Al debutto Viviana l’uva da tavola e già si parla di newco

Ottimi feedback da Fruit Innovation per il marchio Viviana l’uva italiana, presentato al debutto della fiera Milanese con l’obiettivo che creare un brand e un’identità e cercare il rilancio delle produzioni di uva italiana.

Il lancio. I responsabili commerciali delle 12 Op che, per il momento, hanno aderito all’alleanza strategica coordinata da Italia Ortofrutta, stanno infatti raccogliendo i semi degli incontri b2b realizzati a Fruit Innovation che, sotto la presidenza di Francesco Pugliese, gode dei buoni favori di tutta l’associazione italiana della distribuzione moderna.

Gli obiettivi. Da un lato l’obiettivo di medio periodo è quello di una maggiore penetrazione nel canale della Gdo a partire già da questa campagna commerciale che prenderà il via a fine giugno anche attraverso accordi che consentano di valorizzare il neonato brand nel reparto ortofrutta. D’altro canto, però, sono già iniziati i ragionamenti per l’evoluzione di questa alleanza strategica in un soggetto economico più forte come, ad esempio una società.

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La Newco. «Non mi piace parlare di Newco dell’uva – ha spiegato Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta però è innegabile che questo è un progetto inclusivo sicché se ci sono richieste di adesione le valuteremo con la massima tranquillità. L’importante per noi è che venga rispettata la qualità e che, chi vuole aderire, lo faccia nel rispetto degli standard che ci siamo dati. Del resto l’idea di creare questo brand nasce dall’esigenza semplicissima di fare sistema».

Tutte le aziende che hanno aderito si sono dotate delle principali certificazioni internazionali come Globalgap, Euregap, Iso, Brs ecc. ma il brand Viviana ha anche un disciplinare, circa 47 esperti di controllo, 37 consulenti per le certificazioni.

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La rete. La base del network è costituita da 351 aziende agricole che complessivamente producono 120mila tonnellate di uva da tavola coltivata su circa 5mila ettari distribuiti tra Sicilia, Puglia e Basilicata. Stiamo parlando di un fatturato di circa 119 milioni di euro per la metà realizzato all’estero.

Fare rete, in questa prima fase, oltre che la spinta sulla Gdo, significa anche capitalizzare l’esperienza di quelli che già esportano all’estero non solo in Europa (Germania, Francia, Spagna e Polonia) ma anche in Medioriente con canali già attivi su Oman, Emirati Arabi e Arabia Saudita.

L’export. «Spesso le dinamiche commerciali – continua Falconi – sono complesse dal momento che, ad esempio, noi vendiamo a un soggetto che lavora su Dubai che ormai è diventata una piattaforma strategica per tutto il Medioriente e da lì, l’uva parte per tutte le destinazioni di quell’area. Il nostro obiettivo primario è quello di creare un marchio riconoscibile e allo stesso tempo di fare informazione e comunicazione per sostenerlo con l’intento di riportare valore nel comparto».

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