L’appello a Centinaio: la Cina apre le porte all’uva spagnola ma non a quella italiana

Carlo Lingua, amministratore delegato di un'azienda italiana che si occupa di produzione ortofrutticola, si fa portavoce della richiesta di molti produttori italiani che guardano verso la Cina

L’ultima in ordine di tempo è stata l’uva da tavola della Spagna, che ha visto l’apertura delle porte del mercato cinese, porte ancora chiuse per l’uva italiana in mancanza di accordi bilaterali e protocolli fitosanitari, che tardano ad essere firmati.

Mancano buone notizie per i produttori italiani che guardano verso Oriente, un mercato molto interessante per alcune tipologie di prodotti ortofrutticoli freschi italiani, ma ancora precluso per mele, pere e uva da tavola, per citare i più importanti che provengono dal nostro Paese. I protocolli esistono invece per arance e kiwi.

Una situazione a macchia di leopardo che vede i Paesi europei andare in ordine sparso, è il caso delle mele francesi e polacche, che possono raggiungere il Paese del Dragone ma non per quelle che arrivano dall’Italia, la nostra principale produzione ortofrutticola.

L’appello dei produttori italiani al ministro Centinaio

Cosa chiedono i produttori italiani? Una maggiore attività a livello politico, perché è quella la leva che può far aprire le porte della Cina, e non solo, sul piatto ci sono anche altri Paesi orientali come il Vietnam, che come ci ricordava Renzo Piraccini, è un altro Paese precluso alle nostre produzioni ortofrutticole.

Il ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, a un precedente appello, aveva risposto che a novembre sarebbe stato in Cina a parlare con l’omologo cinese, oggi si chiude il mese, ci sono avanzamenti sui lavori?

Del resto se in Cina ci arriva la ciliegia dell’Uzbekistan, perché non dovrebbero arrivarci tutte le produzioni ortofrutticole eccellenti italiane?

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