Si è costituito il comitato nazionale del radicchio

Si è costituito questa mattina, nell’ambito dell’organizzazione interprofessionale, il comitato di prodotto del Radicchio che convoglia tutti i produttori italiani di cui, secondo i dati elaborati appositamente per l’incontro odierno da Ismea, il 44% dal Veneto, il 15% dall’Abruzzo; il 6% dall’Emilia-Romagna; il 10% equamente diviso tra Marche e Lazio. Coinvolte anche le organizzazioni del canale distributivo come Fedagri e Federdistribuzione con la possibilità che nella squadra possa entrare anche la distribuzione moderna.
L’idea di un aggregazione verticale della filiera, era già nell’aria dalla seconda metà del 2014 ed ha iniziato a mettersi in moto su spinta di Unaproa, in particolare di un’organizzazione di produttori veneti associata ossia l’Opo.
Non a caso il primo coordinatore del comitato è proprio Cesare Bellò, consigliere delegato di Opo e delegato di Unaproa che così ci spiega:
«In controtendenza con la crisi generalizzata dei consumi – ha affermato – il radicchio acquista ogni anno quote di mercato registrando incrementi degli acquisti del 4,7% nel 2014. Da qui l’esigenza di riunirci innanzitutto per arrivare ad una produzione che mantenga le promesse ed abbia i valori attesi dalla domanda, soprattutto per quel che riguarda la freschezza».
Una delle finalità dell’iniziativa è infatti spingere i produttori verso la certificazione dal momento, che allo stato attuale viene certificato solo lo 0,8% delle produzioni potenzialmente certificabili
Il Radicchio Rosso di Treviso è stata la prima IGP della famiglia, inoltre sembrerebbe la tipologia che meglio si adatta al marchio IGP, dato il forte legame con il territorio e le caratteristiche di prodotto di nicchia, difatti registra le performance migliori in termini di peso del certificato sul totale.
«Confidiamo anche in un maggiore supporto nella lotta alla contraffazione» ha chiarito Denis Susanna, presidente di Consorzio Radicchio di Treviso e Variegato di Castelfranco Igp che proprio a Fruit Logistica di Berlino avrebbe scoperto degli stand che promuovevano prodotto contraffatto e che per questo, al suo rientro in Italia ha già avviato la procedura di denuncia.
«Abbiamo un grande patrimonio – prosegue Bellò – che è il radicchio a nome Treviso ma quello di Chioggia è anche molto importante perché ci permette di stare tutto l’anno sulla distribuzione».
Secondo quanto riferito da Ismea, in particolare, delle 247mila tonnellate prodotte ogni anno dalla filiera (di cui un quinto destinate all’export), il 46% riguarda il radicchio tondo, prevalentemente proveniente dal Veneto, il 27% quello lungo (coltivato soprattutto nelle Marche), il 20% le cicorie e altri tipi di radicchi (Lazio) e il 7% il radicchio oblungo
Tra le finalità individuate dalla filiera, c’è anche quella di pianificare la produzione anche per evitare le sovrapposizioni produttive attualmente esistenti in diverse regioni d’Italia ed avere uno strumento in più per capire le tendenze di consumo su scala europea. Si tratta di iniziative che vanno nella direzione di contrastare l’attuale elevata volatilità dei prezzi all’origine, in ragione dell’alternarsi di fasi caratterizzate da vuoti ed eccessi di offerta, e gli elevati costi di produzione legati principalmente all’alto impiego di manodopera che caratterizzano questa produzione.

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