Prato, ortaggi cinesi fuori legge

Serre cinesi fuori legge alle porte di prato nelle zone di San Giorgio a Colonica, Sant’Angelo a Lecore, Paperino e Campi Bisenzio. È la denuncia di Coldiretti che segnala come in sette anni questo fenomeno si sia esteso fino a riguardare oggi un quarto, quasi 300 ettari, del totale dei terreni coltivati ad ortaggi alla periferia di Prato.

Le serre. Dopo avere conquistato il comparto telai e quello della moda, eccellenze storiche dell’economia pratese made in Italy, adesso puntano all’agricoltura e, dal 2008, quando sono partiti con il 5% dei campi affittati, ad oggi, hanno esteso le produzioni fino a guadagnarsi il nomignolo di “padroni degli orti”.

«Il problema – fanno sapere dalla Coldiretti regionale – è che coltivano senza regole. Utilizzano sementi non certificate e hanno trasformato le serre in veri e propri dormitori dove adulti e bambini vivono in condizioni igieniche inaccettabili. Se un coltivatore italiano avesse messo su un’impresa agricola di questo genere sarebbe stato sicuramente costretto a chiudere eppure fino ad ora non sono mai scatti, in sette anni, i controlli».

La distribuzione. Il canale distributivo principale su cui queste merci vengono piazzate, secondo Coldiretti, è prevalentemente quello dei negozietti del quartiere cinese, tuttavia, vista anche la significativa quantità di merce prodotta dall’esercito di schiavi delle zolle, sempre più spesso si vedono dei camioncini a bordo strada che vendono merce ai passanti e non è da escludere che questi ortaggi possano venire acquistati anche dai negozietti di prossimità gestiti da pachistani e bengalesi.

La produzione. « È noto – continua il portavoce di Coldiretti Toscana – che i cinesi siano dei gran lavoratori ma la questione qui è che in questo caso si tratta di una vera e propria concorrenza sleale nei confronti degli agricoltori locali e di un rischio concreto per la salute dei consumatori, dal momento che i metodi produttivi sono discutibili proprio per l’uso di sementi non certificate, di pesticidi di dubbia origine, manodopera in nero condizioni igieniche nelle serre-dormitori, sono fuori da ogni logica accettabile. Continuano a fare dei fuochi dove bruciano plastica e cassette e tutti gli scarti di produzione. Eppure fino ad ora non c’è stato nessun controllo».

La concorrenza. La concorrenza con i produttori locali si gioca sui numeri. I cinesi sono disposti a pagare di più per l’affitto dei terreni e vendono merci a prezzi bassissimi. E poi comprano, comprano senza sosta offrendo prezzi che a qualsiasi proprietario terreno fanno gola perché di molto superiori a quelli di mercato.

Un esempio: i cinesi sono disposti a pagare affitti annuali dei terreni per mille euro l’ettaro, e molto spesso anche 1.500 euro. Cash e senza dilazioni. Una cifra che è 10 volte tanto quello che può permettersi un contadino italiano.

I rischi. Una situazione che allarma non solo per la pericolosa concorrenza all’economia agricola locale fortemente in crisi, ma anche per i rischi connessi alla produzione fuori da ogni regola.

«Non escludiamo che le sementi usate possano inquinare geneticamente e biologicamente i nostri terreni – spiega Giampiero Rutili, vice comandante del Corpo Forestale dello Stato di Prato – I controlli li facciamo – assicura Rutili – ma non abbiamo abbastanza forze per farli assiduamente».

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