Whole Foods entra in Globalgap

Con l’accordo siglato lo scorso agosto, Whole Foods Market, la principale catena nordamericana di prodotti alimentari naturali è ufficialmente diventata membro di Gloablgap, nella sezione dedicata ai retailer e in ciò andando ad aggiungersi ad altri importanti colossi della distribuzione fra cui, ad esempio, Walmart, Aldi, Coop Suisse, Edeka, Morrison o Tesco.

L’intesa. L’accordo arriva a distanza di un anno dall’introduzione del sistema di rating denominato “Produzione responsabile” (Responsibly Grown) che Whole Foods ha ideato per valutare i propri prodotti freschi (ortofrutta e fiori) in base alle pratiche di coltivazione. La valutazione che appare in etichetta con l’indicazione di “Buono”, “Più buono”, oppure “Il migliore” nasce dall’idea, da un lato, di aiutare i consumatori ad effettuare delle scelte maggiormente consapevoli e dall’altro quello di disincentivare l’utilizzo di alcune neurotossine ancora consentite in agricoltura.

I produttori. L’ingresso della catena Usa tra i retailer certificati, adegua gli standard di valutazione “Responsibly Grown” alle buone pratiche Globalgap. Non senza qualche scompiglio tra i fornitori che sono stati, in alcuni casi, indirettamente spinti ad innalzare i propri standard produttivi al punto che l’azienda starebbe pensando a dei sistemi premiali per incentivarli.

«Attualmente – spiega Robin Foster, team leader del progetto “Responsibly Grown” di Whole Foods Market – stiamo esplorando nuovi modi per implementare il processo di revisione al fine di evitare che i requisiti si sovrappongano e di agevolare l’adeguamento agli standard da parte dei produttori. Stiamo inoltre lavorando per realizzare un processo di controllo semplificato».

La catena. L’ingresso di Whole Foods introduce nel canale dei distributori certificati dal Globalgap, le 420 sedi che l’azienda ha tra gli Stati Uniti e il Canada e i nove negozi situati, dopo l’approdo nel Regno Unito, tra Inghilterra e Scozia. L’operazione riflette in pieno le linee-guida della policy aziendale che richiede che tutti i suoi fornitori utilizzino un piano di sicurezza alimentare basato sul controllo del rischio e realizzato dopo avere individuato i potenziali pericoli per la sicurezza alimentare. Per alcuni tipi di prodotti considerati ad alto rischio, come ad esempio le insalate, i meloni oppure le cipolle verdi, inoltre, il protocollo aziendale richiede che il controllo sulla sicurezza alimentare venga effettuato da soggetti terzi, che preferibilmente si basino sugli schemi riconosciuti da Gfsi come ad esempio, appunto, l’assicurazione di agricoltura integrata Globalgap (Ifa Crops Fruit and Vegetables) e gli standard di sicurezza del prodotto Pss.

Gli obiettivi. «La partnership con Whole Food – spiega Roberta Anderson consulente per la sostenibilità di Globalgap – rappresenta un grande esempio del nostro impegno verso lo sviluppo efficiente, gli approcci pragmatici alla sicurezza alimentare e verso la garanzia di sostenibilità. Più riusciamo ad individuare l’esistenza di normative simili più siamo in grado di eliminare inutili doppioni il che significa permettere ai produttori inutili dispendi di risorse, tempo e denaro».

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