Terremerse, dal prodotto da industria al fresco #vocidellortofrutta

L’Op ha ampliato il business dopo l’incorporazione della Op Pempacorer, come racconta il presidente Marco Casalini. “Stiamo sperimentando i primi robot in campo”

Centralina di monitoraggio del pomodoro Terremerse
Centralina di monitoraggio del pomodoro

Terremerse è una cooperativa multifiliera, attiva in diversi comparti, con oltre 5.700 soci. Dal primo gennaio 2021 svolge l’attività di Organizzazione di produttori per il settore ortofrutta, dopo aver concluso il percorso di fusione per incorporazione della Op Pempacorer. Già Op per il prodotto da industria da parte della Regione Emilia-Romagna, si occupa  ora anche della commercializzazione del prodotto fresco, come racconta il presidente Marco Casalini. La Sezione Op Ortofrutta fattura 110 milioni di euro ed è costituita da 462 aziende agricole produttrici per 6.168 ettari di superficie coltivata complessiva, 290 mila tonnellate di prodotto commercializzato e 5 filiali controllate per la commercializzazione.

Il focus della cooperativa è sempre stata l’industria.

Sì, come Terremerse abbiamo sempre avuto una produzione importante di orticole industriali (pomodoro, pisello, fagiolino, eccetera) e frutticole. Sono coltivati nelle nostre aree storiche, a partire dall’Emilia-Romagna. Prodotti destinati alle più importanti industrie di trasformazione: serviamo aziende come Mutti, Rolli, Fruttagel, Conserve Italia. Lavoriamo molto per guadagnare spazi presso l’industria. Abbiamo un alto numero di ettari e abbiamo bisogno di un ventaglio di aziende che ci facciano assorbire il prodotto.

Dopo l’incorporazione della Op Pempacorer, su cosa si sta focalizzando il business per l’ortofrutta di Terremerse?

Pomodoro Op Terremerse
Pomodoro Terremerse

Il fresco arriva da cooperative associate del Centro-Sud, soprattutto nella zona del Basso Lazio, Latina, Terracina, Fondi. Lì coltiviamo orticole fresche che raggiungono la grande distribuzione o i mercati generali. Tra i prodotti di punta, angurie, zucchina, pomodoro da mensa, melanzana, carota. Questa attività l’abbiamo “ereditata” con l’incorporazione della Op Pempacorer, perché queste aziende erano patrimonio di quella Op. Oggi ci concentriamo nel dare prospettiva di redditività su queste specie, cercando di collocarle sui mercati migliori. E cerchiamo di aiutare in campagna nella riduzione dei costi con la nostra attività principale, l’assistenza tecnica e le linee tecniche di difesa, nutrizione, irrigazione.

Che tipo di strategie innovative state portando avanti in tema di agricoltura 4.0?

Marco Casalini, presidente Op Terremerse
Marco Casalini, Op Terremerse

Il nostro essere multifiliera ci ha portato ad avere un servizio di assistenza tecnica molto importante, oggi strutturato su 35 punti di vendita sul territorio nazionale in 8 regioni con 60 tecnici. Questi sono guidati da un team di ricerca e sviluppo che quotidianamente opera su tutti i fronti dell’agronomia. E divulga alla rete tecnica gli elementi da portare in campo, cercando la soluzione migliore sostenibile. Da anni lavoriamo su uno strumento Dss, Agronomica 3.0, una rete di centraline posizionate nelle aziende agricole. Consentono di raccogliere dati meteo e dal terreno: la foglia elettronica ci consente, per esempio, di capire quanta umidità rimane sulle nostre piante e per quanto tempo. Il tutto viene elaborato dagli algoritmi del sistema che ci vanno a indicare il momento migliore di intervento. Oggi facciamo irrigazione, concimazione e interventi fitosanitari solo quando serve. Agronomica 3.0 si sta sviluppando su diverse orticole e frutticole e stiamo lavorando per distribuirlo a più soci possibili. Per il pomodoro, ad esempio, abbiamo avuto una riduzione importante di acqua, concime e agrofarmaci e aumento di quantità e qualità.

Su cos’altro state lavorando?

Droni terrestri, robotica. Stiamo testando i primi robot in campo che eseguono il diserbo localizzato sula singola infestante. Tecnologia e ricerca applicata sono il nostro cuore pulsante. La nostra Ricerca e Sviluppo, tra le altre attività, collabora con le principali multinazionali per testare le molecole dei prodotti (diserbanti, fitofarmaci, concimi) prima di commercializzare i relativi prodotti. A tale scopo, ogni anno allestiamo dei campi prova di sperimentazione.

Terremerse ha avviato un importante progetto con Ferrero sul nocciolo per la messa a dimora di 600 ettari in 5 anni per diventare attore importante di una filiera di qualità al 100% italiana. Come sta procedendo?

Nocciolo Op Terremerse
Nocciolo Terremerse

Nasce in una logica di filiera. Quando è possibile cerchiamo di trovare accordi con industria, distribuzione. Il progetto nasce dalla richiesta di mercato che chiede nocciola in quantità industriali e l’Italia è il secondo produttore mondiale dopo la Turchia. Ferrero necessita di nocciole made in Italy e noi abbiamo bisogno di dare alternative ai nostri agricoltori con marginalità e possibilità di colture in più territori (noi andiamo dal Lazio alla Lombardia). Oggi siamo sui 100 ettari e il progetto prevede 600 ettari in 5 anni. È una coltura che si presta ad alta meccanizzazione e questo ci tranquillizza in un periodo con scarsità di manodopera. Abbiamo 5600 soci su 8 regioni e questo è stato un elemento di vantaggio nell’interloquire con Ferrero.

Quali rapporti sono instaurati con i retailer?

Con la parte fresco arriviamo sulle piattaforme e abbiamo rapporti con tutte le catene della grande distribuzione. La gdo è un profondo alleato e il nostro braccio che arriva al consumatore. Gli accordi nascono dalla pianificazione che si fa durante l’anno e sono dati da tanti elementi: c’è confronto quotidiano. Certo non ci piace quando l’ortofrutta viene regalata in base alla spesa. Circa 200 aziende tra i nostri soci arrivano con i propri prodotti nella grande distribuzione, sempre nell’ambito dell’attività della nostra Op. Anguria, cocomero, melone, zucchine, pomodoro, fiori di zucca, melanzane, peperoni, ravanello, carota, rape, cavoli. Molte sono produzioni da serra.

 

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