La selezione dei frutti fa bene al retail

Grazie al supporto tecnologico la classificazione dell’ortofrutta sta diventando una pratica sempre più esatta che consente di suddividere i prodotti in base ai parametri gustativi preferiti dai consumatori o alla shelf life residua del frutto o dell’ortaggio, in modo da poter definire a priori il mercato in cui indirizzarlo.

I parametri quali-quantitativi sulla base dei quali si possono impostare le macchine sono molteplici.

“Le tecnologie per la classificazione dell’ortofrutta non sono rigidamente predefinite da noi costruttori, ma sono il frutto della relazione con il cliente e sviluppate in base agli indicatori ritenuti strategici dall’azienda utilizzatrice -afferma Angelo Benedetti, presidente Unitec-. Sempre di più, per dare valore all’ortofrutta, sarà importante creare delle ulteriori classificazioni. Però, se gli operatori sono tutti concordi sulla necessità di separare i prodotti difettosi e soggetti a contestazioni, il passaggio a una maggiore segmentazione trova delle resistenze da parte del mondo della commercializzazione che teme un declassamento di alcune categorie di prodotto. Credo invece che questo legittimo timore possa essere trasformato in “fiducia” dando più spazio a nuove categorizzazioni ritenute finora poco rilevanti, le quali potrebbero suscitare un concreto interesse. Per esempio per fare un buon frullato è meglio avere un frutto con tanta acqua, mentre per l’impiego nell’industria dolciaria sono necessari frutti con un buon livello di sostanza secca. Dobbiamo avvicinare l’ortofrutta al mondo dai gusti standardizzati dei consumatori in modo da soddisfarli con continuità. Questo è e sarà il porto sicuro per lo sviluppo del settore nel prossimo futuro”.

L’obiettivo degli utilizzatori è fornire un prodotto il più omogeneo possibile. “Le macchine di cui disponiamo -afferma Andrea Fedrizzi, responsabile marketing e comunicazione del Consorzio Melinda- possono dare 200 selezioni della stessa mela, ma il mercato si riesce a soddisfare con 25 categorie. Alla manodopera umana resta comunque la verifica finale e il compito, in fase di confezionamento, di disporre i frutti nel modo cromaticamente più accattivante. Nel futuro vorremmo poter usare le macchine selezionatrici per poter legare determinate caratteristiche organolettiche al territorio d’origine come ulteriore valore aggiunto delle nostre mele”.

Nella grande distribuzione, secondo i dati forniti da Conad, le vendite si stanno spostando verso il prodotto confezionato. Nel primo trimestre del 2018 la vendita di ortofrutta confezionata registra +11% a volume e +6,5% a valore, mentre lo sfuso è sceso del 3,5% a volume e del 7,5% a valore. Secondo l’indagine Ismea/Nielsen è stata decisiva l’entrata in vigore della legge 123/2017 (nuova normativa sulle borse di plastica per alimenti). Infatti nel primo trimestre 2018 le vendite di ortofrutticoli confezionati sono state il 32% del totale contro il 29% del primo trimestre 2017. “Gli italiani nel primo trimestre del 2018 hanno comprato più frutta e verdura confezionata rispetto a quella sfusa -dichiara Gianmarco Guernelli, responsabile acquisti ortofrutta Conad-. Ha influito molto anche l’effetto mediatico dei primi mesi dell’anno che ha catalizzato l’attenzione di tutti sul costo dei sacchetti. Non è però solo questo l’elemento discriminante in quanto se cosi fosse non si spiegherebbe la scelta di acquistare prodotti confezionati più costosi del 40% per risparmiare il costo del sacchetto di alcuni centesimi. Il prodotto confezionato in termini di contenuti di servizio e di garanzia di qualità dà risposte migliori rispetto al passato e il consumatore è sempre più orientato ad acquistare prodotti non manipolati e rovinati da altri”.

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