Comunicare l’ortofrutta è premiante solo se fatto bene

comunicare ortofrutta

Che Frutta e verdura facciano bene e che siano un alimento indispensabile per una dieta sana è ormai di dominio pubblico. Ma come informare il consumatore finale, come permettergli di orientarsi in modo chiaro nella scelta dei prodotti, quali privilegiare e perché? Questo è stato il focus al centro del webinar a cui ha partecipato Cristina Lazzati, direttrice di Gdoweek, Mark Up, Fresh Point Magazine e Cucina Naturale, ospite di Ivano Valmori, ceo di Image Line e tellyFood.

“Non è un caso che l’ortofrutta sia quasi sempre in apertura dello store -dice Cristina Lazzati-: è come un grande mazzo di fiori che accoglie in una casa, trasmette colori, odori, sensazioni piacevoli che circondano il consumatore di positività ed energia, che vanno assolutamente valorizzate”.

Le informazioni in etichetta sono fondamentali

È chiaro che in Italia questa non è una difficoltà, anzi. La nostra nazione ha una ricchezza straordinaria di prodotti, di varietà, segue una stagionalità precisa, può soddisfare le richieste del cliente più esigente, che va non solo accolto con allegria, ma anche e soprattutto informato in maniera esaustiva. Importantissimo, per esempio, essere chiari su provenienza, qualità e prezzo. “Se ho due arance uguali -sottolinea Cristina Lazzati- devo sapere perché una costa di più dell’altra”.  Ecco allora che un’etichetta che riporti origine, azienda, storia è fondamentale.

Spesso il consumatore va alla ricerca di un prodotto specifico, che ha assaggiato una volta e non è mai più riuscito a ritrovare, magari una primizia o una qualità rara di ortaggio o frutta. Diventa ancora più necessario, in questo caso, specificare nome esatto, provenienza, azienda, filiera, origine,  per far tornare il cliente che vuole concedersi una “coccola”, apprezzata e gustata con piacere, magari anche se con piccolo costo in più. Risultato? La strategia di comunicazione corretta ed esaustiva premia, ed è necessario utilizzarla al meglio: è un’opportunità per tutti, che non va sottovalutata, né rimandata.

Mangiare sano fa la differenza, la lezione dalla pandemia

“Soprattutto in questo momento dove abbiamo imparato che la salute è importantissima, e che mangiare sano fa la differenza” continua Lazzati. È dunque fondamentale raccontare perché e come quel prodotto è sostenibile, e in che modo la sua produzione non ha arrecato danni all’ambiente. Anche il packaging diventa quindi un fattore di comunicazione imprescindibile: dovrebbe essere riciclabile, riciclato ed ecologico (per esempio retine di agrumi realizzate con plastica totalmente riciclata e riciclabile o vaschette di cartone). Tutte queste informazioni, utili e necessarie, possono essere raccontate, ad esempio, da cartelli sopra i prodotti: chiari, leggibili, semplici, che valorizzino l’ortofrutta e diano un contributo efficace all’acquisto, rendendo un vero piacere fare la spesa, sempre con un occhio di riguardo all’ambiente.

“Del resto il cibo è stato il nostro vero bene rifugio in questi ultimi anni di pandemia. Ha dato un notevole contributo anche al ritrovarsi della famiglia a tavola, come non succedeva da anni”. E non solo. Infatti il nostro cibo può essere addirittura utile alla salute collettiva, prova ne siano le promozioni con enti specifici che donino parte del ricavato ad istituzioni da hoc, parliamo per esempio dei limoni di Citrus per la ricerca sul cancro o di Coop Lombardia che propone le retine riutilizzabili in collaborazione con Legambiente. E ancora: molti store hanno deciso di mettere in vendita prodotti “brutti, ma buoni” ovvero frutta e verdura che non hanno un aspetto estetico perfetto, accattivante, ma che per gusto e qualità non hanno nulla da invidiare a quella più bella. Questo consente un risparmio al consumatore finale che ha anche dimostrato di apprezzare che lo sforzo dei coltivatori non va sprecato, e che anche il prodotto non eccellente dal punto di vista estetico, non vada al macero.

 

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