Ambruosi e Viscardi, prima e quarta gamma di qualità grazie alla filiera chiusa #vocidellortofrutta

L’azienda marchigiana è partner della Gdo ed eccelle per un sistema modello di sostenibilità: autoproduzione fin dai vivai, colture in prevalenza sul territorio regionale, autosufficienza energetica, riduzione dei residui. “Siamo specialisti su scarola, indivia riccia e spinaci, ora testiamo anche l’idroponica” racconta Nicola Ambruosi, socio e dirigente

Nicola Ambruosi (a sx) con i fratelli, soci di Ambruosi e Viscardi
Nicola Ambruosi (a sx) con i fratelli

Da trent’anni Ambruosi e Viscardi, azienda marchigiana, è un riferimento per la prima e quarta gamma. Specialista su scarola, indivia riccia e spinaci. Un modello di sostenibilità grazie a una filiera chiusavivaio, autoproduzione, fino al trasporto con mezzi di proprietà per garantire la catena del freddo. “Accettiamo residui per un solo principio attivo e con un massimo del 33% rispetto ai limiti di legge. Per il packaging compostabile saremmo anche pronti ma, per utilizzarli nell’intera gamma, si alzerebbero i costi in modo importante” racconta Nicola Ambruosi, socio e dirigente.

Qual è la specializzazione di Ambruosi e Viscardi?

Siamo specialisti su scarola, indivia riccia e spinaci. L’azienda è nata per la prima gamma, insalata riccia, scarola, radicchio pan di zucchero. Nel 2004 abbiamo aperto lo stabilimento di quarta gamma. Ambruosi e Viscardi è un’azienda agricola, una società formata da quattro soci, tre fratelli e una sorella. È nata nel 92, ma già mio padre negli anni 80 aveva cominciato questo lavoro. Gli stabilimenti produttivi sono a Sant’Elpidio a Mare, in provincia di Fermo. Abbiamo chiuso il 2019 con 25 milioni di fatturato.

La peculiarità è un modello di filiera chiusa.

Le coltivazioni sono quasi esclusivamente in campo aperto
Le coltivazioni sono in campo aperto

Ci produciamo il 98% della merce che trasformiamo, circa 1200 ettari di coltivazioni. Abbiamo anche spinaci, prezzemolo, cipolle, porri e con soli tre conferitori abbiamo ampliato a baby leaf, zucchine e pomodorini. Le colture sono per l’80% nelle Marche, nel periodo invernale ci spostiamo in Puglia e Basilicata, a gennaio nel Lazio e poi sugli altopiani, Avezzano e Colfiorito. Sono terreni coltivati da noi con i nostri tecnici che controllano.

Il progetto di filiera chiusa lo abbiamo lanciato dieci anni fa. Abbiamo il vivaio dove produciamo le piantine, coltiviamo a basso impatto ambientale, con lotta integrata e ridotto consumo d’acqua. Ci siamo dati una regola: possiamo avere solo un principio attivo (compresi rame e zolfo, utilizzati anche dal bio) con un massimo del 33% di residui rispetto ai limiti di legge. Per arrivare a questo risultato raccogliamo alla fine con residuo zero, anche se non lo dichiariamo. Trasformiamo poi il prodotto e lo distribuiamo con una flotta di 30 camion a metano di proprietà che garantiscono la catena del freddo. Abbiamo l’autosufficienza energetica. Sfruttiamo un impianto di fotovoltaico  di 1,3 Mw che stiamo implementando con altri 200 Kw. E con gli scarti di produzione ci produciamo altra energia elettrica e alimentiamo un impianto a biogas di proprietà.

Qual è la filosofia dell’azienda?

Sede dell'azienda agricola Ambruosi e Viscardi
Sede Ambruosi e Viscardi

Il nostro motto è continuità, qualità e serietà. Oggi si tende a mixare gli ingredienti, noi abbiamo altra politica e quello che facciamo lo facciamo bene e 365 giorni l’anno. Abbiamo una scarola flowpack, lanciata da qualche anno che fanno in pochi, e che sta prendendo piede.

Di quali macchine disponete per garantire la sicurezza?

Usiamo selezionatrici ottiche Tomra, ne abbiamo tre. In Italia lavoriamo per le maggiori catene, Conad, Esselunga, Magazzini Gabrielli, il Gigante, Eurospin. Esportiamo all’estero per Lidl in Svizzera, Austria, Germania e altre insegne.

Si è ripreso il mercato della quarta gamma?

Mix insalate di quarta gamma Ambruosi e Viscardi
Insalate di quarta gamma Ambruosi e Viscardi

Abbiamo risentito nel periodo estivo, dopo il lockdown, ma abbiamo preso nuovi clienti e alla fine il fatturato si chiuderà con un leggero decremento del 5%. Noi facciamo un prodotto freschissimo: tagliato la mattina e lavorato in giornata e abbattuto, così dà non dare problemi di shelf-life. Teniamo tantissimo alla filiera. Vogliamo essere certi della qualità del prodotto nella busta.

Facciamo tutto in campo aperto: da qualche anno abbiamo costruito i primi 3,6 ettari di serre per le baby leaf, rucola, spinacino, lattughino. Stiamo facendo delle prove per l’idroponica indoor. Abbiamo testato prezzemolo, erba cipollina, scarola e Iceberg.

Qual è la strategia sul packaging?

Stiamo usando il Pet: al momento non c’è un materiale che abbia un rapporto accettabile per qualità-prezzo. Con il compostabile si alzerebbero i costi in modo importante e la Gdo non vuole l’aumento. Un conto è lanciare un prodotto, altro cambiare tutta la gamma. Oggi il mercato non ce lo permette. Il Pet è riciclabile: quello che non funziona è il riciclo della plastica. E vogliono mettere pure una tassa! Io credo di avere risparmiato molta Co2 a monte.

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