vi concentrerete per l’ortofrutta?

La filiera è tutto, partiamo dal campo al consumatore. Guardiamo a progetti che si prefiggono di sviluppare molecole biologiche, naturali, in alternativa agli agrofarmaci, per l’arricchimento dei terreni, attraverso nuovi microorganismi; nuove varietà genetiche di piante resistenti a patogeni e cambiamenti climatici e stiamo seguendo anche ricerche promettenti sulle Tea. Poi i macchinari digitali per la lavorazione e raccolta: c’è molta automazione ed elettronica; la parte di sensoristica, non solo per i campi ma anche per gli allevamenti, per migliorare il benessere animale, ridurre l’impronta carbonica e dell’acqua. E nuovi prodotti, tecnologie per l’estrazione per prodotti funzionali. Poi tutta la parte di recupero di sostanze nutrizionali dallo spreco, come i polifenoli nelle acque di vegetazioni dell’olio. Uno degli aspetti è anche il vertical farming: ci concentriamo su progetti interessanti e speriamo di trovare quelli innovativi per accompagnarli a mercato. Metteremo in piedi sistemi ipertecnologici.

Tra i promotori scientifici di Farming Future ci sono diverse università.  

Se ne stanno aggiungendo altre, come altri partner industriali: parteciperanno grandi aziende della filiera che fanno tecnologia, per esempio, sull’irrigazione, meccanizzazione. Mi piacerebbe avere un partner tecnologico su ogni filiera, frutta, latte, eccetera, che investano con noi. E che funzionino da validatori.

Qual è il salto da fare?

L’agritech è l’ultima occasione come Paese, serve fare sistema. Abbiamo risorse dedicate, abbiamo individuato una serie di progetti con orizzonte corto. Prima di produrre di più e consumare ettari, occorre concentraci sul fare meglio quello che già facciamo: c’è tanto spazio nell’efficientamento che dobbiamo sfruttare con la tecnologia, c’è tanto spreco in ortofrutta. La vera innovazione paradossalmente oggi non è tecnologica, serve tanta responsabilità e cultura.

Dalle università portiamo le innovazioni dentro alle aziende, questo farà fare un passo in avanti a tutto il comparto. Gran parte delle attività saranno svolte a Grosseto, ma poi conta il lavoro nelle università e nelle aziende: siamo al loro servizio.

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