I kiwi italiani vanno in Corea del Sud e tornano in Colombia

La tecnologia SmartFresh di AgroFresh è utilizzata sul kiwi da 13 anni

Dal 21 novembre è possibile esportare kiwi italiani in Corea del Sud. Una buona notizia per la campagna commerciale 2019/20 e che arriva dopo i sopralluoghi dei primi di novembre delle autorità coreane in quattro frutteti e stabilimenti in Veneto, Emilia-Romagna e Lazio: Frutta C2, Consorzio Frutteto, Agrintesa ed Agrilepidio.

La visita annuale (on site survey) imposta dall’accordo bilaterale siglato tra Italia e Corea del Sud nel 2012 è infatti propedeutica all’apertura dell’export stagionale dei kiwi. E, in base alla comunicazione rilasciata dal ministero delle Politiche agricole italiano, la recente visita degli ispettori ha permesso una valutazione effettiva della gestione degli impianti secondo quanto richiesto dal protocollo. L’ispettrice coreana di competenza ha tuttavia ritenuto che tale ispezione debba essere ripetuta ogni anno prima dell’inizio delle spedizioni.

“Come Cso Italy siamo soddisfatti di questo esito e vogliamo ringraziare l’Ice per il supporto offerto, le imprese che si sono rese disponibili a ospitare le autorità asiatiche, i Servizi fitosanitari di Veneto, Emilia-Romagna e Lazio e il Ministero -commenta Simona Rubbi, responsabile dei rapporti internazionali di Cso Italy- Raccomando a tutti gli operatori di prestare sempre la massima attenzione quando si esporta in mercati lontani e difficili, mantenendo un elevato senso di responsabilità collettiva”.

La Colombia riapre i porti

Non solo Asia. Dopo tre anni la Colombia riapre i porti per i nostri kiwi. Nel 2016 era infatti stato imposto un blocco al prodotto italiano a causa del rinvenimento di organismi ritenuti nocivi, quali acari della specie Amblyseius Andersoni e del genere Allothrombium. “A seguito delle trattative e della documentazione predisposta, grazie anche al supporto e alla collaborazione di alcune imprese socie, le autorità competenti del Paese sudamericano hanno accettato le misure proposte a novembre 2018 -specifica Rubbi- Ricordo che i suddetti accordi non prevedono il cold treatment, pertanto gli esportatori italiani dovranno richiedere il permesso di importazione attraverso la piattaforma Sispap (Sistema de Información Sanitario para Importación y Exportación de Productos Agrícolas y Pecuarios) oltre a porre in essere tutte le misure di controllo, pulizia, inclusa l’aspirazione e la spazzolatura dei frutti, volte a garantire l’eliminazione degli organismi nocivi, specialmente quelli presenti nella parte esterna dei frutti. Dovranno poi essere assicurate tracciabilità e rintracciabilità del prodotto attraverso la tenuta di appositi registri, così come la pulizia dei materiali e degli imballaggi utilizzati”.

Agli operatori è inoltre richiesto di assicurare le aree di lavorazione e carico per evitare infestazioni di insetti e organismi nocivi. Per quanto riguarda i controlli ufficiali, gli ispettori fitosanitari italiani dovranno controllare prima della spedizione un campione di 600 frutti per lotto, in accordo con lo standard ISPM 31.

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