Migranti, L’Abbate: “Regolarizzare i lavoratori agricoli”

Per il sottosegretario alle Politiche agricole una sanatoria tout court creerebbe storture sul mercato del lavoro a danno dei lavoratori regolari

Dare l’opportunità a chi è entrato in maniera regolare in Italia in passato, per prestare la propria opera in agricoltura, e che si trova ora ai margini della società, magari lavorando in nero. È su questo che la regolarizzazione dei migranti deve concentrarsi senza sconfinare in sanatorie che nulla hanno a che vedere con la problematica che stiamo vivendo in questo momento. E’ l’opinione del sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L’Abbate, che spiega: “È bene ricordare che il punto di partenza della discussione sono i circa 300mila lavoratori stagionali stranieri che ogni anno, per la maggior parte da Paesi comunitari, giungono in Italia e che oggi sono impossibilitati a causa della pandemia in corso, nonostante i cosiddetti corridoi verdi promossi dall’Ue su cui potremmo lavorare ulteriormente. Accanto al lancio della piattaforma digitale istituzionale per l’incontro tra domanda e offerta in agricoltura, realizzata dall’Anpal, risulta necessario pertanto coinvolgere i braccianti che non arrivano alle 51 giornate presenti nei database Inps, i percettori di sussidi dallo Stato Italiano e quei migranti che, oggi come in passato, lavorano nel comparto agricolo, permettendo a loro e solo a loro di ottenere una estensione del permesso di soggiorno scaduto, come del resto già concettualmente permette il Decreto Sicurezza in caso di impossibilità nel ritorno al proprio Paese d’origine”.

Insomma, una sanatoria tout court “creerebbe storture sul mercato del lavoro a totale danno dei lavoratori attualmente regolari, come sostenuto dai sindacati, e diverrebbe un incredibile scudo alle malefatte che rappresenterebbe un vero e proprio schiaffo agli imprenditori agricoli onesti che, fortunatamente, sono la maggior parte nel nostro Paese. Qui parliamo, invece, di circa 50mila persone, già schedate e note allo Stato e che le stesse imprese agricole conoscono”, conclude L’Abbate.

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