Pera, l’Italia può distinguersi con l’Abate

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L’Italia è il primo produttore di pere a livello europeo con una media di 830mila t (il 32% del totale prodotto dalla Ue28) ed è il terzo esportatore in Europa. Una posizione che va però mantenuta e consolidata soprattutto puntando a nuovi mercati che compensino il calo della domanda interna e offrano la possibilità di sfruttare completamente il potenziale produttivo nazionale e di accrescerlo.

Attualmente l’Italia esporta solo il 22% della produzione pericola, un volume che resta stabile, mentre competitor europei come Belgio, Olanda e Portogallo si stanno facendo strada con un’offerta in grande crescita.

Le presentazioni del quadro produttivo europeo e delle potenzialità di crescita delle esportazioni sui mercati internazionali, illustrate rispettivamente da Elisa Macchi, direttore del Cso, e da Marco Salvi, presidente di Fruitimprese, hanno aperto il convegno Interprofessione Pera, che si è svolto stamattina a Ferrara. In particolare l’Italia può distinguersi puntando sull’Abate Fetel, varietà apprezzata dal mercato tedesco, russo e, di recente, importata negli Stati Uniti, dove non viene coltivata.

Diverse le problematiche che incidono negativamente sullo sviluppo del comparto. Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo, ha ricordato le disparità nell’utilizzo dei prodotti fitosanitari dopo l’abolizione europea dell’uso delle Etossichine (molecole anti riscaldo) con una penalizzazione dei produttori italiani. La decisione dell’Italia di non concedere la deroga di utilizzo di queste sostanze nel 2013, diversamente dalla scelta fatta in Spagna, ha comportato un danno per i problemi di conservazione insorti che, per le sole Abate, è stato quantificato dal Cso in 60 milioni di euro.

Gianni Amidei, presidente dell’Organizzazione interprofessionale Pera ha messo in evidenza la necessità di un catasto dei frutteti, fondamentale per la programmazione produttiva, e ha elencato le azioni che l’Oi può svolgere per lo sviluppo del comparto: il  miglioramento della conoscenza della produzione e dei mercati; l’orientamento e  la programmazione dei nuovi impianti per migliorare la qualità della produzione di pere e  favorire la coltivazione delle varietà più idonee al consumo; il monitoraggio delle  informazioni relative all’attività normativa e legislativa sia a livello nazionale che comunitario; la promozione di iniziative, anche di sistema, per favorire il superamento delle barriere fitosanitarie; la valorizzazione del prodotto pera anche attraverso la partecipazione a fiere, manifestazioni e convegni, nazionali e internazionali; il sostegno ad attività di  ricerca per orientare la produzione verso la qualità del prodotto e la sostenibilità ambientale; la promozione di  metodi atti a ottimizzare l’impiego dei fattori di produzione per una maggiore competitività del settore; la definizione di regole di produzione e di commercializzazione; la raccolta e la diffusione nell’ambito della base sociale delle informazioni necessarie per attuare strategie comuni.

L’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna (dove si concentrano la maggior parte degli areali produttivi italiani) Tiberio Rabboni ha incoraggiato l’Oi a procedere nella realizzazione del programma di lavoro e ha annunciato che la Regione s’impegna a sostenere l’interprofessione proponendo l’utilizzo dei fondi del Psr 2014-2020. Secondo  il piano che verrà presentato a Bruxelles, l’Oi potrà ricevere finanziamenti direttamente dal Psr e potrà farsi promotrice di gruppi operativi per l’innovazione.  Aderendo all’OI anche  i singoli produttori avranno un incremento di punteggio nella valutazione dei progetti presentati.

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