Corigliano-Rossano, la città più grande della provincia di Cosenza sia per superficie sia per numero di abitanti, è diventata in questi giorni la capitale italiana della clementina. Al convegno su “La Clementina di Calabria, realtà e prospettive“, tenutosi nel corso della prima edizione del Clementina Festival si è fatto il punto sul comparto ed è stata tracciata la road map per il futuro.
Un’occasione di confronto che ha riunito i principali player del comparto calabrese, oltre a giornalisti della stampa specializzata, importatori e buyer esteri provenienti da Polonia, Estonia e Lituania. La manifestazione, fortemente voluta dagli assessorati all’agricoltura e al turismo del Comune di Corigliano-Rossano, in collaborazione con le Organizzazioni dei produttori del territorio e il Consorzio della Clementina di Calabria Igp, ha segnato un precedente importante per attuare quelle politiche di valorizzazione che legano il prodotto al territorio.
Posizionamento e valorizzazione della produzione di clementine
È toccato a Mario Schiano Lo Moriello, analista di mercato delle produzioni ortofrutticole di Ismea, l’approfondimento sul posizionamento della clementina italiana, con un focus specifico sulla produzione calabrese, all’interno del competitivo panorama europeo. La clementina rappresenta ben il 74,7% della produzione totale di piccoli agrumi con un quantitativo pari a 826.690 tonnellate (dati 2025). Nel contesto commerciale, i termini ‘clementine’ e ‘piccoli agrumi’ sono spesso utilizzati in modo intercambiabile, in quanto rappresentano la percezione del consumatore e del buyer, più che una rigida classificazione botanica, dichiara Schiano.
“Quello che accomuna i prodotti è la loro praticità d’uso che conferisce al prodotto un appeal moderno, rendendolo particolarmente adatto alle abitudini di consumo attuali e attraente anche per i segmenti più giovani. Questa convenienza d’uso rappresenta un asset di marketing fondamentale su cui costruire strategie di crescita”. Il comparto delle clementine è piuttosto ampio e non si fa in tempo a familiarizzare con una varietà che la ricerca ha già messo sul mercato altri tipologie a cui si aggiungono anche le varietà club con i nuovi ibridi particolarmente interessanti in termini di qualità organolettiche e calendario di commercializzazione (elemento chiave per il successo di questa categoria di prodotto). “Ci piaccia o no il mercato sta andando in quella direzione. Le varietà tradizionali vanno bene ma bisogna essere pronti per posizionarsi rispetto ad una domanda in evoluzione” dichiara Schiano citando l’esempio dell’uva senza ormai diffusa in tutti gli areali produttivi più vocati.
Calabria superstar per le clementine: dal cuore della Sibaritide il 66% della produzione nazionale
La Calabria si conferma leader assoluta nella produzione di clementine, con il 66% del totale nazionale e un quantitativo di 668.250 tonnellate complessive.
A trainare il comparto è la provincia di Cosenza (12.350 ettari), in particolare la piana di Sibari e il territorio di Corigliano-Rossano, che da soli producono 357mila tonnellate, pari al 53% del totale italiano, per un valore alla produzione di 120 milioni di euro e 90 milioni di export. A seguire, a grande distanza, la Puglia con Taranto (5.600 ettari) e Reggio Calabria (2.350 ettari).
Per quanto riguarda la superficie si registra una certa stabilità negli ultimi 10 anni (16.000 ettari), mentre la produzione calabrese degli ultimi 5 anni si è assestata su circa 450 mila tonnellate, pur con notevoli oscillazioni dovute a fattori climatici (nell’anno del corona virus la produzione è stata bassissima con una domanda molto elevata). A livello nazionale la superficie totale destinata ai piccoli agrumi si ferma a 36.100 ettari, con 26.968 ettari dedicati alle clementine, ha specificato Schiano.
Quanto pesa la produzione biologica di clementine
Anche nel comparto bio la regione Calabria si distingue. In Regione, nel 2024, oltre 5.600 ettari di clementine sono stati coltivati seguendo il regime biologico. La superficie bio calabrese rappresenta circa il 60% della Sau bio italiana di piccoli agrumi, circa 5.600 ettari sui 10.000 totali a livello nazionale (dati Rapporto sulle IG Ismea-Qualivita del 2024). Questo primato non è solo un dato quantitativo, ma un vantaggio strategico competitivo” dichiara Schiano evidenziando il fatto che la certificazione biologica sia un prerequisito fondamentale per accedere a mercati ad alto valore aggiunto, come quelli scandinavi, e possa fungere da “apripista” per l’intera produzione regionale, anche quella convenzionale, qualificando l’offerta complessiva.
La Clementina di Calabria Igp: tra le principali Ig del comparto ortofrutticolo
La Clementina di Calabria Igp rappresenta un potente strumento di legame tra prodotto e territorio. Questo marchio di indicazione geografica protetta mostra un trend di crescita positivo e costante, con quantità certificate che hanno superato ampiamente le 10.000 tonnellate e un valore alla produzione stimato in circa 3,5 milioni di euro, confermandosi come un elemento chiave per la differenziazione sul mercato. E’ quanto emerge dal Rapporto sulle Ig Ismea-Qualivita del 2024 il quale evidenzia come la Clementina di Calabria Igp sia tra le principali Ig del comparto ortofrutticolo. Infatti, tra il 2015 e il 2023, alla fase di origine, si registra il progressivo incremento delle quantità certificate e del valore della produzione.
Un prodotto identitario per la Sibaritide
Maria Grazia Minisci del Consorzio della Clementina di Calabria Igp e voce dell’Organizzazione di Produttori (Op) Carpe Naturam costituita da aziende leader nel settore dell’ortofrutta delle 3 regioni del Sud, è convinta delle potenzialità derivanti da una corretta valorizzazione del territorio. “Dobbiamo lavorare per riportare il prodotto ad un giusto valore e creare prospettive per il territorio”, dichiara Minisci.
“La produzione agrumicola ha avuto un forte sviluppo a partire dagli anni Settanta e la clementina, in particolare, è diventata una produzione strategica per la piana di Sibari e dell’intera Calabria. Qui ci sono aziende che si sono evolute e modernizzate in termini varietali e di lavorazione. Una parte della produzione non è ancora associata e la commercializzazione si fa individualmente con problemi di fissazione del prezzo e di una produzione che, non trovando sbocchi, a volte viene lasciata sulla pianta. Si sta lavorando al piano agrumicolo regionale e la clementina deve avere un peso importante”, conclude Minisci che parla anche del ruolo della denominazione d’origine.
“Il marchio Igp rappresenta una qualità che rispetta la professionalità e la sapienza dei nostri produttori. Per creare valore dobbiamo aumentare la nostra riconoscibilità, far capire che le produzioni del territorio di Corigliano Rossano sono un’eccellenza. Ma per farlo bisogna stringere i paletti qualitativi del disciplinare, affinché le Clementine di Calabria Igp siano sempre riconoscibili e coerenti con i valori che il marchio trasmette, dal gusto unico alla salubrità del prodotto”.
Le sfide a livello produttivo sulle clementine: la filiera deve marciare coesa
Natalino Gallo, presidente della Op Agricor, ha evidenziato come la sfida principale sia quella di allungare il calendario produttivo, superando la concentrazione di novembre e dicembre con nuove varietà capaci di arrivare fino a marzo inoltrato, in linea con le dinamiche del consumo che premiano i mesi invernali.
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Anche Nicola Cilento, presidente della Op Coab, parla delle sfide che riserva il futuro. “La vera sfida è quella di rilanciare un’immagine chiara e coesa del prodotto di questo territorio, capace di far percepire al consumatore, sia in Italia sia all’estero, che qui si produce un frutto che non ha eguali per gusto, profumo e dolcezza”. Cilento ha sottolineato anche il vantaggio competitivo legato all’etichettatura, che impone per legge di indicare il luogo di produzione e confezionamento, un vincolo che diventa opportunità per identificare e valorizzare prodotto e territorio.
“È imperativo che tutti gli operatori della filiera lavorino insieme. Che si tratti di fusioni aziendali, di costituzione di reti di impresa o di solide collaborazioni operative, è necessario superare la frammentazione per raggiungere la massa critica necessaria per competere su scala globale. È quanto afferma Schiano parlando del futuro del comparto. Gli obiettivi delineati sono di medio periodo e richiedono costanza e lavoro di squadra nel tempo. “Solo attraverso un’azione unificata e coordinata l’intera filiera potrà esprimere il suo pieno potenziale e cogliere le significative opportunità che il mercato offre”, ha concluso Schiano.












