Frutta in guscio in Italia, come valorizzarla e difenderla dalle importazioni

Dal Macfrut semaforo verde per la campagna Ismea sulla frutta in guscio, ma esiste un deficit nella produzione nazionale che spalanca le porte alle importazioni dall'estero

Frutta in guscio Italia

Le filiere italiane della frutta in guscio si sono riunite in un tavolo di lavoro alla recente edizione di Macfrut 2023. Un’occasione per fare il punto su un settore che conta numeri importanti e potenzialità in crescita, specie in alcuni territori, nonché un aumento nelle preferenze dei consumatori, grazie alle riconosciute proprietà benefiche associate al consumo dei prodotti.

In Italia, la coltivazione di noci, nocciole, mandorle, castagne, pistacchi e carrube interessa una superficie di circa 180 mila ettari. La produzione media degli ultimi anni ammonta a circa 220 mila tonnellate ma i quantitativi raccolti oscillano fortemente a causa dell’impatto del clima sulle rese produttive.

Frutta in guscio, la campagna di Ismea e Masaf per valorizzarla

Nocciole, noci, castagne, mandorle, pistacchi, carrube, prodotti a cui sono associati importanti territori e denominazioni d’origine riconosciute dall’Unione Europea. Con il payoff “Dentro c’è l’Italia” e una creatività che ben esalta lo stretto binomio prodotto-territorio di origine prende avvio, proprio alla manifestazione di Rimini, la campagna di promozione sulla frutta in guscio finanziata dal ministero dell’Agricoltura della Sovranità Alimentare e delle Foreste e realizzata da Ismea.frutta in guscioPromozione e valorizzazione delle filiere

La campagna di promozione e informazione targata Masaf-Ismea parte dall’esigenza di fare sistema tra le piccole realtà che contraddistinguono il settore, aiutandone la conoscenza e moltiplicando le occasioni di aggregazione tra gli operatori della filiera. Lo scopo è la valorizzazione di produzioni che si distinguono lungo tutta la penisola, spesso poco conosciute dal consumatore.

“Abbiamo tentato di aggregare tutte le realtà associative, dalle più piccole alle più grandi, per contrastare l’importazione del prodotto dall’estero a prezzi inferiori rispetto al prodotto nazionale, ma meno sicuro dal punto di vista igienico sanitario” ci racconta Corrado Bellia, direttore del Consorzio Mandorla di Avola e membro del Coordinamento nazionale della frutta in guscio.

Una politica di rilancio che passa anche attraverso il racconto dei territori di origine, delle caratteristiche identitarie e distintive dei prodotti e dell’impegno verso la sostenibilità ambientale e sociale dei produttori. Tra le iniziative che l’Ismea metterà in campo, la realizzazione di uno specifico osservatorio statistico-economico, l’organizzazione di incontri di networking tra gli operatori, la partecipazione unitaria e organizzata alle principali fiere nazionali e alle manifestazioni di interesse, l’organizzazione di attività collaterali come degustazioni, cooking show, incontri B2B e la realizzazione di una campagna social rivolta ai consumatori, con la partecipazione di influencer nell’ambito food, benessere, lifestyle e sport.

3 milioni di euro di investimenti previsti

Tra il 2021 e 2022 sono stati già stanziati complessivamente tre milioni di euro per la frutta in guscio italiana. In particolare, 1,7 milioni saranno destinati alla ricerca, affidata al Crea. Si inizierà con il progetto “Valore in campo”, che si propone di effettuare ricerca e studi a 360 gradi su tutte le filiere”.

Ignazio Vassallo, portavoce del Coordinamento nazionale della frutta in guscio, racconta che “Un milione e 300 mila euro sono stati invece affidati all’Ismea, per la promozione e il marketing. L’obiettivo è di rilanciare il consumo della frutta in guscio nazionale, evidenziandone le differenze con quella di importazione sia dal punto di vista salutistico che nutrizionale. Per il 2023 si attendono inoltre altri fondi dal Masaf” conclude Vassallo. 

Filiere legate al territorio d’origine

Forte il legame della produzione con il territorio, come la produzione di nocciole in Campania, Lazio e Piemonte, quella di mandorle in Puglia e Sicilia, quella di pistacchio in alcune aree specifiche della Sicilia (Bronte e Raffadali). Per noci e castagne gli areali di maggiore produzione vanno dal sud al nord del paese.

Lo stretto legame con il territorio ha portato al riconoscimento di diversi marchi a indicazione geografica (Dop e Igp) ma il successo economico è ancora limitato a causa dei limiti insiti nella struttura stessa della filiera. Il principale utilizzo della frutta in guscio –in particolare nocciole, mandorle e pistacchi– riguarda l’industria dolciaria e agroalimentare in genere; mentre per castagne e noci si ha una prevalenza del consumo tal quale.

Per loro stessa natura, i prodotti del comparto intercettano naturalmente la crescente domanda di alimenti salutari ad elevato contenuto nutrizionale facendo registrare una tendenza di crescita negli acquisti.

Il prodotto nazionale è minacciato dalle importazioni

Per tutti i prodotti si registra un deficit della produzione nazionale rispetto al fabbisogno interno e ciò spiana la strada all’importazione. Per questo sui banchi di vendita troviamo nocciole turche, cilene, georgiane e azere, pistacchi dagli Usa e Iran, mandorle da Usa e Spagna, noci da Spagna e Usa e castagne da Turchia, Portogallo e Spagna.

Tutto ciò si traduce in importazioni per circa 1,4 miliardi di euro all’anno e un pesante passivo della bilancia commerciale dell’Italia che ammonta a circa 700 milioni di euro. Il potenziale produttivo dell’Italia c’è pur tenendo presenti i limiti determinati dalle caratteristiche pedoclimatiche dei nostri territori che non sempre si adattano alle diverse specie. Allo stesso tempo è necessario non sottovalutare la minaccia insita in un mercato internazionale gestito da grandi player in grado di influenzare il livello del prezzo mondiale.

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