Consumi su con la filiera corta

La filiera corta e la vendita di prossimità permetteranno alle nuove generazioni di agricoltori di risollevare i consumi di frutta e verdura, che in Francia, da inizio secolo a oggi, ha portato a un calo del 20% dei volumi prodotti. È ciò che è emerso nel corso del IX Forum Vegetable che si è tenuto a Parigi lo scorso 5 aprile e che ha visto la partecipazione di circa 130 professionisti del settore ortofrutticolo.

«Tra il 1996 e 2015 – ha spiegato Caroline Blot di France Agrimer – i volumi di prodotti ortofrutticoli coltivati in Francia è diminuito del 18% passando da circa dieci a due milioni di tonnellate. La maggiore contrazione dei volumi si è registrata nella frutticoltura, mentre le produzioni di ortaggi si sono mantenute sostanzialmente stabili. Una tendenza che non trova riscontro sulla produzione globale, che tra 1980 e 2012 è triplicata anche qui, però, con un incremento maggiore per i volumi di ortaggi».

 

Fondi Ue solo a chi vende. L’analisi delle politiche comunitarie fatta da Tomás García Azcárate dell’istituto di Economia, geografia e demografia di Madrid (Iegd-Cchs-Csic) rivela una progressiva riduzione e al tempo stesso una modifica qualitativa degli interventi Ue. «Fino al 1996 – ha spiegato García Azcárate – l’Ocm ha sostenuto i produttori che non avevano capacità commerciale. Questo sistema, però, ha portato alla proliferazione di aziende specializzate nella produzione di grandi volumi destinati al ritiro. Dal 1996 in poi la situazione si è ribaltata e le politiche comunitarie hanno iniziato a premiare quelle aziende che maggiormente investivano in organizzazione e futuro con la logica di un euro pubblico per ogni euro privato. Una linea che, in poco meno di dieci anni, ha fatto quintuplicare il budget dei fondi operativi».

Nel contesto generalizzato di calo dei consumi a cui si assiste oggi e che vede l’ortofrutta pesare mediamente per un quinto sui bilanci delle famiglie europee (23% in Italia; 21% Francia e 20% Spagna e Grecia) il forum ha messo in luce il ruolo che le vendite di prossimità possono svolgere per il rilancio degli acquisti attraverso la valorizzazione e la distribuzione delle produzioni locali.

Si tratta di un percorso che presenta notevoli ostacoli per tutti gli attori coinvolti nella filiera corta e che, secondo uno studio sul concetto di prossimità condotto dalla stessa Caroline Blot, sono legati alla difficoltà di approvvigionamento continuo, ai costi talvolta troppo alti per l’inadeguatezza del sistema logistico locale, o, ancora, alla concorrenza tra piccoli operatori. Nel caso dei negozi specializzati, ad esempio, i principali competitor sono i produttori stessi che vendono direttamente o, d’altro canto, la Gdo.

 

Catena di prossimità. Non mancano però esempi di successo, come la catena di hub di prossimità “La Ruche qui dit Oui!” lanciata in Francia nel settembre 2011 e oggi diffusa anche in Belgio, Regno Unito, Germania, Spagna e Italia attraverso un sistema che raccoglie oltre 800 Ruches (hub), cinquemila produttori e oltre 150mila clienti.

«La Ruche – spiega il co-fondatore Marc-David Choukroun – è una sorta di hub logistico che si colloca a metà tra i produttori locali e i clienti. C’è un responsabile di Ruche che seleziona i prodotti e organizza gli ordini di acquisto attraverso internet. I clienti ordinano la merce nello spazio che il sito dedica a ciascun produttore e poi vanno a ritirarlo. Il prezzo è pagato direttamente al produttore nel giro di dieci giorni a fronte di una commissione di servizio del 16,7% ripartita equamente tra il responsabile dell’hub e la Ruche stessa. Tra i vantaggi per i produttori c’è anche quello di poter scegliere i prezzi, fissare un quantitativo minimo degli ordini, ridurre gli sprechi e avere una forma di continuità sulle forniture garantita dall’hub».

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