Besana Group, sulla frutta secca il sistema Italia copi il modello California #vocidellortofrutta

Dal primo bilancio di sostenibilità al packaging compostabile, alla smart agricolture: il ceo Riccardo Calcagni racconta i piani del Gruppo che ogni anno lancia 150 nuovi prodotti

Riccardo Calcagni, Ad di Besana Group
Riccardo Calcagni, ceo di Besana Group

I consumi mondiali di frutta secca sono in netto aumento, l’Italia presenta caratteristiche pedoclimatiche ottimali per la coltivazione: occorre tuttavia innovare, evolversi verso la smart agricolture ed è necessario fare sistema, per poter reggere la concorrenza. Riccardo Calcagni, ceo di Besana Group indica la via. Nocciole, mandorle, noci, pinoli e pistacchi rappresentano la forza propulsiva del Gruppo che quest’anno taglia il prestigioso traguardo dei 100 anni con importanti investimenti in innovazione, partenariati e sostenibilità. La situazione del comparto è in Italia a macchia di leopardo. Per quanto la produzione di nocciole il nostro Paese conserva il secondo posto a livello mondiale, con una produzione che nell’ultima annata è quasi raddoppiata (primo produttore rimane la Turchia). Per le mandorle, invece, occupa il nono posto a livello mondiale: negli ultimi sessant’anni si è assistito a un netto decremento degli ettari allevati, che dai 316.000 di inizio Anni Sessanta sono arrivati ai 54.441 di oggi. L’Italia è poi fuori dalla top ten nella classifica dei produttori di noci, dove a farla da padrone sono la Cina (oltre 1 milione di tonnellate) e gli Stati Uniti (oltre 707 milioni di tonnellate).

Quali sono i punti fondamentali per un nuovo Rinascimento della frutta secca made in Italy?

La frutta secca è un prodotto salutistico
La frutta secca è un prodotto healthy

Per un “nuovo Rinascimento” ci sono almeno tre punti fondamentali da sviluppare, che hanno diversi gradi di complessità. Un buon punto di partenza è l’implementazione del marketing che, già da qualche anno, è in corso per ricostruire e riequilibrare l’immagine della frutta secca, per troppo tempo bistrattata e “messa alla berlina”. C’è ancora un grande lavoro da fare in questo senso, ma le continue conferme che arrivano da diversi studi scientifici indipendenti sulle proprietà di noci, nocciole & co. rappresentano senz’altro una buona base di partenza. Sempre dal punto di vista del marketing dovremmo sapere guardare maggiormente, come “sistema Italia”, a quello che ormai da decenni fanno i californiani, i quali grazie a una grande e collaudata organizzazione interna sono riusciti, nel tempo, a fare conoscere e apprezzare la loro frutta secca ed essiccata in tutto il mondo.

Un secondo punto riguarda lo sviluppo tecnologico. L’Italia paga uno storico gap in questo senso e, ancora oggi, c’è molta ritrosia nel settore primario ad accettare il concetto di “smart agricolture”. Non è un processo né semplice né immediato, ma senz’altro è un obiettivo da porsi nel medio termine.

Il terzo ed ultimo tema, che è anche il più complesso, riguarda gli spazi. In Italia, per una molteplicità di ragioni geografiche, storiche e politiche, mancano i giusti spazi per essere competitivi a livello quantitativo con altri Paesi. Inoltre, i costi da sostenere per il terreno e le lavorazioni sono spesso superiori. L’unica via per uscire da questa impasse è dunque la strada della qualità, ma va realmente perseguita e comunicata.

Secondo una recente ricerca di Nomisma il cambiamento digitale nelle imprese agricole avanzate è poco evidente: il 10% adotta software gestionali, l’8% macchine con guida assistita, il 6% centraline meteo, solo il 2% ha messo sensori in suolo.

Ogni coltura ha potenzialmente a disposizione tecnologie che sono più utili e urgenti di altre. In linea generale, occorre sempre andare alla ricerca di quei dispositivi e di quelle soluzioni che consentano un buon compromesso tra costi e rendimento o comunque rappresentino un buon investimento per il futuro. Personalmente, visti anche i cambiamenti climatici in atto, penso a tutti i sistemi legati alle previsioni meteo e al risparmio idrico, da associare il più possibile ai sistemi di difesa passiva (serre, reti di protezione, eccetera). Oggi si può fare tanto, con costi ridotti, anche dal punto di vista della gestione da remoto della propria azienda e ci sono diverse soluzioni per mappare ogni centimetro quadrato delle proprie produzioni, attraverso sistemi di controllo satellitare. Credo che tutti questi dispositivi siano ormai fondamentali anche per gestire al meglio e in maniera mirata anche l’eventuale impiego di agrofarmaci.

Solo le nocciole stanno avendo un incremento produttivo: quali ostacoli frenano lo sviluppo di colture della tradizione come mandorle, noci, pinoli e pistacchi?

Crescono i consumi globali di frutta secca
Crescono nel mondo i consumi di frutta secca

Ѐ una domanda molto complessa, che chiama in causa diversi fattori. In linea generale teniamo presente che la frutta secca, forse più di altre colture, è in primo luogo un fatto culturale. Mi spiego: a monte di un nuovo mandorleto o di un nuovo noceto, deve esserci chi è disposto a rischiare in proprio per diversi anni prima di monetizzare i primi frutti. Occorrono quindi in primis cultura e conoscenza di queste colture.

Per la nocciola, grazie anche al traino di importanti aziende, questa tradizione si è mantenuta e si sta velocemente incrementando. Per le mandorle e le noci, sono senz’altro lontani i numeri dei primi Anni Sessanta del secolo scorso, ma è positivo notare che, almeno nell’ultima decade, si è arrestata la flessione e anzi la curva tende a risalire. Sarà un processo lungo, ma l’inversione di rotta c’è e, a mio parere, è incoraggiante. I pinoli, sebbene quelli italiani siano di gran lunga i migliori in termini di qualità, pagano diversi problemi intrinsechi associati a costi di produzione molto elevati, che fanno preferire al mercato Paesi produttori più economici. Per il pistacchio nella nostra penisola c’era un limite dato dalla tarda entrata in produzione della pianta, che negli ultimi anni è stato superato con le nuove tecnologie. Se si riuscirà a trovare, anche in questo caso, il giusto compromesso con i costi di produzione, può essere senz’altro una coltura con ampie potenzialità, tanto che non mancano tentativi di una sua introduzione anche nel Centro-Nord Italia.

Che appeal ha nel mondo la frutta secca italiana? Quali sono i plus rispetto ai competitor europei?

La frutta secca italiana ha una delle migliori reputazioni a livello globale. Basti citare le tre Dop o Igp che abbiamo sulla nocciola, di cui siamo secondi come produzione a livello mondiale. O, ancora, la Dop che abbiamo sul Pistacchio di Bronte. Certo, il lavoro da fare resta ancora tanto, così come è importante riuscire a mantenere l’alto livello raggiunto. Ma già questo è un ottimo plus rispetto agli altri competitor internazionali. Certo, sarà sempre più importante “fare sistema” e creare aggregazioni.

Su quali progetti sta lavorando il Gruppo Besana? 

Besana Group investe nel packaging compostabile
Besana Group investe nel packaging sostenibile

Sono diversi i progetti che stiamo portando avanti e su più fronti. Del resto, la nostra è un’azienda che lancia annualmente 150 nuovi prodotti e, con il recente ingresso in Importaco, avvenuto proprio alla vigilia dei nostri primi 100 anni di attività, puntiamo a diventare uno dei maggiori gruppi a livello globale nella lavorazione e commercializzazione di prodotti a base di frutta secca ed essiccata.

Attualmente siamo molto impegnati a portare avanti un importante progetto ambientale che ci porterà al nostro primo bilancio di sostenibilità ambientale.

Per quanto concerne nello specifico il progetto sul packaging compostabile, stiamo proseguendo pienamente in linea con le tempistiche che ci eravamo prefissati. Alla fine del 2020 abbiamo reso compostabile un quarto degli imballaggi che utilizziamo. Questa quota salirà al 100% entro i prossimi cinque anni. La terza e ultima tappa del percorso “green” è prevista nel 2035, quando tutte le soluzioni di imballaggio saranno prodotte totalmente da fonti rinnovabili e riciclate, per un reale impatto zero sull’ambiente.

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