Una filiera che litiga non funziona

Una filiera che collabora, che trova insieme le soluzioni migliori per portare valore nelle case del consumatore, sarebbe l’ideale, ma qualcosa manca: la contrapposzione sempre più marcata tra mondo agricolo e gdo italiana: a chi fa comodo? Apparentemente a nessuno, da un lato abbiamo un’agricoltura che sta evolvendo, cambiando pelle, più informatizzata, più attenta al mercato e meno alle logiche “politiche” di sovvenzione fine a se stessa; dall’altro, una gdo conscia del valore oggi dell’agroalimentare made in Italy e in particolare dell’ortofrutta agli occhi di un consumatore che, a sua volta, è sempre più alla ricerca di freschezza e naturalità. Osserviamo, quindi, un potenziamento dell’offerta, un lavoro ancora più attento con il territorio, con i fornitori locali, per contribuire nell’insieme al gusto e alla freschezza, ma anche al benessere degli stakeholder che afferiscono al territorio in cui operano. Poi va chiarita una cosa: la gdo italiana (almeno i primi tre in classifica) è una gdo “local” per definzione: Coop, Conad e Selex sono di fatto associazioni, cooperative territoriali, non multinazionali del retail. Le pratiche sleali, quando ci sono, vanno denunciate, e i retailer dovrebbero essere i primi a condannare i colleghi che utilizzano tali pratiche (cosa fatta anche recentemente), ma il distinguo che spesso non si fa è che, se è indispensabile proteggere le realtà più piccole e più deboli, non avrebbero nessun bisogno di protezione (almeno dal retail nostrano) le realtà multinazionali che se la cavano benissimo da sole, inserite in un panorama di dura competizione, dove la muscolarità c’è e deve esserci da entrambe le parti.

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