Etichette, Martina vuole modificare il regolamento Ue

Nove italiani su dieci sono d’accordo per inserire obbligatoriamente, nelle etichette alimentari e quindi anche nelle buste di IV gamma (frutta e verdura fresca già tagliate e pronte per l’uso), l’origine degli alimenti, ossia lo stabilimento in cui sono stati prodotti.

La consultazione. Lo rivelano gli esiti della consultazione pubblica online indetta dal ministero delle politiche agricole e forestali che ha coinvolto 26.500 cittadini. La trasparenza è richiesta a gran voce ed il ministro Martina, appresi i risultati, ha annunciato, in una nota stampa di questa mattina, che si attiverà per portare queste istanze all’attenzione dell’Unione europea per chiedere che venga modificato l’attuale regolamento europeo e, allo stesso tempo, che sia introdotta una norma specifica in Italia.

I numeri. Undici le domande proposte dal questionario ministeriale centrato sull’importanza della tracciabilità dei prodotti, l’indicazione dell’origine e la trasparenza delle informazioni in etichetta.

Oltre il 96% dei consumatori ha dichiarato che è molto importante che sull’etichetta sia scritta in modo chiaro e leggibile l’origine dell’alimento (l’88% nello specifico riferimento ai prodotti di IV gamma, ossia alla frutta e alla verdura fresca già tagliate e pronte per il consumo).

La trasparenza. Per l’84% è fondamentale ci sia il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazione. Per 8 italiani su 10 assume un’importanza decisiva al momento dell’acquisto che il prodotto sia fatto con materie prime italiane e sia trasformato in Italia, a seguire il 54% controlla che sia tipico, il 45% verifica anche la presenza del marchio Dop e Igp, mentre per il 30% conta che il prodotto sia biologico.

Per 9 su 10 è importante conoscere l’origine per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, mentre per il 70% è utile per questione etiche, come il rispetto delle normative sul lavoro.Con riferimento alla frutta e alla verdura fresca già tagliate e pronte per l’uso, per capirci, le buste di IV gamma, l’88% degli intervistati ha dichiarato di voler conoscere sempre l’origine delle materie prime.

La spinta. «Abbiamo avuto una partecipazione straordinaria – ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina – con più di 26mila consumatori e operatori che ci hanno detto cosa vogliono leggere in etichetta. La risposta è stata univoca: l’indicazione chiara dell’origine della materia prima è un dato fondamentale per un’informazione trasparente e per la prevenzione delle frodi. Oggi siamo più forti, perché presenteremo a Bruxelles questi risultati insieme a delle proposte incisive per rendere le norme nazionali sull’etichetta ancora più efficaci, in linea con le nuove disposizioni dell’Unione Europea. Non si è trattato di un questionario puro e semplice, ma di uno strumento di condivisione con i consumatori degli indirizzi politici su una materia che incide sulla vita di ogni giorno. Per noi valorizzare l’origine è un tratto distintivo e l’etichettatura è il mezzo che consente al consumatore di scegliere in modo consapevole».

Il commento. Quasi 22mila persone (82%) hanno poi dichiarato che sono disposte a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto, con quasi la metà pronta a pagare dal 5 al 20% in più.

«Allo stesso tempo siamo impegnati per il ripristino dell’obbligo di indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta. Da un lato portiamo avanti una battaglia in Europa per la modifica del Regolamento e l’inserimento di questa informazione come obbligatoria, dall’altro stiamo lavorando con i tecnici della Commissione Ue per poter introdurre una norma nazionale che valga in Italia. La trasparenza e la correttezza delle informazioni al consumatore – ha concluso Martina – quando si parla di cibo è un diritto che dobbiamo assicurare in ogni modo ai cittadini e continueremo a lavorare sempre in questa direzione».

Il dibattito. Gli esiti di questa consultazione convergono sul dibattito in corso relativo alle etichette alimentari che nei mesi passati aveva visto schierarsi a favore della trasparenza sull’origine dei prodotti tutti gli attori del mercato del made in Italy.

In questo senso, nei giorni scorsi, l’assemblea regionale dell’Emilia-Romagna un gruppo di consiglieri grillini guidati dal bolognese Andrea Bertani, aveva presentato una risoluzione per invitare i politici di una delle regioni più sensibili d’Italia a questi temi (che, peraltro, in questa legislatura ha anche lo stesso colore politico del governo) a fare pressing su Roma perché venga introdotto l’obbligo di indicazione in etichetta dello stabilimento di produzione.

La risoluzione potrebbe essere discussa già nella prossima assemblea in programma per il 14 aprile.

«Siamo soddisfatti per questa notizia – ha chiarito Bertani – soprattutto perché il ministro, oltre ad annunciare che farà pressioni presso la Ue si è impegnato ad introdurre una norma nazionale. È una cosa sensata perché si può ragionevolmente presumere che la modifica del regolamento Ue sia un’operazione di lungo termine mentre l’introduzione di una norma nazionale richieda molto meno tempo».

Italia-Ue. Il doppio binario Italia (e difesa del made in Italy)-Europa si può intravedere con chiarezza se si considera che, soprattutto all’estero, sono venduti per italiani prodotti che in realtà non lo sono. Si chiama “italian sounding” (sembra italiano) e ogni anno alimenta un business di frodi da miliardi di euro.

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«Molti degli attori del mercato – spiega Rolando Manfredini, responsabile di qualità di Coldiretti – avevano scelto spontaneamente la strada della trasparenza mantenendo l’indicazione dell’origine dei prodotti in etichetta, ma quello che chiediamo noi è che questa cosa sia obbligatoria. Certo sarà molto difficile lavorare per modificare un regolamento su scala europea anche perché a molti produttori Unione conviene mantenere la confusione sull’origine».

Prossimi step. La strada annunciata da Martina va in due direzioni. Da un lato verso la modifica del regolamento Ue, dall’altro verso l’introduzione di una norma italiana che permetterebbe ai produttori italiani di distinguersi sul mercato internazionale con il bollino “prodotto in Italia”.

«Siamo impegnati – ha dichiarato – per il ripristino dell’obbligo di indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta. Da un lato portiamo avanti una battaglia in Europa per la modifica del Regolamento e l’inserimento di questa informazione come obbligatoria, dall’altro stiamo lavorando con i tecnici della Commissione Ue per poter introdurre una norma nazionale che valga in Italia. La trasparenza e la correttezza delle informazioni al consumatore quando si parla di cibo è un diritto che dobbiamo assicurare in ogni modo ai cittadini e continueremo a lavorare sempre in questa direzione».

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