Nergi, il baby kiwi healthy e ready to eat

Dolce, si mangia come una caramella, senza sbucciarlo. A livello salutistico è un superfood. Da Ortofruit a Sant’Orsola, ecco chi sommette sul suo mercato

Baby kiwi Nergi

I piccoli frutti stanno godendo di un positivo vento a favore. L’esempio è il mirtillo, il più rapido in ascesa tra i consumatori. L’onda salutistica incide fortemente in questa svolta. Ma il mercato premia anche altri fattori, come il ready to eat e le confezioni diverse da quelle a tutti note. A coprire tutte queste caratteristiche c’è l’Actinidia Arguta, meglio conosciuto come baby kiwi. Originario dell’Asia, conosciuto da secoli, in Italia è arrivato da qualche anno sugli scaffali della gdo. Dalle dimensioni di un chicco d’uva grande, ha una buccia sottilissima e liscia e si mangia senza sbucciarlo, come un frutto di bosco. La nota dolce, e meno acidula, se gustato al giusto grado di maturazione, è un altro plus.

Ortofruit coltiva il Nergi in provincia di Cuneo

Domenico Paschetta presidente Ortofruit Italia

A scommettere sulle potenzialità del mini kiwi, c’è Ortofruit Italia. un’organizzazione di produttori, con sede a Saluzzo, in provincia di Cuneo, che mette insieme circa 300 aziende e cooperative agricole. Nata nel 2003, vanta un fatturato di 20 milioni di euro, con l’export al 50%, principalmente Comunità Europea, poi Sudamerica, Canada e Far East.

Nel 2015 ha cominciato in esclusiva la produzione del Nergi, nome commerciale registrato, la cui titolarità del brand è di una società francese, Sofruileg, che coordina produzione commercializzazione e politica di marketing del gruppo di produttori a livello europeo (tre le grandi centrali, Francia, Italia e Portogallo).

Le varietà del baby kiwi

Il Nergi poggia su due varietà, Ruà e Tahì. Con Nergi sono stati fatti incroci per ottenere cultivar più performanti nel gusto.  “È naturalmente dolce, con retrogusto leggermente acidulo ma non allappante: ricorda soprattutto l’uva spina e solo lontanamente il kiwi – racconta Domenico Paschetta, presidente di Ortofruit Italia–. Piace ai bambini perché non si sbuccia: è un po’ la “nutella” della frutta. Ma incontra il favore di tutte le generazioni. È uno snack salutare, appagante, ideale per lo sportivo e per chi va in ufficio, come pausa pranzo o a colazione”.

I canali di vendita
del Nergi

Gdo è il canale prevalente, ma nell’ultimo anno è cresciuto anche l’Horeca, botteghe della frutta, gelaterie, mixology, e la ristorazione. Ben 30 chef lo hanno provato in diverse sperimentazioni. Tra questo gli stellati Theo Penati e Michelangelo Mammoliti. Il primo, del ristorante Pierino Penati di Viganò, in provincia di Lecco, lo ha proposto con capesante e patate arrosto con salsa evo, crema di cipolle al curry, noci di macadamia tostate. Il secondo, del ristorante La Madernassa di Guarene, in provincia di Cuneo, lo ha abbinato all’ostrica e spuma di cetriolo.

Sono circa 60 le aziende che lo coltivano, su 100 ettari: prevalentemente della provincia di Cuneo, scelta per le condizioni pedoclimatiche. “In quattro anni la produzione è quintuplicata – fa notare il presidente –. Oggi si aggira intorno a circa 3mila quintali con l’obiettivo di portarla a 12mila entro il 2020“.

In origine la vaschetta era da 125 grammi. Quest’anno è stata portata a 200 grammi, non solo per ragioni commerciali. “Abbiamo sviluppato una partnership con il programma SmartFood dello Ieo, cui abbiamo presentato Nergi per testarlo e capire se si trattava di un superfrutto”.

100 quintali di baby kiwi in crescita anche per Sant’Orsola

Tra i produttori del baby kiwi c’è anche Sant’Orsola, una Società cooperativa agricola specializzata nella coltivazione e commercializzazione di piccoli frutti, con circa 850 soci. Nata in Trentino 40 anni fa, ha distribuito la propria produzione in varie zone d’Italia, fino alla Sicilia. Circa 500 gli ettari di produzione. Sessanta milioni di euro il fatturato ultimo, con l’export intorno al 10%-12%.

“I nostri sono soprattutto agricoltori di zone  montane, frammentate, con piccoli appezzamenti –spiega Matteo Bortolini, il direttore della cooperativa–. Noi ci occupiamo di piccoli frutti: lamponi, fragole, ribes, more e mirtilli sono il core business. Da alcuni anni abbiamo una piccola produzione di kiwi arguta, siamo appena a 100 quintali, anche se in crescita. Iniziamo a raccogliere da metà agosto fino alla fine di settembre”.

Il picco di produzione del baby kiwi è infatti in questi mesi. Non ha vita breve, come il lampone. A differenza di altri piccoli frutti, continua a maturare anche dopo la raccolta, seppure lentamente. Naturalmente la Cooperativa mette in atto strategie adatte per incontrare il gusto del consumatore, fornendo il baby kiwi maturo al punto giusto. La commercializzazione dura fino al periodo delle feste natalizie.

Le varietà di baby kiwi sono più di cento. Tra quelle prodotte da Sant’Orsola, tutte in Trentino, c’è l’Orsola, in omaggio al nome della Cooperativa. “Questo frutto particolare, che si può prestare anche alla coltivazione secondo il disciplinare di lotta biologica, viene prodotto secondo il dettame della lotta integrata: soluzione da sempre adottata e spinta dalla Cooperativa”.

La Cooperativa distribuisce nella gdo e nel mercato ortofrutticolo di tutta Italia. Il baby kiwi viene confezionato in cestini nella classica confezione da 125 grammi. “Abbiamo intenzione di aumentare la nostra produzione, e come da modus operandi, abbiamo innanzitutto realizzato dei campi prova in cui i nostri soci con il supporto dello staff tecnico Sant’Orsola, sperimentano le diverse varietà con lo scopo di fornire al consumatore il prodotto migliore per gusto e aspetto».

Un pieno di vitamina C: lo Ieo promuove a pieni voti il Nergi

Cento grammi di Nergi (circa 10 frutti) hanno più vitamina C (43,8 mg/100g) del pompelmo e del ribes (entrambi 40 mg/100g). Lo dice SmartFood, il programma di ricerca in Scienze della nutrizione, promosso dalla Fondazione del prestigioso Ieo (Istituto Europeo di Oncologia), che ha analizzato questo baby frutto, prodotto nel Cuneese. I plus non si fermano qui. Nergi ha anche quantità importanti di vitamina E (5,3 mg/100g): una porzione da 200 grammi (le confezioni del Nergi) copre l’88% del fabbisogno giornaliero.  Importanti anche il contenuto di fibre (4,5 g/100 g)  e minerali come potassio e rame, che in 200 grammi di prodotto coprono un quarto del fabbisogno giornaliero. Non ultimo, Nergi ha anche un basso contenuto calorico: solo 104 kcal .

Ma Nergi è il superfrutto che promuove anche il benessere delle comunità: è proprio di quest’anno l’intesa tra Ortofruit Italia e la cooperativa Tesori della Terra di Cervasca (Cn), precursore del biologico in Italia, con un progetto legato alla trasformazione di Nergi in “yogurt sociale” a base di latte bio. Un percorso studiato ad hoc per inserire nel circuito lavorativo soggetti svantaggiati (circa una ventina tra giovani e donne), partendo dalla raccolta, fino alla trasformazione nel laboratorio caseario della cooperativa sociale cuneese.

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