Passione per la qualità

Soprannominata in una nostra recente intervista di Mark Up la “pasionaria dell’ortofrutta italiana”, con Annabella Donnarumma, amministratore delegato di Eurogroup Italia (Rewe) scopriamo le tendenze in atto sia nel reparto frutta e verdura sia nel rapporto con i fornitori, senza dimenticare la comunicazione, sempre più centrale per trasmettere le giuste informazioni al consumatore.

Come sta cambiando il reparto ortofrutta?

Vedo il maggiore cambiamento nell’esposizione dei prodotti nel reparto, in come si presenta un frutto o una verdura al consumatore, che deve iniziare a mangiarli con gli occhi prima di comprarli. Ma non sempre bello fa rima con buono, e ciò che mangiamo a volte non è all’altezza del suo aspetto. Dobbiamo quindi lavorare molto più su questo valore, recuperare i sapori autentici di una volta: in questi anni abbiamo dato troppa importanza al bello a discapito del buono.

E come si può fare questo passaggio?

Bisogna lavorare su cambiamenti varietali, laddove si può: per esempio shelf life sempre più lunghe non devono impattare il fronte del gusto. Una pera abate, frutto tradizionale italiano, che viene trattata con la tecnologia SmartFresh in cella per allungare i tempi rispetto alla stagionalità prevista, rischia in alcuni periodi dell’anno di presentarsi al mercato con un gusto non consono, con il rischio di non sapere più di nulla, come dicono i consumatori. Non è questa la strada da percorrere.

Quale sarà la priorità per frutta&verdura nel 2019, secondo Lei?

La sostenibilità. Rewe è stato il primo retailer in Germania ad abolire i sacchetti di plastica nei punti di vendita e anche per questo (ma non solo) ha vinto parecchi premi per la sostenibilità; non ci limitiamo infatti sono all’attenzione per l’aspetto ambientale, ma ci focalizziamo anche sui valori etici.

Anche il packaging riveste un’importanza particolare

All’interno del reparto si sta lavorando sugli scaffali per avere una presentazione più uniforme possibile: per questo la catena che rappresento, ha da qualche anno iniziato a utilizzare cassette di Ifco (in plastica nera) come elemento principale di esposizione.

Un approccio diverso, rispetto a qualche tempo fa, quando trovavamo nei supermercati qualsiasi tipo di imballaggio, di ogni dimensione e colore, al punto che si aveva l’impressione di essere entrati nei mercati generali e non in un reparto curato.

Anche per voi, come per il consumatore, quindi il tema del lavoro nei campi e della giusta remunerazione dei produttori è molto sentito …

Sì, è vero. Per questo, utilizziamo solo ed esclusivamente produttori che firmano con noi un contratto in cui dichiarano di non utilizzare lavoro nero e caporalato. Per esempio, in Puglia per l’uva, uno dei prodotti più importanti della nostra gamma, vengono effettuati anche audit esterni per garantire il rispetto di questi accordi. Oggi, dopo anni in cui abbiamo scremato i nostri fornitori, arrivando a un rapporto diretto con i produttori, possiamo garantire che non facciamo più uso di agenzie di intermediazione e ciò è un bene anche perché ci permette di un maggiore controllo sulla tracciabilità dei prodotti e della filiera.

Parliamo di fornitori. Che tipo di rapporto instaurate con loro?

Il nostro concetto chiave è “Saison-Planung”, vale a dire programmi stagionali di fornitura; di fatto, stabiliamo in anticipo le percentuali di prodotto che riceveremo da una particolare azienda agricola. Questo comporta un duplice vantaggio: da un lato, il supermercato programma con largo anticipo l’arrivo di quel quantitativo stabilito in un determinato periodo dell’anno; dall’altro, il produttore conosce la percentuale del suo prodotto che il supermercato ritirerà e può quindi programmare la semina e il terreno dedicato.

Chi sono i vostri fornitori?

In linea di massima, aziende che sono cresciute con noi, collaborazioni che abbiamo in essere da diversi anni, alcune anche da oltre 20: imprese di questo genere rappresentano l’80% del nostro portafoglio fornitori, ma siamo anche aperti a conoscere e valutare aziende nuove con vere novità non solo di prodotto, ma anche di packaging o altro nella logica di eventuali espansioni della nostra gamma.

Passiamo alla comunicazione: non pensa sia un aspetto da sviluppare meglio nel mondo sia dell’ortofrutta sia della distribuzione?

Sì, in Italia siamo un po’ indietro, per tutto il comparto. Si potrebbe fare davvero tanto e noi ci stiamo muovendo: con l’insegna Penny in Italia abbiamo iniziato a mettere una faccia sulle confezioni per far capire che dietro al prodotto c’è un agricoltore, una storia da raccontare che si svolge nei campi, con duro lavoro e i sacrifici.

Pensiamo solo a ciò che significano i cambiamenti climatici per chi lavora nei campi: proprio lo scorso novembre, a causa degli allagamenti nei campi, abbiamo dovuto togliere referenze dall’assortimento. Il fatto che manchi un prodotto non vuol dire che non lo vogliamo in assortimento o siamo di fronte a una negligenza, ma che semplicemente è andato perduto o non rispetta i nostri standard di qualità estetica per esserci a scaffale. Sarebbe bello arrivare al consumatore comunicando anche le difficoltà di chi si trova a dover far fronte al maltempo, alla distruzione delle serre: in questo modo si potrebbe, per esempio, provare a vendere prodotti, che a livello qualitativo e di gusto mantengono il loro livello, anche se esteticamente sono stati “rovinati” dal maltempo, diventando marroncini.

Torniamo al tema iniziale sull’estetica e sulla qualità

Sì e non solo. A volte ci viene chiesto di anticipare l’introduzione di un prodotto a scaffale, ma noi siamo contrari a non assecondare il ritmo della natura perché tutto ciò può diventare controproducente: facciamo l’esempio dell’arancia moro-sanguinello, quelle rosse per intenderci. I produttori, sollecitati alla fornitura perché il consumatore la richiedeva, ci hanno mandato foto di arance tagliate a metà che non avevano ancora la pigmentazione rossa, quindi non ha senso partire una settimana prima con un prodotto che non ha le caratteristiche richieste. È chiaro che comportamenti di questo genere si possono fare grazie al rapporto stretto e di fiducia che manteniamo con i nostri fornitori.

Così evitate l’effetto boomerang

Esatto. Vendendo un melone che “sa di saponetta” pur di averlo a scaffale il prima possibile, si rischia che, per diverse settimane, i consumatori non si avvicinino più all’acquisto di quel prodotto, quando non cambiano addirittura punto di vendita.

Capisco bene che spesso si voglia arrivare prima della concorrenza con un nuovo articolo in assortimento … Però sarebbe bello cominciare al momento opportuno.

Ci ha detto quanto è importante la tracciabilità lungo la filiera, vi state muovendo anche in ottica blockchain?

Per il momento non abbiamo programmi di introduzione di questa soluzione, ma ci siamo già mossi in questa direzione: da qualche anno attraverso i nostri codici che abbiamo implementato riusciamo a ricostruire tutto il percorso del prodotto e tramite il Cmp, arriviamo direttamente al fornitore, un sistema che, ad esempio, ci ha permesso di eliminare le agenzie di intermediazione. Mentre al consumatore forniamo QrCode su alcuni prodotti per dimostrare loro con mano cosa si fa. Un modo per coinvolgerlo sempre più in un mondo affascinante e difficile come l’ortofrutta, sul quale c’è ancora molto lavoro da fare.

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