Nasce tablegrapes.it, il primo portale dell’uva da tavola italiana

Manca proprio l’uva” nell’immagine simbolo della mascotte di Expo 2015, una maschera di ortofrutta chiamata ‘Foody’.Lo denunciano gli ideatori di tablegrapes.it, il primo portale in Italia dedicato all’uva da tavola, nato e presentato in Puglia nel corso di un incontro con i giornalisti che si è svolto a Rutigliano (Bari).

«È inconcepibile – spiegano all’Ansa – che in Italia se ne producano 70 milioni di quintali l’anno, ma l’uva da tavola sia stata esclusa dall’immagine dell’Expo. E non è un caso se l’idea del portale sia partorita nel ‘tacco d’Italia’, dove ne vengono prodotti circa 10 milioni di quintali/anno: il 20% di quella nazionale. In particolare nella zona del Gruppo di azione locale del Sud-Est barese, il cui presidente, Pasquale Redavid, ha avuto l’idea di ‘tablegrapes’ con l’intento di mgliorare la comunicazione tra tutti gli attori della filiera che troppo spesso non si parlano».

Del resto, in Puglia le imprese hanno vinto la sfida della crisi puntando sulla «qualità – spiega Vincenzo Demattia, di Extrafrutta – perché se la nostra azienda l’anno scorso ha chiuso con un più 12% di fatturato, che si aggira sui 35 milioni di euro l’anno, è perché siamo riusciti a garantire continuità nella qualità, pur contenendo i prezzi ed esportando all’estero solo il 10% della nostra produzione; mentre l’80% è destinato in particolare al Triveneto». Ma il nuovo traguardo, sottolinea

Marco Salvi, presidente di Fruit Imprese, «è quello di fare rete perché il nemico non è in Italia: ora dobbiamo conquistare gli scaffali della grande distribuzione all’estero. Per far questo, però, la politica deve aiutarci. Spesso – ha aggiunto – mancano gli accordi bilaterali con certi Paesi dove l’Italia non può esportare. Eppure se ci aprissimo all’Asia, al Giappone, al Messico, alla Cina dove oggi esportiamo solo il kiwi, il nostro agroalimentare raggiungerebbe centinaia di milioni di cittadini». Purtroppo, ricorda il presidente di Ortofrutta Italia, Nazario Battelli, «specie in Germania e in Inghilterra, dove c’è la rincorsa al prodotto più pulito, si deve capire che la nostra uva fa bene». (ANSA).

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