Fida Confcommercio, invito al dialogo

Fida-Confommercio Sacchetti biodegradabili

Fida Confcommercio, Federazione italiana dettaglianti dell’alimentazione di Confcommercio, interviene anch’essa nel dibattito creatosi attorno alla norma che ha reso obbligatorio, dal 1 gennaio 2018, il pagamento dei sacchetti biodegradabili da impiegare come primo imballaggio per l’ortofrutta e gli alimenti freschi.

La dichiarazione di Fida Confcommercio sui sacchetti biodegradabili

“Più volte, in questi mesi – afferma Donatella Prampolini Manzini, presidente Fida – la nostra federazione ha cercato di far capire al Ministro che pur condividendo il principio di base, quello di sostituire gradualmente i sacchetti ultraleggeri in uso con altri in materiale biodegradabile, lo strumento imposto dell’Unione Europea ci pare sbagliato”.

Ecco le motivazioni del giudizio: “Se la finalità era quella di preservare l’ambiente – prosegue Donatella Prampolini Manzini – non si capisce la necessità di obbligare gli esercenti a far pagare i nuovi sacchetti perché, a differenza della norma sugli shopper, vale a dire le borse per il trasporto e le borse riutilizzabili, per i sacchetti utilizzati nei reparti self service una vera alternativa di fatto non c’è”.

Sei mesi per un bilancio

Il dibattito sui sacchetti biodegradabili per l’ortofrutta ha interessato consumatori e addetti ai lavori, e ha prodotto anche una serie di proposte per uscire dalla polemica. Tra le soluzioni più contrastate da chi lavora nel settore, trasversalmente, c’è quella del Governo che ha suggerito l’alternativa per i consumatori di portare sacchetti propri, per i quali il distributore avrebbe dovuto verificare l’idoneità a servire da primo imballo.

“In questi giorni – aggiunge Donatella Prampolini Manzini – leggiamo affermazioni di importanti esponenti del Governo che ipotizzano soluzioni fantascientifiche come quelle dell’utilizzo di sacchetti portati da casa dai clienti con l’obbligo da parte degli esercenti di verificarne l’idoneità. Soltanto chi non ha mai lavorato in un punto vendita può pensare che sia una soluzione percorribile e non un modo per creare contenziosi coi clienti e confusione in caso di eventuali controlli”.

Fida invece propone “di prendere quanto meno sei mesi di tempo nei quali non elevare sanzioni per verificare gli effetti pratici di questo provvedimento – conclude Donatella Prampolini Manzini -. Prendiamo atto che così non è stato ma almeno evitiamo di applicare cure che sono peggiori della malattia”.

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