Con Italmercati i centri agroalimentari italiani si alleano

«Italmercati – Rete d’imprese, darà un giro di boa al commercio ortofrutticolo italiano dei mercati all’ingrosso». È la promessa che Fabio Massimo Pallottini, direttore generale del Car, il centro agroalimentare di Roma, fa all’indomani della costituzione della più grande aggregazione rappresentativa dei mercati all’ingrosso italiani.

I fondatori. I primi sei che hanno dato vita a questa nuova alleanza, sugellata nell’incontro dello scorso 26 gennaio ma non ancora formalizzata, già di per sé rappresentano una grande fetta del settore perché sono tra i più grandi del Paese (Firenze, Milano, Napoli, Pescara, Roma e Torino) ma l’obiettivo è quello di far convergere dentro la rete d’imprese, che sarà formalizzata a febbraio, tutti i mercati che vorranno aderire.

«Nell’attuale scenario economico e politico molto complesso – continua Pallottini – Italmercati va visto come uno strumento utile. La creazione di un unico interlocutore politico e istituzionale sul piano sia nazionale che internazionale, ad esempio, permette di dare forza alle istanze del settore di fronte alle istituzioni di riferimento. Perché un conto è andare in Europa a parlare in nome del centro agroalimentare di Roma, altro invece è presentarsi come soggetto unico per tutti i mercati all’ingrosso d’Italia».

I primi sei fondatori che si sono dati appuntamento a febbraio, al momento rappresentano già di per sé una quota significativa del commercio ortofrutticolo italiano dei mercat superiore al 50% ma, se nella rete di imprese dovessero coinvolgere tutti, si riuscirebbe a creare un blocco commerciale che rappresenterebbe circa il 60% del totale dei commerci di ortofrutta in Italia.

«In questo modo – continua Pallottini – oltre ad accrescere il peso politico della categoria, possiamo incidere concretamente sul business non solo dei mercati ma anche dei suoi operatori sia sul piano nazionale che internazionale. Potremmo porci ad esempio come centro unico di acquisti con prospettive di risparmio sui costi di beni e servizi superiori al 10%. Ma potremmo anche incidere sui ricavi diventando un interlocutore unico di fronte ai Paesi che importano in Italia frutta e verdura come Francia e Spagna. La crescita di dimensione, infatti, ci potrebbe permettere di andare a trattare direttamente con le aziende straniere».

Delle prospettive potrebbero anche ipotizzarsi sul fronte di supporto all’export attraverso la capitalizzazione e la messa in rete delle esperienze dei mercati di confine, come Torino e Milano che già veicolano merci, ad esempio in Svizzera o in Francia. Ma su questo punto Pallottini non si sbilancia. «Tutto è possibile – precisa – ma bisogna cominciare con realismo. È già un grande risultato essere riusciti a creare questa rete. La mia opinione personale è che nei mercati del nord-Europa c’è spazio perché c’è una domanda di prodotti italiani a cui non rispondiamo abbastanza».

Tra gli altri obiettivi prefigurati dalla nuova aggregazione di mercati c’è la costituzione di un marchio specifico unico nazionale con l’intento di regolare in maniera specifica la filiera distributiva e la tracciabilità dei prodotti agroalimentari finalizzata al controllo e allo sviluppo della qualità.

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