L’agricoltura italiana? Disarmata e a rischio estinzione

Tavola rotonda, da sinistra Drei, Mammi, Vernocchi, Vrecionova, Cappellini. Sullo schermo, Assenza

È un momento cruciale quello che oggi sta attraversando il mondo dell’ortofrutta, sia nazionale che a livello europeo. Un momento fatto di sfide epocali dove a essere in gioco non è più soltanto una congiuntura negativa o un’annata in perdita ma la sopravvivenza stessa di una filiera, la sua sostenibilità economica e produttiva, e in definitiva non più solo l’export ma la possibilità di garantire derrate alimentari al paese senza dover dipendere in toto da mercati esteri. Cambiamenti climatici, nuovi parassiti e fitopatie, crisi dei mercati, regolamenti che sembrano fatti per rendere la vita difficile ai produttori, tutto concorre a mettere sul chi vive il mondo delle imprese ortofrutticole. Una sfida che Apo Conerpo, al compimento dei suoi primi 30 anni di vita, ha voluto fare propria in un convegno intitolato “Coltivare il futuro tra politiche green e mercato” nel quale si è sostenuta a più voci la necessità di trovare una soluzione di compromesso fra la giusta attenzione per le politiche ambientali e le condizioni che consentono a un’impresa di continuare a operare in maniera economicamente sostenibile.

“Parlando di prodotti fitosanitari ogni volta che l’Unione Europea mette fuori legge una molecola – spiega il presidente Davide Vernocchi – una filiera delle nostre produzioni ortofrutticole diventa a rischio. L’Italia ha perso circa l’80% delle molecole autorizzate, con un’accelerazione drastica negli ultimi 25 anni. Questo oggi significa che per ogni principio attivo eliminato, in mancanza di alternative efficaci si rischia di perdere intere colture fondamentali per il tessuto produttivo nazionale con un impatto gravissimo sia sul piano economico che di sostenibilità ambientale”. Secondo un rapporto presentato da Nomisma l’ortofrutta in Italia genera ancora ricchezza, ma ne genera di meno rispetto al passato e il trend per il futuro non pare incoraggiante. Nel periodo 2022-23 circa 158mila imprese agricole hanno sviluppato una produzione ortofrutticola attorno ai 19 miliardi di euro pur occupando solo il 9% della superficie agricola totale, e di questo controvalore poco meno di 11 miliardi sono rappresentati dall’export.

In questo contesto l’Emilia-Romagna, dove Apo Conerpo detiene la maggior parte delle proprie produzioni, vale circa l’8% del valore totale e il 17% di quello a esportazione. Ma queste cifre rischiano di rimanere un bel ricordo se si pensa alla crisi di determinati comparti, crisi che sta obbligando a ricorrere sempre di più all’importazione, specie da paesi extra-Ue che non rispettano certo le nostre stesse normative. Negli ultimi dieci anni l’import delle pere è cresciuto del 13%, quello delle pesche e nettarine del 22%, quello del pomodoro da industria del 45% (nonostante un saldo commerciale spaventoso) e quello del kiwi addirittura del 108%. E si tratta di quattro produzioni identitarie dell’Emilia-Romagna, che per anni hanno visto la regione ai primi posti a livello internazionale.

A tranquillizzare gli addetti ai lavori sono giunte le parole di Veronika Vrecionová, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, secondo cui il nuovo commissario Ue all’Agricoltura, Hansen, “è ben consapevole del ruolo che ha l’agricoltura e del valore strategico del settore ortofrutta nella sicurezza agroalimentare. La sicurezza – sottolinea – è essenziale non solo per la Difesa, ma anche in termini alimentari. Siamo ben consci di questo. Spero che nella nuova Pac vedrete anche un migliore equilibrio tra motivazioni, norme e regole”. Ma per le politiche europee, specie quelle passate sotto la precedente legislatura, c’è soltanto carbone del colore più scuro, e da parte di persone non certo abituate a sparare siluri contro le decisioni di Bruxelles: “Il presente – tuona Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative – ci sta mettendo davanti a una serie di difficoltà e imprevidibilità. L’Europa deve essere protagonista nel mondo ma non si può trattare l’agricoltura come l’anello debole, l’agnello sacrificale da immolare ogni volta sull’altare di altri interessi. Bisogna rimettere in discussione una visione ideologica e dogmatica dell’ambientalismo. Orgoglio, responsabilità e presenza devono essere le parole d’ordine che ci porteranno nel futuro contro ogni genere di eccesso, di normazione, contro ogni concorrenza sleale”. Che fare quindi? “Servono regole commerciali basate sulla reciprocità – conclude Vernocchi – per garantire equità tra produttori europei ed extra-UE – incalza Vernocchi -, occorrono maggiori investimenti in ricerca e innovazione per sviluppare soluzioni produttive efficaci, bisogna rafforzare gli strumenti di difesa attiva e passiva, fondamentali per la protezione delle colture di fronte agli effetti del cambiamento climatico, e parlare di riduzione dei principi attivi utilizzabili solo in presenza di alternative valide. E serve sempre di più un concreto sostegno all’aggregazione di qualità per aumentare la competitività delle OP: in Emilia-Romagna abbiamo esempi virtuosi, come quelli sul settore pericolo che hanno dato risultati importanti. Apo Conerpo è pronta a fare la sua parte, ma servono politiche agricole comunitarie che sostengano davvero il settore”.

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