Dal progetto Hypatia i fertilizzanti “smart”: le nanotecnologie nell’agricoltura del futuro

Parte del Team Hypatia al sincrotrone svizzero per studiare coi raggi X la struttura e la morfologia dei nanofertilizzanti (da sinistra: Federica Bertolotti, Norberto Masciocchi, Antonella Guagliardi e Fabio Ferri)

“Intelligenti” tanto da consentire un rilascio controllato dei nutrienti: sono i nanofertilizzanti i protagonisti del progetto Hypatia, cofinanziato da Fondazione Cariplo, sviluppato dall’Università dell’Insubria, in collaborazione con Ic-Cnr, l’Istituto di cristallografia del consiglio nazionale delle ricerche, Università di Granada e Ifapa (Instituto de investigación y formación agraria y Pesquera – Cordoba).

 

Hypatia per uno sviluppo ecosostenibile

Dalla ricerca la risposta per uno sviluppo ecosostenibile dell’agricoltura che si appresta a raccogliere un’importante sfida. Nel 2050 saranno 9,8 miliardi gli abitanti della terra, dato emerso dal Rapporto Onu world population prospects 2017. Ipotizzando un modello alimentare simile a quello occidentale, la produzione agricola dovrà avere un incremento pari a circa il 50% al fine di soddisfare il bisogno alimentare dell’uomo e per nutrire gli animali destinati oltre che alla produzione di carne, anche a quella di latte e formaggio. Inoltre, le scelte adottate dai governi, indotte dall’incremento dei prezzi della produzione di energia e dall’esigenza di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, determineranno un aumento della produzione di agro-carburanti.

L’Unione europea e numerosi paesi extraeuropei si sono infatti posti l’obiettivo di contribuire alla riduzione del global warming e della crescita dei gas serra implementando politiche adeguate. Il Rapporto Fao world fertilizer trends and outlook to 2018, evidenzia che il consumo mondiale di fertilizzanti potrebbe superare già nel 2018 i 200 milioni di tonnellate e, viste le premesse, è evidente che questo è un dato destinato ad aumentare. L’impiego intensivo dei fertilizzanti convenzionali costituisce uno dei fattori antropogenici responsabili della eutrofizzazione dei corpi idrici a debole ricambio: sostanze nutritive come azoto e fosforo non assorbiti dal suolo, vengono trasportati dalle piogge nelle acque sotterranee che confluiscono nei laghi e nei mari. La sovrabbondanza di questi elementi, genera uno smisurato incremento di piante acquatiche, proliferazione delle alghe, depauperazione dell’ossigeno e impoverimento delle specie ittiche.

Piante più sane e altamente produttive

I fertilizzanti attualmente in uso non sono completamente biodisponibili e vengono assorbiti dalle piante solo parzialmente. Ne consegue lo sfruttamento smisurato di risorse naturali: giacimenti non rinnovabili, quali le rocce fosfatiche che sono fonte di fosforo, elemento nutriente delle piante e componente dei fertilizzanti. Fronteggiare l’incremento dei consumi tutelando ambiente e risorse sono fondamentali esigenze. Il progetto multidisciplinare Hypatia, ha la finalità di integrare le nanotecnologie nello sviluppo di nuovi fertilizzanti più efficienti ed ecosostenibili. Nanoparticelle di apatite biomimetica contenenti fosforo e calcio, saranno arricchite di azoto e potassio allo scopo di ottenere nanofertilizzanti che, rispetto ai fertilizzanti convenzionali, hanno la caratteristica di incorporare elevate quantità di nutrienti in un piccolo volume, consentendo un rilascio graduale degli stessi, determinato dalla dissoluzione delle nanoparticelle e modulato su scala temporale. Il rilascio avverrà nel giro di poche ore per i nutrienti assorbiti sulla superficie delle nanoparticelle, mentre si verificherà nel corso di giorni o settimane per i nutrienti presenti all’interno delle stesse. L’obiettivo, spiegano i ricercatori, “è ottenere una pianta sana e altamente produttiva nonostante la quantità di fertilizzante data sia piccola, ma concentrata e rilasciata in modo graduale da un sistema smart”.

Ne parliamo con la dottoressa Antonella Guagliardi, ricercatrice del Consiglio nazionale delle ricerche e con il professor Norberto Masciocchi, docente di chimica all’Università dell’Insubria, sede di Como, coordinatori del progetto Hypatia che coinvolge 12 scienziati, soprattutto giovani.

Cosa dicono i ricercatori

Alcuni elementi sono presenti sulla superficie delle nanoparticelle e altri all’interno. Qual è il meccanismo che consente ai nanofertilizzanti un rilascio graduale degli elementi nutritivi?

[R. Guagliardi] Il materiale costituente le nanoparticelle di fertilizzante è un fosfato di calcio, noto come apatite, simile alla componente minerale di ossa e denti dei vertebrati. Tale materiale, nelle sintesi da noi effettuate, viene arricchito di ioni nitrato ed ammonio inglobati all’interno della struttura cristallina delle nanoparticelle. L’apatite nanometrica è un materiale poco solubile e la sua lenta disgregazione è in grado di rilasciare i nutrienti inglobati al suo interno nell’arco di alcuni giorni. Se però ricopriamo queste nanoparticelle con una “camicia” di un altro agente fertilizzante, come l’urea, questa viene rilasciata molto più velocemente, garantendo un apporto immediato di azoto nelle prime fasi di applicazione. Ciò significa che lo stesso materiale può agire da fertilizzante per un tempo prolungato, garantito dalla copresenza di due meccanismi di rilascio differenti, uno rapido e uno molto più graduale.

Se le piante ottenute saranno più sane, credo si possa ipotizzare una riduzione dei trattamenti delle colture con agrofarmaci.

[R. Masciocchi] Le piante saranno più sane nel senso che, godendo degli effetti benefici dei fertilizzanti (il loro “alimento”) a rilascio controllato, avranno sicuramente meno bisogno di agrofarmaci (le loro “medicine”). Analogamente, una popolazione ben nutrita, è sicuramente meno soggetta a malattie e richiede, di norma, meno cure.

Questi fertilizzanti di nuova generazione potrebbero essere utilizzati anche in agricoltura biologica?

[R. Masciocchi] Se per agricoltura biologica si intende l’assenza di uso deliberato di fitofarmaci, conservanti, antiossidanti, etc., ebbene, i nanofertilizzanti ingegnerizzati in Hypatia vanno nella direzione di fornire i macronutrienti sotto forma di materiale biocompatibile (come detto, simile alla componente minerale di ossa e denti), anche se di sintesi chimica, e, come tale, non in linea con la filosofia di base dell’agricoltura biologica.

Con i nanofertilizzanti potrebbero essere anche veicolati all’interno della pianta elementi che consentirebbero di ottenere prodotti agricoli arricchiti di nutrienti?

[R. Masciocchi] Lo sviluppo futuro che intendiamo dare a Hypatia, è la possibilità di usare le nanoparticelle come trasportatori (nanocarriers) di piccole quantità di farmaci, nell’ottica di indirizzare, proprio laddove servono, le molecole bioattive, senza disperderne la maggior parte nel suolo o in porzioni della pianta ove non sono utili. Questa strategia, sviluppata nell’ambito della nanomedicina, è attualmente allo studio in diversi laboratori a livello mondiale per indirizzare, nel corpo umano, farmaci antitumorali direttamente in prossimità di cellule malate o metastasi, evitando i grossi effetti collaterali spesso indotti dai farmaci stessi in tessuti ancora sani.

I nanofertilizzanti variano l’apporto di acqua richiesto dalle colture? Possono essere utilizzati su qualsiasi tipo di terreno?

[R. Guagliardi] Al momento stiamo studiando l’effetto dei nanofertilizzanti in un terreno poverissimo di acqua e con contenuto nullo di nutrienti, come la sabbia pura. Ciò ci permette di valutare l’apporto necessario, e controllato, dei nutrienti forniti dal nanofertilizzante in presenza di una quantità controllata di acqua. Solo così, in effetti, è possibile valutarne le performance, eliminando contributi “incogniti” di tipo ambientale, geologico e stagionale. A questa fase, condotta nelle cosiddette “camere di crescita” seguirà a breve (già quest’estate) una sperimentazione in serra, ancora in condizioni di calore, irraggiamento e umidità controllate. Quindi, per rispondere concretamente alla sua domanda, occorre aspettare i risultati dei nostri test.

Dove si sta svolgendo la sperimentazione sul grano per valutare l’efficienza dei “fertilizzanti intelligenti”?

[R. Masciocchi] La sperimentazione su piante di grano duro (Triticum durum) è in atto presso i laboratori di ricerca di Ifapa, un rinomato istituto di ricerca spagnolo dedicato, ove ricercatori di fama internazionale stanno coltivando le pianticelle di grano nel modo descritto prima, controllandone periodicamente i parametri chimico-fisici, proprio come noi ci sottoponiamo ad esami del sangue periodici, per valutare il nostro stato di salute.

Sono utilizzabili su ogni tipo di coltura ed è ipotizzabile un risultato diverso a seconda della coltivazione per cui vengono impiegati?

[R. Guagliardi] Fornire alimenti a diverse tipologie di colture, in maniera controllata, efficace ed economicamente vantaggiosa, è tra gli scopi di Hypatia. Il progetto, inizialmente inteso per la sperimentazione su grano, ha fatto sorgere l’interesse dell’Istituto scientifico della vite e del vino del consiglio superiore di ricerca scientifica (Csic) di La Rioja, una zona viticola altamente rinomata situata nel centro della penisola iberica. Il valore aggiunto della produzione vinicola, per il mercato europeo, costituisce un evidente volano e un catalizzatore di interessi, subito abbracciato da tutti i partner coinvolti nel progetto Hypatia. Ovviamente, il problema scientifico indirizzato allo sviluppo della coltivazione del grano, una commodity alimentare di interesse globale, rimane centrale. Da questo punto di vista, l’applicazione su piante di grano e viti sta procedendo in parallelo, ciascuna con la tempistica dettata dalla velocità di crescita delle piante e dalle analisi necessarie a valutarne gli effetti.

Nel Rapporto del 31 agosto 2017 del centro studi Confagricoltura si evidenzia la diffusione di piccoli spazi “verdi” interclusi fra le opere edilizie sottrae quote di Sau (Superficie agricola utilizzata) determinando la scomparsa di piccole aziende agricole. Possiamo quindi considerare i fertilizzanti smart una possibile soluzione al problema?

[R. Masciocchi] Sì, ci piacerebbe che l’utilizzo delle nuove tecnologie per la formulazione di nuovi fertilizzanti fosse allargato ad un vasto pubblico di “portatori di interesse”, incluse le piccole aziende agricole. Anche per questo, sono già state illustrate alcune azioni di sensibilizzazione presso un pubblico interessato, e sono allo studio nuove interazioni.

Quando sarà presentato il progetto?

[R. Guagliardi] L’occasione più ghiotta per venirne a sapere di più, incontrando di persona i referenti del progetto Hypatia, è durante Agrinatura, una fiera del settore che si terrà a Lariofiere, Erba, a cavallo tra aprile e maggio 2018. Saremo presenti per illustrare, in due incontri separati, sia il progetto Hypatia che l’intero panorama scientifico e di sfida sociale in cui Hypatia si colloca. In quell’occasione cercheremo anche di interessare l’audience stimolandone domande, curiosità e dubbi, al fine di rendere l’utente finale il vero attore del cambiamento.

C’è bisogno, in Italia, di una cultura scientifica più diffusa e di investimenti più strutturati per formare giovani capaci di contendersi un mercato del lavoro innovativo, in un mondo che vede Paesi emergenti produrre beni di tecnologia consolidata in maniera massiccia?

[R. Masciocchi] Sì. Subito. Guardiamo con fiducia ai numerosi e brillanti giovani, che però vanno incoraggiati ad una formazione universitaria “scientifica”. Dal I al III livello, ciò costituisce un percorso fondamentale per inserire nel mondo del lavoro del XXI secolo nuove risorse, che permettano il graduale avanzamento di scienza e tecnologia, a garanzia di un livello socio-economico che, in Europa, rischia di essere perso per un  invecchiamento sia demografico che scientifico e culturale.

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