Rolfi, assessore lombardo all’agricoltura: “Necessario valorizzare le filiere”

Fondamentale il sostegno alla filiera intera per Rolfi che nei tavoli regionali ha annunciato di voler convocare tutti gli attori, gdo compresa

Non è l’ortofrutta il core business dell’agricoltura lombarda ma la zootecnia, anche se la regione detiene la leadership italiana delle aziende di IV gamma e si contende con l’Emilia Romagna il primato della produzione di pomodoro da industria. In Lombardia, in base ai dati dell’ultimo Rapporto agroalimentare della Regione Lombardia (2017) si contano 16mila ettari investiti a ortaggi in piena aria e circa 2.300 ettari in serra, a cui si aggiungono le produzioni di pomodoro da industria che occupano quasi 8mila ettari, i 3.400 ettari di meloni, quasi 4mila ettari per frutta fresca e secca, 1.600 ettari di meleti e i 750 ettari occupati dalla pericoltura, (senza i vigneti).

Numeri che il nuovo assessore all’agricoltura di Regione Lombardia, Fabio Rolfi, conosce bene e che intende sostenere, al pari dei comparti del latte e della carne, con un nuovo approccio: valorizzare tutta la filiera, non solo la produzione agricola lombarda che vale, secondo gli ultimi dati diffusi dalla Regione per il 2016, poco più di 7 miliardi di euro e quasi raddoppia se si aggiunge il fatturato dell’agroindustria.

“Il sistema lombardo dell’ortofrutta è ancora frammentato. È evidente la necessità di fare rete per avere rapporti più diretti e più efficaci con la grande distribuzione. La qualità e la distintività dei prodotti sono i fattori su cui puntare per lo sviluppo della filiera. Sebbene la frutticultura non rappresenti, in termini di volume, uno dei settori principali della Lombardia, abbiamo alcuni prodotti con certificazioni di qualità: le mele della Valtellina igp e la Pera di Mantova IGP riconosciuta nel 1998 su sei varietà: Abate Fetel, Conference, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Barlett e William. L’altra coltura che domina i campi mantovani è il melone con 2.406 ettari in piena aria”.

Assessore, quali sono le priorità?

Meritano attenzione le aree pedemontane e collinari, l’agricoltura eroica, di qualità, ad esempio quella vitivinicola dei giovani che avviano un’attività in agricoltura o garantiscono il ricambio generazionale. Poi c’è anche l’agriturismo che è in forte sviluppo. Anche il concetto della multifunzionalità dell’agricoltura per me è importante, oltre alla produzione di alimenti c’è spazio per la diversificazione rispetto ad attività solo prettamente agricole.

Quale sarà il suo approccio nella valorizzazione delle filiere?

Oggi non si valorizza il singolo prodotto agricolo, ma la filiera, un obiettivo da raggiungere condividendo strategie, azioni e benefici, naturalmente. Sono fondamentali inoltre i prodotti del territorio, le produzioni tipiche di qualità come quelle a denominazione d’origine.

I rapporti con la gdo?

E’ un rapporto che deve essere consolidato. Io per primo ho convocato i rappresentanti della gdo al tavolo regionale sul latte. E’ un importante terminale di filiera e ritengo che all’interno dei punti vendita debbano essere valorizzati in maniera più efficace i nostri prodotti. Penso ad alcune Dop che devono trovare una collocazione migliore sugli scaffali.

Da qui anche l’importanza dell’etichettatura per rendere più consapevole il consumatore?

Per difendere il made in Italy è strategico il tema dell’etichettatura: mi impegnerò a livello regionale e comunitario perché diventi obbligatoria, abbiamo già cominciato a lavorare sul settore avicolo.

Che cosa pensa del chilometro 0?

ll mio parere è positivo. Si tratta di un filone da favorire e che tenterò di promuovere, negli spazi consentiti dalla normativa, anche all’interno delle mense pubbliche e della ristorazione collettiva. Dare valore ai prodotti del territorio può rappresentare una possibilità di rilievo per le nostre aziende e per una più alta qualità del cibo.

E sulla Pac post 2020, la riforma della politica agricola comunitaria?

Al momento ci sono segnali poco positivi sulla nuova Pac. Non solo il taglio del 5% dei fondi comunitari e quindi meno aiuti in generale per il bilancio agricolo europeo, ma anche l’ipotesi della convergenza esterna che vuole livellare il contributo a tutti gli agricoltori europei e si tradurrà in una diminuzione degli aiuti per la Lombardia. Rischia di penalizzare un’agricoltura intensiva e competitiva come la nostra a favore di un’agricoltura di assistenza di altri Paesi europei.

Il bilancio del Psr 2014-2020?

E’ positivo, ho chiesto di accelerare sulla spesa dei fondi comunitari perché intendo arrivare a spendere non solo il 100% delle risorse, ma se possibile qualcosa in più. Oggi siamo all’80% di fondi impegnati.

Qual è la sua posizione sugli Ogm?

Non ho nessuna preclusione ideologica, ma i punti di forza dell’Italia sono le colture tipiche e di nicchia assieme alla qualità. Non possiamo competere in termini di commodity e quindi occorre sostenere lo sviluppo del biologico e la distintività delle produzioni agricole lombarde e italiane.

 

 

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