Un ortaggio che dà in numeri. Dentro e fuori i confini del Belpaese. È il finocchio, di cui l’Italia è il primo produttore mondiale, 500mila tonnellate raccolte nel 2023 su 19mila ettari in un manipolo di regioni (Campania, Puglia, Calabria e Abruzzo) in grado di coprire il 75% dell’offerta. Il tutto per una valore della produzione alla fase agricola che Ismea stima in oltre 250 milioni di euro.
Senza troppi clamori il Foeniculum vulgare è diventato così, quasi di soppiatto, un vero performer dei mercati, apprezzatissimo anche all’estero: posizionandosi al settimo posto tra le verdure più esportate, con 55mila tonnellate (il 10% della produzione) volate oltre i nostri confini, per un giro di affari estero 2023 di circa 67 milioni di euro. Ad apprezzarlo sono soprattutto Germania, Francia e Svizzera, verso cui si concentra il 75% dell’export. Seguite a ruota da Paesi Bassi, Austria e Gran Bretagna, paese quest’ultimo dove, a detta dei produttori, il finocchio viene consumato soprattutto cotto perché gli inglesi non amano il profumo dell’anetolo, l’olio essenziale tipico di quest’ortaggio. Problema che non riguarda invece Lady Gaga, la quale, da sincera italo-americana (il suo vero nome è Stefani Angelina Germanotta e il nonno era originario di Naso, nel messinese), ha dichiarato di recente di gradire moltissimo i finocchi, che ha definito “la verdura più italiana che ci sia”.
Rustico, resistente, facile da coltivare, scarsamente calorico, decantato già da Plinio per le sue proprietà depurative e diuretiche, questo mattatore dell’orto ha smesso da tempo i panni dell’ortaggio invernale, poiché è ormai disponibile 12 mesi l’anno. E questo in virtù delle rese aumentate del 19%,nonostante dal 2000 al 2023 le superfici investite siano in realtà diminuite del 14%. “Il merito è della genetica, che ha permesso la selezione di nuove varietà -spiega Sabato Paolillo, responsabile produzione dell’omonimo gruppo di Eboli, leader del settore che quest’anno compie 65 anni di attività- Ma anche dell’opportuna rotazione colturale, realizzata, su 700 ettari, grazie una partneship con più di 30 aziende agricole, alle quali forniamo semi, piante e assistenza agronomica. In estate raccogliamo nella piana del Fucino, in Abruzzo, mentre in inverno lavoriamo qui in Campania, nell’agro sarno-nocerino, fino in Molise, Puglia e Calabria. E sempre grazie alla ricerca abbiamo ridotto del 50% l’uso della chimica in campo, facendo ricorso a prodotti bio a base di oli essenziali, ai quali le piante rispondono molto bene”. Lavorati sul posto, con un ritmo di 500 q al giorno per 25 giorni al mese, sono ogni anno 1,5 i milioni di quintali di finocchi che Paolillo spedisce da Firenze in su. Sono destinati per il 60% alla gdo (anche confezionati in prima gamma evoluta) e per il restante 40% ai mercati generali, dove arrivano entro 24-36 ore dalla raccolta. Solo il 10% del prodotto decolla per l’estero. “Se la pezzatura classica in Italia è di 400-500 grammi, gli stranieri vogliono prodotti più piccoli, che i consumatori comprano a pezzo e non a peso -spiega ancora Paolillo- Per certi versi per noi è più facile: perché i finocchi più piccoli si prestano meglio al trasporto, pesano di meno e poi, essendo più acerbi, hanno una tenuta maggiore durante il viaggio”.
Benché ancora scarsamente valorizzato, il foeniculum vulgare in realtà è una verdura di multiforme ingegno, che si presta a un‘infinità di usi. Parola di Maria Pia Paolillo, responsabile amministrativo e mente innovativa del gruppo: “Il finocchio non è solo un ortaggio bensì un prodotto da boutique. Per questo stiamo realizzando estratti per cocktail, gelée, liquori, sorbetti e snack disidratati sotto forma di chips, tutte proposte che alle fiere stanno riscuotendo grande successo. Certo, al momento si tratta di prodotti di nicchia: ma potrebbero diventare in futuro un interessante business parallelo”. E proprio per sfruttarne al massimo le grandi potenzialità la Paolillo ha dato vita nel 2018 a Foen, linea cosmetica che esalta le proprietà depurative e antiage del finocchio, utilizzandone gli estratti: dimostrando come “dal food al beauty food” il passo sia veramente breve.
Ma l’Italia vanta un altro primato: e cioè quello di essere il primo (e al momento unico) paese a vantare un finocchio tutelato da un’indicazione geografica europea. Nel 2022 a ottenere il riconoscimento Igp è stato il finocchio di Isola Capo Rizzuto, un ecotipo unico, presente in queste zone fin da quando fu importato dai greci dalla pianura di Maratona, nel IV secolo a.C. Le sue caratteristiche? Scarsa fibrosità, morbidezza, giusto grado zuccherino e un profumo inconfondibile, grazie all’abbondante presenza di anetolo. Aroma apprezzato in tempi non sospetti già da Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, che ne aveva individuato le peculiarità.
“È un prodotto unico, tipico della fascia costiera ionica, assai indicato per la trasformazione -afferma Enzo Talotta, direttore del Consorzio di tutela, che a oggi riunisce 15 imprenditori-. Da noi è infatti tradizione antica realizzare filetti di finocchio sott’olio e pepe nero, carpacci e paté. E siccome il fresco è disponibile da fine ottobre fino a marzo per i precoci e da inizio marzo sino alla metà di giugno per i tardivi, miriamo a coprire il mercato nei restanti mesi proprio con i trasformati”. Nell’attesa di conoscere i volumi di produzione (il consorzio si è costituito nel 2023 e nel 2024 ha registrato condizioni climatiche sfavorevoli) in occasione di Fruit Logistica 2025, l’Igp calabro ha sfoggiato un nuovo packaging ad alta riconoscibilità, sbarcato in Gdo dall’inizio del mese di aprile.
Il confezionato resta ancora minoritario sul mercato (8% delle vendite, stima Ismea) ma è considerato un vettore importante per dare un “nome” e un’identità al finocchio, facendogli perdere l’anonimato tipico della commodity. Come testimonia Dolce Lucano, il primo finocchio brandizzato, ideato nel 2019 dalla op materana Primo Sole per connotare il prodotto confezionato di fascia premium, coltivato esclusivamente in Basilicata e disponibile da ottobre a maggio. Laddove “dolce” identifica la caratteristica principale del prodotto (e cioè un grado zuccherino mediamente superiore a quello di altri areali, come emerso dai test di spettometria nir) e “lucano” ne sottolinea la sua spiccata territorialità. “
Le condizioni pedoclimatiche della piana di Metaponto, e cioè terreni ricchi di sali minerali e forte escursione termica, favoriscono la crescita di un finocchio d’eccellenza, polposo e croccante, nel quale dolcezza e aromaticità trovano un un perfetto equilibrio -dichiara Francesca Appio, responsabile amministrazione e comunicazione di Primo Sole – Da qui la decisione di dar vita ad un marchio ad hoc, dedicato a una referenza di alta gamma confezionata e a grande contenuto di servizio. Siamo stati tra i primi ad investire in questo senso, consci che l’alta qualità merita una veste adeguata: oggi Dolce Lucano rappresenta il 25% dei 270mila quintali di finocchi che produciamo ogni anno su 600 ettari e genera il 20% dei 20 milioni di euro fatturati nel 2024”. Disponibile in confezioni da 2 Kg o 750 grammi, con grumoli interi, tutti commestibili, sottoposti a tre lavaggi in acqua ozonizzata, Dolce Lucano è una referenza totalmente plastic free: è confezionato in vassoi di cartone e avvolto in flow pack in fibra di mais, dall’etichetta in materia vegetale. Per queste sue caratteristiche Dolce Lucano sta facendo da traino, in termini di visibilità, all’intera op: non a caso è presente come product placement nella popolare fiction Rai “Imma Tataranni”, ambientata a Matera.
Il posizionamento premium contribuisce anche ad ottenere una maggiore considerazione nella contrattazione con la distribuzione moderna (che canalizza l’80% delle vendite nazionali di finocchi) proprio in virtù di una maggiore riconoscibilità della qualità aziendale, ottenuta anche grazie alla comunicazione social. “E in una Gdo che ancora non comprende del tutto l’importanza del comunicare i valori di frutta e verdura al consumatore non è cosa da poco – aggiunge Appio – C’è in generale più rispetto e si riesce ad instaurare un confronto alla pari senza squilibri. Certo, la lavorazione e il packaging del premium costano mediamente un 15% in più. Ma il cliente, una volta fidelizzato, bada meno al prezzo”.
E proprio i prezzi, nella campagna agricola attuale, rappresentano il vero punto debole del comparto, caratterizzato dall’assenza di sinergie tra i vari competitor e dalla programmazione di superfici da coltivare.
“Rispetto a un anno fa la campagna in corso registra un calo del 30% dei prezzi dei finocchi al cancello dell’azienda agricola– sottolinea Mario Schiano Lo Moriello, analista di mercato di Ismea – Sono le variazioni quantitative e qualitative del comparto a determinare un’eccezionale volatilità dei prezzi all’origine. Ecco perché solo con l’aggregazione dell’offerta e con la programmazione degli investimenti in campo si possono evitare gli squilibri tra domanda e offerta e le eccessive oscillazioni dei prezzi all’origine, riuscendo ad assicurare ai produttori un equo profitto”.
Fennel, an Italian agricultural treasure that conquers the world
Italy exports 55 thousand tons of fennel. Thanks to genetics and advanced techniques, fennel is also appreciated in the cosmetics and food sectors
This vegetable boasts impressive numbers. Both inside and outside the Italian borders. We are talking about fennel, of which Italy is the world’s first producer, 500 thousand tons harvested in 2023 on 19 thousand hectares in a handful of regions (Campania, Puglia, Calabria, and Abruzzo) capable of covering 75% of the supply. The production value at the agricultural stage estimated by Ismea is over 250 million Euros.
Without much fanfare, Foeniculum vulgare has thus become, almost secretly, a true market performer, highly appreciated abroad, too: it ranks seventh among the most exported vegetables, with 55 thousand tons (10% of production) beyond our borders, for a 2023 foreign turnover of approximately 67 million Euros. It is appreciated above all by Germany, France and Switzerland, towards which 75% of exports are concentrated. These Countries are closely followed by the Netherlands, Austria, and Great Britain. According to producers, precisely in Great Britain fennel is mainly consumed cooked, because the English do not like the smell of anethole, the essential oil typical of this vegetable. This problem does not concern Lady Gaga, who, as a sincere Italian-American (her real name is Stefani Angelina Germanotta and her grandfather came from Naso, in the Messina area), recently declared that she really likes fennel, which she defined as ‘the most Italian vegetable there is’.
Rustic, resistant, easy to grow, low in calories, already praised by Pliny for its purifying and diuretic properties, this star of the garden has long since stopped being a winter vegetable, since it is now available 12 months a year. And this happens thanks to yields that have increased by 19%, despite the fact that from 2000 to 2023 the concerned areas actually decreased by 14%. Sabato Paolillo, production manager of the group with the same name in Eboli, a leader in the sector that this year celebrates 65 years of activity, explained: ‘The credit goes to genetics, which has allowed the selection of new varieties. But also, to the appropriate crop rotation, carried out on 700 hectares, thanks to a partnership with more than 30 agricultural companies, to which we provide seeds, plants, and agronomic assistance. In the summer we harvest in the Fucino plain, in Abruzzo, while in the winter we work here in Campania, in ‘Agro Sarno-Nocerino’, up to Molise, Puglia, and Calabria. And again, thanks to research we have reduced the use of chemicals in the field by 50%, using organic products based on essential oils, to which the plants respond very well’. 1.5 million quintals of fennel, processed on site, at a rate of 500 quintals per day for 25 days a month, are shipped from Florence and up every year by Paolillo. 60% of them are destined for large-scale retail trade (also packaged as advanced first range products) and the remaining 40% for wholesale markets, where they arrive within 24-36 hours after harvesting. Only 10% of the product is sent abroad. Paolillo explained: ‘If the classic size in Italy is 400-500 grams, foreigners want smaller products, which consumers buy by the piece and not by weight. In some ways it is easier for us, because smaller fennels are better suited to transport, weigh less, and, being more unripe, they last longer during the trip’. But Italy boasts another record: that of being the first (and currently only) Country to have a fennel protected by a European geographical indication. In 2022, the PGI recognition was obtained by Isola Capo Rizzuto fennel, a unique ecotype, present in these areas since it was imported by the Greeks from the plain of Marathon, in the 4th century BC. Its characteristics are low fibrousness, softness, right sugar content, and unmistakable aroma, thanks to the abundant presence of anethole. This aroma was appreciated in unsuspected times already by Bernardo Caprotti, owner of Esselunga, who had identified its peculiarities.
Enzo Talotta, director of the Protection Consortium, which today brings together 15 entrepreneurs, explained: ‘It is a unique product, typical of the Ionian coastal strip, highly suitable for processing. In fact, in this area there is an ancient tradition that suggests to prepare fennel fillets in oil and black pepper, carpaccio, and pâté. And since fresh fennel is available from the end of October to March for the early ones, and from the beginning of March to mid-June for the late ones, we aim to cover the market in the remaining months precisely with processed products’. While waiting to know the production volumes (the Consortium was established in 2023 and in 2024 it recorded unfavorable weather conditions), on the occasion of Fruit Logistics 2025, the Calabrian PGI product has shown off a new highly recognizable packaging, which has been available in large-scale retail trade since the beginning of April.
The packaged product is still a minority on the market (8% of sales, according to Ismea estimates), but it is considered an important vector to give a ‘name’ and an identity to fennel, making it lose the anonymity typical of commodity products. This was evidenced by Dolce Lucano, the first branded fennel, conceived in 2019 by Matera-based Primo Sole PO to characterize the premium-end packaged product, grown exclusively in Basilicata and available from October to May. Here ‘dolce’ (sweet) identifies the main characteristic of the product (i.e. a sugar content that is on average higher than that of other areas, as emerged from the NIR spectrometry tests) and ‘lucano’ (from Basilicata) underlines its strong territoriality’.
Francesca Appio, responsible person of administration and communication for Primo Sole, explained: ‘Soil and climate conditions of the Metaponto plain, that is, soils rich in mineral salts and strong temperature ranges, favor the growth of an excellent fennel, pulpy and crunchy, in which sweetness and aroma find a perfect balance. Hence the decision to create an ad hoc brand, dedicated to a high-end packaged reference with high service content. We were among the first ones to invest in this sense, aware that high quality deserves an appropriate presentation: today Dolce Lucano represents 25% of the 270 thousand quintals of fennel that we produce every year on 600 hectares and generates 20% of the 20 million Euros invoiced in 2024’. Dolce Lucano, available in 2kg or 750g packs, with whole kernels, all edible, subjected to three washes in ozonated water, is a totally plastic free reference: it is packaged in cardboard trays and wrapped in corn fiber flow pack, with a label in plant material. For these characteristics, Dolce Lucano is driving the entire PO in terms of visibility: it is no coincidence that it is present in terms of product placement in the popular Rai fiction ‘Imma Tataranni’, set in Matera.
The premium positioning also contributes to obtaining greater consideration in bargaining modern distribution (which channels 80% of national fennel sales) precisely by virtue of greater recognition of company’s quality, also obtained thanks to social communication. Appio added: ‘And in a large-scale retail trade that doesn’t fully understand the importance of communicating the values of fruit and vegetables to the consumer, this is not a trivial matter. There is generally more respect and we can establish an equal comparison without imbalances. Of course, the processing and packaging of premium products cost an average of 15% more. But the customer, once become loyal, cares less about price’.












