La crisi energetica manda a picco l’export dell’ortofrutta

Nei primi 6 mesi del 2022 le esportazioni calano del 3,8% in valore e del 6,8% in volumi; il saldo commerciale registra un -81,9%. Salvi (Fruitimprese): “Impossibile far fronte ad aumenti del 300% dell’energia”

Marco Salvi, alla guida di Fruitimprese
Il presidente di Fruitimprese Marco Salvi

La crisi energetica affossa l’export ortofrutticolo: nei primi 6 mesi del 2022 le esportazioni calano del 3,8% in valore e del 6,8% in volumi, secondo l’elaborazione di Fruitimprese su dati Istat. “Il  nostro Paese rischia di perdere il primato nella produzione e nell’export di molti prodotti” denuncia il presidente Marco Salvi.

Il 2021 era stato l’anno record dell’export

I dati del semestre su import/export di ortofrutta
I dati del semestre su import/export

Le quantità importate (oltre 2 milioni di tons) superano ampiamente l’export (1,7 milioni tons). E il saldo commerciale subisce addirittura un tracollo: da 635 milioni € dei primi 6 mesi del 2021 a 115 milioni € del primo semestre 2022 (-81,9%).

II dati stridono con quelli del 2021, anno record per le esportazioni italiane di ortofrutta con un valore superiore ai 5,2 miliardi di euro (+8,3% sull’anno precedente) e un saldo della bilancia commerciale di oltre 1 miliardo €.

Tonfo per le esportazioni di pere, crescono le importazioni di pomodoro

I prodotti ortofrutticoli più esportati e importati
I prodotti più esportati e importati

Segni negativi un po’ per tutti i comparti, con particolare riferimento a frutta secca (-27,5%), frutta fresca (-7,68%) e agli agrumi (-15,2%).Tra i principali prodotti del nostro export in caduta libera le pere (-60,5% in valore) mentre mele e kiwi si confermano i prodotti più esportati con circa 500 milioni € le mele e 283,5 milioni € i kiwi

In forte crescita le importazioni con incrementi a valore quasi tutti a doppia cifra: agrumi (+38,6%), legumi-ortaggi (+32,8%), frutta fresca (+9,5%), frutta secca (+25%). I prodotti più importati per volumi sono banane, ananas e avocado mentre i pomodori diventano il secondo prodotto più importato (dopo le banane) per  valore, circa 97 milioni € e una crescita che sfiora l’80%.

Serve una presa di coscienza della gdo, l’Ue segue un’ideologia

Secondo Fruitimprese la situazione è divenuta insostenibile e “senza una presa di coscienza da parte di chi i prezzi li stabilisce (nonostante la recente normativa sulle pratiche sleali), porterà a un drammatico ridimensionamento del settore con cadute pesantissime in termini di posti di lavoro nel settore ortofrutticolo e nel suo importante indotto”.

“I produttori e le aziende agricole e commerciali, che finora hanno garantito le forniture dei prodotti  ortofrutticoli freschi e trasformati –sottolinea Salvi– non possono più far fronte da soli agli aumenti del 300% dell’energia, del 100% dei trasporti internazionali, dal 30 al 70% dei prodotti per il confezionamento. È necessario che la distribuzione nazionale ed estera abbandoni il ruolo di paladini dei consumatori, che spetta invece alle istituzioni”. Una stoccata anche alle politiche del Green Deal europeo, fortemente orientato sul bio, che chiede il dimezzamento dei pesticidi e forte riduzione di fertilizzanti. “Con la proposta di regolamento sulla riduzione dei prodotti fitosanitari, si mostra decisa e inflessibile e in nome di una discutibile ideologia rischia di decimare le produzioni agricole italiane ed europee”.

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