A rischio la leadership europea nell’innovazione varietale

A rischio la leadership europea nell’innovazione varietale. È la denuncia che arriva dall’Esa, l’associazione sementiera europea, che lo scorso, 24 gennaio ha presentato un documento strategico dal titolo “Diamo voce alle sementi” con cui richiama all’appello le istituzioni comunitarie perché si investa di più sulla ricerca per potere far fronte alle nuove sfide dell’agricoltura di domani: riduzione dei terreni coltivabili, cambiamenti climatici e modifica dei consumi.

La situazione Ue. “Il rischio se non interveniamo – ha affermato l’europarlamentare svedese Marit Paulsen, relatrice del rapporto sulla selezione vegetale e sulle opzioni a disposizione per incrementare la qualità e la capacità produttiva delle colture nell’UE, adottato dal Parlamento Europeo nel gennaio 2014 – è che questo settore si delocalizzi progressivamente in altre parti del mondo come gli Stati Uniti, in particolare, indebolendo la capacità dei paesi europei di competere e difendere le proprie diversità colturali».

Il documento prende le mosse dal rapporto Paulsen, che presenta una serie di proposte per consentire all’Europa di non perdere ulteriore spazio nel campo della ricerca varietale, e intende anche stimolare il dibattito dopo lo stop subito di recente dalla proposta per un nuovo regolamento sulle sementi.

Le richieste del mercato. «Le domande del mercato oggi – spiega Alberto Lipparini, responsabile del settore orticolo di Assosementi, l’associazione sementiera italiana – per le nuove varietà riguardano prodotti più resistenti ai patogeni, che si adattino ai cambiamenti climatici e che allo stesso tempo abbiano aspetto e sapore sempre migliori».

L’attacco di parassiti e funghi, in particolare, è un fattore che può influenzare significativamente la campagna commerciale. Piccoli cali di produzione possono mettere in crisi interi comparti con ricadute negative sulle aziende produttive. In particolare in Italia è importante sviluppare varietà capaci di adattarsi ad ambienti particolari come quelli litoranei, molto comuni nella nostra penisola, caratterizzati da un’elevata salinità del terreno che garantisce lo sviluppo di piante di qualità migliore creando delle eccellenze territoriali come ad esempio i pomodori pachino di Sicilia o le cipolle di Tropea in Calabria.

Nuove varietà. Meno sentita, per il settore orticolo, l’esigenza di sviluppare varietà resistenti ai cambiamenti climatici dal momento che le colture sono spesso protette (serre o tunnel) ed i tempi di permanenza in campo sono molto brevi.

«Nuovi input derivano – precisa Lipparini – dalla necessità degli esportatori di avere varietà conservabili e trasportabili anche sulle lunghe percorrenze con resistenze genetiche e maggiori valori nutrizionali».

La ricerca varietale in Italia può essere guardata da due punti di vista: quello della grande multinazionale e quello della piccola azienda artigianale.

Le multinazionali. Nel primo caso, nei laboratori della Clause Italia spa, multinazionale sementiera francese, ad esempio, la ricerca condotta su una decina di specie per l’orticoltura, tra cui la principale è il pomodoro, si punta a sviluppare delle resistenze genetiche e ad incrementare la produttività.

«Le aziende produttive- spiega Mauro Gallerani responsabile della ricerca di Clause Italia – spingono verso varietà che consentano di ridurre gli investimenti ed il costo della coltivazione e della manodopera. Allo stesso tempo occorre che le nuove specie siano resistenti ai cambiamenti climatici e conservabili facilmente e a lungo di modo da garantire gli standard di qualità richiesta dal momento della raccolta fino al consumo».

Le piccole aziende. Per contro, sul fronte delle piccole aziende sementiere, come la Isi Italia che pure investe in ricerca e sviluppo l’11% del fatturato, si registra un maggiore interesse a sviluppare novità varietali caratterizzate, sì, da una più spiccata resistenza ai patogeni ma soprattutto che restituiscano al consumatore le qualità proprie dell’eccellenza made in Italy.

«La questione dell’italianità è molto importante – chiarisce Angelo Boni, direttore ricerca di Isi sementi – Ce ne siamo resi conto nell’ultimo anno e mezzo. I produttori italiani pretendono da noi un plus in termini di gusto di sapore e anche la riscoperta delle vecchie varietà come nel caso del pomodorino di Torre Guaceto che è l’ultimissimo su cui stiamo lavorando».

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