Siglato l’accordo tra Cma Cgm e Porto di Venezia, in 24 giorni si arriverà in Asia

Gira Giro di boa al porto di Venezia. Un accordi con la Cma Cgm che permette di aprire nuove traiettorie verso l’estremo Oriente e il rilancio del Venice Green Terminal, la piattaforma logistica esistente da tre anni esclusivamente dedicata allo stoccaggio e alla movimentazione di prodotti ortofrutticoli, farà di Marghera uno snodo nevralgico per gli esportatori.

L’accordo. È di due settimane fa l’accordo siglato tra la Cma Cgm, compagnia di trasporto marittimo di bandiera francese, e i vertici del porto di Venezia che permetterà l’attracco delle navi oceaniche rivolte ai mercati asiatici nell’hub di Marghera. L’accordo, non l’unico passo nella direzione di rilanciare il porto, permetterà alle merci in partenza dal Nord Italia di arrivare sui mercati asiatici in 24-28 giorni, con un notevole abbattimento del time shipping dal momento che adesso non sarà più necessario, il passaggio dai grandi snodi del mediterraneo come Gioia Tauro, Malta il Pireo o Port Said.

Venice Green Terminal. La Cma Cgm crede nella sfida lanciata dal nuovo managment del porto di Venezia, rinnovato a fine 2014, che da un lato punta a nuove traiettorie commerciali e dall’altro ad implementare il funzionamento della piattaforma logistica esclusivamente dedicata allo stoccaggio e alla movimentazione dei prodotti ortofrutticoli, Venice Green Terminal, 10mila mq complessivi di cui 7mila di superficie a freddo, attiva da tre anni ma mai arrivata a funzionare a pieno regime.

«Attualmente – spiega Salvo Pappalardo del dipartimento commerciale di Venice Ro-Port Mos S.C.p.A. – il Venice Green Terminal utilizza il 70% del suo potenziale ma l’obiettivo è quello di arrivare ad utilizzarlo al 100% entro breve».

La strada individuata dal nuovo management cammina su due binari.

Le nuove rotte. Da un lato l’apertura di nuovi mercati (non più solo quelli dell’area del Mediterrano) assegnando a Venezia un ruolo di nodo nevralgico dei flussi provenienti, da un lato, dal Centro-Europa e diretti verso il mediterraneo ma anche di quelli diretti verso i paesi del Golfo (grandi importatori di made in Italy) e verso le rotte più lontane come quelle asiatiche: Cina, in particolare Singapore, ma anche India, Thailandia e Laos.

«È stato necessario individuare nuove rotte – continua Pappalardo – perché quelle dei mercati sui quali abbiamo investito fino ad ora, ossia verso gli Stati che affacciano sul mediterraneo, non si sono sviluppate secondo le aspettative. I motivi sono sostanzialmente due. Da un lato la forte instabilità politica che si è registrata in quei paesi a cominciare dal 2011 con l’avvento delle primavere arabe e dall’altro anche dalle condizioni generali dei porti del mediterraneo non tutti adeguatamente strutturati per una buona logistica a freddo».

Il porto off-shore. In questo senso l’idea del progetto di porto off-shore, attualmente in fase embrionale, che costerà 2,1 miliardi di euro (che non si capisce da dove arriveranno), potrebbe essere un trampolino di lancio per l’ulteriore internazionalizzazione del porto veneto. L’aggiunta di una nuova banchina al largo di Marghera per l’attracco di grandi navi, ridurrebbe infatti i tempi doganali per le merci che transitano da Venezia anche perché permetterebbe di ridurre gli scali intermedi nei grandi hub del mediterraneo che, attualmente, allungano i tempi di movimentazione da e per Venezia, anche fino ad una settimana.

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