Israele apre all’import di pomodori e cetrioli

Per impedire che i prezzi di pomodori e cetrioli subiscano la consueta impennata annuale a ridosso delle festività Yom Kippur e Succot (capodanno ebraico in programma per fine settembre) che per quest’anno è stimata intorno al +75%, Israele apre all’import rivolgendosi agli esportatori di tutto il mondo.

Il provvedimento. La decisione del ministero dell’agricoltura di Tel Aviv è stata resa nota ieri con il via libera all’importazione franco-dogana non solo di pomodori e cetrioli ma anche uova e carne provenienti da tutto il mondo. Obiettivo: garantire al consumatore israeliano un’offerta di verdura fresca, di buona qualità e ad un prezzo ragionevole.

Foto di Kibbuz dall'alto

«Al momento – spiega Clelia di Consiglio, segretario generale della Camera di commercio e Industria Israele-Italia, con sede a Tel Aviv – il pomodoro si compra a circa un euro al chilo ma sono attesi rincari di almeno altri 70 centesimi sul prezzo tenendo anche presente la minore forza dell’euro rispetto allo shekel che avvantaggerebbe gli esportatori. In moneta locale il prezzo potrebbe al chilo potrebbe arrivare anche a 5 shekel sotto le festività. La finestra aperta dal governo per il momento non ha una data di scadenza ma è certo che si protrarrà almeno fino alla metà di ottobre. Le aziende italiane sono favorite anche grazie all’approccio ongoing nei rapporti con Israele ribadito anche dal premier Renzi nel corso della visita ufficiale a Tel Aviv durante quest’estate».

Le opportunità. Si tratta di una window opportunity che per i produttori italiani potrebbe rappresentare una buona valvola di sfogo se si considera anche l’andamento infausto di questa campagna estiva caratterizzata da temperature torride che, specie al sud, hanno anticipato la raccolta concentrandola tutta nella prima parte della campagna e innescando una forte spinta al ribasso dei prezzi.

«Adesso che siamo a fine stagione – spiega Salvo leone, presidente di Fedagri Sicilia oltre che direttore del consorzio Naturalmente siciliano che raccoglie 11 cooperative che hanno come core business la produzione e l’export di pomodoro – le cose stanno andando un po’ meglio perché c’è meno pomodoro sul mercato e quindi i prezzi stanno iniziando a salire. Ma proprio perché c’è poco pomodoro in giro non penso che potremo rispondere a questa call internazionale perché significherebbe mancare agli accordi con le catene della gdo nazionale. Quello che potremo fare e inviare piccoli quantitativi di test del mercato anche perché si tratta di una piazza dove normalmente non si esporta pomodoro dato che gli israeliani sono essi stessi produttori».

Le considerazioni. Ma non tutti sono dello stesso avviso. L’Op sempre siciliana Valleverde, ad esempio, accoglie questa notizia con interesse ancorché con prudenza. «Non è ancora chiaro – precisa il presidente Carmelo Firrincieli – che si possa trattare di una vera opportunità per le nostre aziende. Ce lo dirà il mercato. Certo è che se dovessimo decidere di esportare verso Israele siamo pronti ad organizzarci anche con altri produttori anche della pianura padana con la quale collaboriamo abitualmente per ovviare ad una eventuale carenza di prodotto nostrano».

Come fare. A sostegno delle aziende che vogliono rispondere a questa sorta di call internazionale, la camera di Commercio Israele-Italia (www.italia-israel.com) mette a disposizione una serie di servizi quali traduzioni, meeting b2b, consulenza e attività di matching.

«Se il tempo tiene – spiega Ferdinando del Balzo, presidente e amministratore di Mediterranea Italia, azienda esportatrice di pomodoro e olio di oliva con sede a Roma – possiamo pensare di raccogliere ancora pomodoro ma in caso mancasse possiamo anche considerare di comprarlo da fuori ad esempio dalla Grecia oppure dal Sud-America. Isreale per noi sarebbe una nuova meta perché abitualmente esportiamo verso gli Usa e verso il Canada ma siamo pronti a partire già da domani con 50 container che equivale a circa mille tonnellate. Ci stiamo già attrezzando per prendere contatti di modo per accordarci sulle condizioni di trasporto».

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