Cibus lancia la sfida alle altre fiere dell’ortofrutta

Cibus Fruit and Vegetables è la nuova sezione che vedrà la luce a Cibus Connecting Italy in programma a Parma dal 29 al 30 marzo 2023

La presentazione di Cibus Ortofrutta, intervento di Rosario Rago
La presentazione di Cibus Ortofrutta

Cibus si amplia e apre all’ortofrutta. Si chiama Cibus Fruit and Vegetable il nuovo spazio espositivo che vedrà la luce a Cibus Connecting Italy, in programma a Parma dal 29 al 30 marzo 2023. Un progetto elaborato da Fiere di Parma, in collaborazione con  il Consorzio Edamus Italian Fruit Village. La presentazione è avvenuta, con un nutrito parterre di ospiti, presso la Camera di Commercio di Salerno, un riconoscimento anche simbolico al valore dell’ortofrutta della Piana del Sele, che ha saputo abbracciare innovazione e digitalizzazione, ma anche all’Agro Nocerino-Sarnese.

La nuova sezione: si attendono un centinaio di aziende

Cibus Ortofrutta sarà uno spazio espositivo e di approfondimento dedicato al settore che punta alla valorizzazione del prodotto fresco made in Italy e a entrare pienamente nel contesto dell’offerta agroalimentare nazionale. A Cibus Fruit and Vegetables parteciperà tutta la filiera, dalle organizzazioni dei produttori ai Consorzi di tutela, fino alle cooperative di distribuzione e ai top buyer del segmento. La nuova area ospiterà anche convegni e workshop sui rapporti tra produttori e distribuzione italiana e internazionale, e su tutte le tematiche attuali del comparto. Ancora presto per dire con esattezza quante saranno le aziende espositrici, ma la stima al momento è di un centinaio nell’area del fresco.

Espositori solo italiani. I costi dell’energia, i timori per l’export, le politiche Ue sugli agrofarmaci e il modello spagnolo al centro degli interventi

La presentazione della kermesse è stata l’occasione per analizzare alcune delle problematiche attuali del settore: i timori per l’export per il costo dell’energia, il calo dei consumi, la questione spinosa del dimezzamenti dei fitofarmaci che ci chiede l’Ue entro il 2030, il modello spagnolo, la mancanza di vision nella politica nazionale, la frammentazione del tessuto produttivo. Ma si sono messi in luce  anche i diversi plus. A cominciare da un Sud agricolo che ha abbracciato l’agricoltura 4.0, come quello della Piana del Sele, la sicurezza del prodotto italiano rispetto ai competitor europei, la forte richiesta del made in italy nel mondo, il valore salutistico della produzione grazie alla biodiversità.

Ad aprire gli interventi è stato il padrone di casa, Andrea Prete, presidente della Camera di Commercio di Salerno.  “L’incidenza del costo energetico sulle imprese italiane, secondo la previsione di Confindustria, avrà un incremento fino all‘8,8%, mentre in Francia è al 3,9 % e in Germania poco più del 6%. Questo dice che stiamo perdendo di competitività e il rischio è che gli operatori esteri si rivolgano altrove”.

“Mancava un’attività di promozione dell’ortofrutta  made in Italy in una fiera internazionale italiana. Speriamo che tanti operatori dell’ortofrutta possano cogliere questa opportunità come abbiamo fatto noi” ha affermato Emilio Ferrara, presidente del Consorzio Edamus-Italian Fruit Village.

“Cibus rappresenta una piattaforma importante per l’export, il settore ortofrutticolo ha bisogno di strutture che diano la spinta -ha sottolineato Nicola Calzolaro, direttore generale di Federalimentare-. Abbiamo ridotto le esportazioni in questi primi sei mesi ma abbiamo incrementato sulle insalate e questo è un segnale importante per il nostro territorio rispetto all’export. I consumi interni purtroppo non hanno ancora recuperato i livelli del 2019”.

Antonio Cellie, amministratore delegato Fiere di Parma, ha voluto rimarcare il carattere disruptive della nuova sezione dedicata all’ortofrutta. “Fruit Logistica guarda il settore dalla natura logistica, l’altra fiera romagnola (Macfrut, ndr) confonde il prodotto con la meccanica, noi facciamo l’opposto: ospitiamo solo espositori italiani. Questo è anche il segreto del nostro successo.  Abbiamo 3200 espositori, l’unica fiera senza debiti, 80 mila visitatori, di cui 15 mila dall’estero, in gran parte europei. E noi puntiamo soprattutto sull’Europa. Oggi se non avessimo avuti i prodotti del bio, di filiera, Dop e Igp che trent’anni fa l’industria avversava. questa sarebbe scomparsa nella competizione coi player dell’Est Europa e dell’Asia. Sopravviviamo grazie alla dichiarazione del contenuto dei prodotti trasformati”.

Gennaro Velardo, presidente Italia Ortofrutta, ha concordato sul significato della fiera e ha posto l’accento sul problema delle politiche Ue. “Auspichiamo che questa fiera sia al servizio delle aziende e non viceversa. Non è accettabile che la fiera internazionale dell’ortofrutta italiana si faccia a Berlino. L’ortofrutta non vive un buon momento: tra qualche anno ci troveremo poi nella sfida della riduzione degli agrofarmaci, è una grossa preoccupazione. Dobbiamo rimettere tutto in discussione. Non possiamo accettare un percorso così veloce. Speriamo che anche attraverso Cibus possiamo avere un momento di confronto con l’Europa”.

Vito Busillo, presidente Coldiretti Salerno e presidente del Consorzio della rucola della Piana del Sele, si è concentrato sul cambio di aspettative per il settore, generato dalle diverse “tempeste”. “In passato l’industria ci diceva che bisognava produrre all’estero per i costi, con il Covid si è cambiato il paradigma. Oggi la politica ci chiede di essere autosufficienti per il cibo.  Ed è cambiata la percezione del consumatore nei confronti dell’agricoltore. L’etichettatura è una battaglia di Coldiretti e grazie a questo percorso si siamo salvati”. Non è vero che il Sud paga dazio sul gap tecnologico. L’esempio è la Piana del Sele. “Negli ultimi 4 mesi del 2021 abbiamo fatto 18 milioni di euro di valore con la Rucola della piana del Sele Igp, in questi primi 6 mesi siamo già intorno ai 50 milioni di euro. L’obiettivo da qui a tre anni è raggiungere i primi cinque posti di prodotti a marchio italiani. A Salerno abbiamo un’agricoltura 4.0: normalmente raccogliamo con macchine elettriche, abbiamo un processo di sensoristica. Abbiamo messo in campo il progetto Goccia verde e tutta l’acqua che utilizziamo la autoproduciamo con fonti sostenibili, idroelettrico, eolico, fotovoltaico”.

Rosario Rago, componente della giunta di Confagricoltura ha messo in evidenza le criticità.  “Una grossa preoccupazione sono l’aumento dei costi e calo dei consumi. L’ortofrutta vale il 25% del Pil dell’agricoltura, sviluppa 15 miliardi di cui 5 all’estero. La Spagna sta puntando fortemente sull’agricoltura, a differenza del nostro Paese che non ha ancora deciso. L’Ue ci chiede di abbattere il 50% di agrofarmaci entro il 2030, ma è una cosa assurda perché servono investimenti fortissimi in ricerca. Ci sono semi che hanno queste resistenze? È la ricerca che deve incrementarsi per raggiungere questo traguardo. E parliamo del Paese più virtuoso sui residui. Poi c’è la questione dei cambiamenti climatici: oggi le polizze hanno costi esorbitanti”.

Comunicare il valore healthy dell’ortofrutta made in Italy

Raffaele Amore (Cia Agricoltori Italiani)  ha spostato l’attenzione sulla comunicazione. “Dobbiamo puntare di più sull’ortofrutta alla base della dieta mediterranea e fonte di benessere. La colpa più grande è che l’Italia ha perso di vista il settore agricolo per 40 anni, la Spagna ha sviluppato un progetto. Ci viene chiesto di produrre di più limitando i fitofarmaci, ma dobbiamo tenere conto che sono arrivati altri eventi, crisi energetica, fattori climatici costati 1 miliardo solo in Italia”.

“Stiamo focalizzando moltissimo come Regione Campania sulla funzionalità alla salute dei nostri prodotti, favorendo anche progetti di ricerca orientati alle maggiori esigenze del consumatore che vuole mangiare bene e stare bene” ha concordato Nicola Caputo, assessore all’Agricoltura della regione Campania.  Di nuovo il confronto con la Spagna. “C’è una forza del sistema Paese alla base della competitività delle aziende spagnole. Anche il nuovo piano nazionale per l’agricoltura, purtroppo, è solo un assemblaggio dei piani regionali senza coordinamento. Noi abbiamo anche un gap di dimensioni. Mettere al centro l’ortofrutta, come fa Cibus, è  fondamentale anche per discutere dei nostri asset e quello che vogliamo fare”.

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